Le giravolte di Parigi con la Libia

di Franco Cardini
Martedì 20 Marzo 2018, 22:36
5 Minuti di Lettura
Ha senza dubbio ragione la signora Nadine Morano, che definire «fedelissima» dell’ex presidente della repubblica francese Nicolas Sarkozy è poco: si tratta di una specie di pasionaria. Come non darle tuttavia quasi ragione, quando essa afferma che il suo idolo è stato più volte accusato di molte cose e ne è sempre uscito «a testa alta»? Ripetiamolo: quasi.

In realtà, le accuse mosse al suo indirizzo, o i sospetti sollevati sul suo conto, non sono fino ad oggi riusciti a comprovare nulla di certo. Ma dubbi ce ne sono stati parecchi: e inchieste avviate anche.

Fino dal maggio 2012 il quotidiano «Le Monde» e il sito «Mediapart» avevano pubblicato un documento libico nel quale si parlava di un sostanzioso finanziamento da parte di Gheddafi a Sarkozy per la sua campagna presidenziale del 2007, che lo condusse all’Eliseo. In seguito, nell’aprile del 2013, una formale inchiesta giudiziaria fu aperta sul conto dell’ex presidente della repubblica e fondatore del partito dei Republicains, una formazione a destra dei gollisti che riunisce i sostenitori più estremi dell’iperliberismo e dell’alleanza atlantica. Tra i magistrati ai quali venne affidata l’inchiesta figurava il giudice Serge Tournaire, che aveva già portato il consorte di Carla Bruni in tribunale per una faccenda precedente, la cosiddetta «affaire Bygmalion». 

Ieri 20 marzo, Nicolas Sarkozy è stato convocato negli uffici di polizia di Nanterre, alle porte di Parigi, e arrestato nel quadro che lo riguarda e che ha ormai quasi cinque anni: l’accusa è quelle di aver ricevuto appunto, nel 2007 illeciti finanziamenti da parte governativa libica. Ed è pesantissima: include capi d’accusa che dalla complicità per corruzione e per storno di fondi pubblici di un paese straniero può giungere fino alle soglie dell’intelligenza con un governo estraneo a quello del proprio paese. Siamo, in altri termini, alle soglie dell’«alto tradimento». Il tempo di durata dell’arresto ha un’estensione di 24 ore prima di trasformarsi in proscioglimento o in formalizzazione d’accusa, che potrebbe condurre anche alla detenzione preventiva in attesa di giudizio.

Per la verità, la faccenda stava montando da tempo. Le voci a proposito di finanziamenti occulti alla campagna presidenziale di Sarkozy erano insistenti si può dire dall’indomani dell’elezione. E non erano nemmeno troppo vaghe, anzi tiravano in ballo proprio le questioni franco-libiche: faccende di lobbies, gli immancabili interessi petroliferi della Total, interessi legati al business dell’estrazione delle acque dolci subsahariane, a impianti di dissalazione di quelle marine e così via. 

Tuttavia, sembravano ancora faccende di spiccioli, connesse con personaggi di secondo piano dell’entourage dell’uomo politico più brillante di Francia. Claude Guéant, ex segretario generale dell’Eliseo, indiziato per falso e implicato in una faccenda di vendite di quadri per una cifra peraltro modesta ricevuta nel marzo del 2008 ; un affarista-intermediario, Alexandre Djouhri, sospetto di frode e di riciclaggio. Ma già dall’aprile del ’13 un intermediario francolibanese, Ziad Takiedddin, ed alcuni ex dirigenti statali libici, avevano consentito d’inaugurare piste più consistenti: fino a quella che in questi giorni ha condotto alla per ora libera audizione – come «persona al corrente dei fatti» – dell’ex ministro degli interni Brice Hortefleux. 

La vera bomba è in realtà scoppiata nel novembre del 2016, mentre il partito dei Republicains celebrava le «primarie»: è stato allora che il faccendiere Takieddin ha affermato di aver trasportato 5 milioni di euro in moneta liquida da Tripoli a Parigi tra la fine del 2006 e i primi del 2007 per sostenere le spese elettorali di Sarkozy. In cambio di che cosa? Bechir Saleh, grande banchiere e uomo di fiducia di Gheddafi, avrebbe a sua volta testimoniato che il rais libico aveva affermato di aver finanziato il presidente francese, che questi aveva negato, e che egli personalmente aveva motivo di fidarsi piuttosto della parola del rais. Gli appunti dell’ex ministro libico degli affari petroliferi, Shukri Ghanem, recuperati dai servizi francesi dopo la sua morte nel 2012 in poco chiare circostanze, parlano a loro volta di rimesse in danaro da Gheddafi a Sarkozy: che ha sempre negato. Più di recente, però, i funzionari dell’Office Central de Lutte contre la Corruption et les Infractions Financières (OCLCIFF) hanno messo a punto e consegnato alla magistratura un robusto dossier che dimostrerebbe come ingenti somme di danaro passavano attraverso Djouri e Beshir Saleh – attualmente incarcerato a Londra in attesa di venire instradato in Francia – per essere utilizzate come «fondi al nero» dall’équipe del candidato alla presidenza. 

Che cos’andò storto, tra 2007 e 2012? Come, e perché, Gheddafi si rese conto di aver speso male il «suo» denaro (ch’era piuttosto denaro del popolo libico) per piazzare Sarkozy all’Eliseo? Ha qualche rapporto, questa faccenda, con il fatto che nei mesi immediatamente precedenti lo scatenarsi dell’attacco francese e della Nato contro Gheddafi egli aveva denunziato molti affari che riguardavano lobbies francesi ed europee, preferendo rivolgersi a nuovi partners russi e cinesi? E che rapporto c’è, infine, tra la sommaria liquidazione fisica di Gheddafi e il fatto che, pochi mesi prima, egli aveva varato una grande iniziativa finanziaria che avrebbe avuto come scopo l’organizzazione di una Banca Centrale Africana e forse di una nuova moneta unica continentale, il che avrebbe sottratto somme gigantesche alla speculazione dei centri finanziari occidentali? O tra la morte del rais e il fallimento dell’iniziativa incentrata sulla telefonia satellitare africana, anch’essa un business che stava scappando di mano a francesi e inglesi? 

Gheddafi è stato per decenni il partner economico e finanziario degli occidentali, nonostante si sapesse bene sia in che cosa consistevano i suoi metodi di governo, sia quali fossero i suoi legami con ambienti fondamentalisti e forse terroristi musulmani. Ma solo in pochissimi mesi, nel corso del 2011, passò da pittoresco ma ben accetto partner commerciale e finanziario a «nuovo Hitler». Ora, si dice che piani per liquidarlo fisicamente fossero stati formulati da tempo dall’équipe vicina al presidente Sarkozy. Certo, verrebbe da riflettere che da che mondo è mondo è successo spesso che un debitore abbia fatto ammazzare il suo creditore, sia per non restituirgli il dovuto sia – magari – per chiudergli per sempre la bocca. Che tuttavia progetti criminosi del genere, connessi per giunta con crimini economici e finanziari, abbiano potuto avere come protagonista un tanto illustre rappresentante della politica del paese nel quale è nata la democrazia moderna, fa pensare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA