«Spara, spara. Uccidilo tu altrimenti lo faccio io». Una mamma che incita il figlio minorenne a vendicarsi dopo uno «scambio di sguardi» tra ragazzi, in un rione difficile come il Piano Napoli di Boscoreale. «Spara, spara» gli dice, mentre la vittima designata ha le mani alzate, come in segno di resa dopo aver risposto inizialmente all’affronto. «Uccidilo tu altrimenti lo ammazzo io» gli dice dopo che il primo colpo ha mancato il bersaglio. «Spara, spara» gli ripete. Così è morto lo scorso 11 marzo Antonio Rivieccio, 30 anni, pregiudicato di Torre del Greco, scarcerato appena una settimana prima. Aveva appena lasciato la fidanzata a casa, quando ha incrociato gli sguardi con S.B., 17 anni appena, figlio di Anna Basco, 39enne attuale compagna di un detenuto «che conta» in certi ambienti: il suo fidanzato è Francesco Tamarisco, a processo perché accusato di essere il mandante dell’omicidio di mamma coraggio Matilde Sorrentino, la donna che aveva denunciato i pedofili del rione Poverelli di Torre Annunziata che avevano abusato di suo figlio, in un’inchiesta che aveva inizialmente coinvolto lo stesso boss. Dopo il 17enne reo confesso, è finita in carcere ieri anche la mamma Anna Basco, accusata di concorso nell’omicidio. La donna è stata raggiunta da un’ordinanza emessa dal gip del tribunale di Torre Annunziata, Mariaconcetta Criscuolo, su richiesta della Procura oplontina guidata dal procuratore Nunzio Fragliasso. Le indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Torre Annunziata, agli ordini del capitano Luigi Cipriano, non hanno lasciato dubbi al giudice, che ha firmato l’ordine di arresto per la donna la cui personalità viene definita «fredda, priva di rimorso e con assoluto disprezzo della vita di Rivieccio».
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In questo contesto familiare, uno sguardo di troppo può essere un buon motivo per sparare e, perché no, per uccidere. Era la notte tra il 10 e l’11 marzo scorsi, con l’emergenza coronavirus appena iniziata, quando tutti i protagonisti della vicenda erano nelle stradine del rione di edilizia popolare di Boscoreale nonostante i divieti. Riviecco aveva appena accompagnato la fidanzata a casa, quando è salito sullo scooter con il fratello di lei. Un giro del quartiere, hanno ricostruito gli investigatori, durante il quale succede qualcosa. Forse una lite per motivi di viabilità, forse uno sguardo di troppo di quel ragazzino che a 17 anni va in giro di notte, armato di pistola e alla guida dell’auto della mamma. Rivieccio lo segue fin sotto casa, vuole chiedergli spiegazioni. Lui è in compagnia della fidanzata (anche lei minorenne) e della mamma Anna Basco. Alla vista di Rivieccio spara un colpo, non colpendolo. A questo punto, raccontano le indagini, interviene la donna che lo incita a riprovare, a premere ancora quel grilletto, ad ammazzarlo prima che lo faccia lei. Il 17enne spara almeno altre tre volte. Rivieccio viene raggiunto prima alla coscia, all’altezza dell’inguine, poi di striscio all’addome. Il primo colpo risulta fatale perché gli recide l’aorta femorale e lo dissangua in pochi istanti. Si accascia a terra dopo pochi metri di fuga, viene soccorso dal cognato e dalla fidanzata, corrono al pronto soccorso dell’ospedale di Boscotrecase ma muore poco dopo il ricovero per shock emorragico. Nel frattempo, la Basco e il figlio fuggono dal Piano Napoli, lanciano la pistola nel fiume Sarno e si rifugiano da alcuni parenti a Napoli.
Le indagini dei carabinieri si complicano subito perché in quel quartiere è difficile infrangere il muro di omertà. Tutti sanno cos’è accaduto, chi ha sparato, chi era presente, ma nessuno parla. In pochi giorni, però, gli investigatori risalgono al 17enne, che subito decide di costituirsi e di confessare il delitto, dicendo due bugie secondo l’accusa: racconta di aver fatto tutto da solo e che la mamma l’ha solo aiutato a far sparire la pistola. Nel frattempo, le intercettazioni ambientali e telefoniche, anche del colloquio tra Tamarisco e la compagna, dicono tutt’altro. La stessa fidanzata di Rivieccio racconta in auto tutta la dinamica dei fatti, ma che non lo dirà agli inquirenti «perché noi non siamo una famiglia di pentiti». I suoi cugini appartengono alla potente famiglia dei Tasseri, i gestori della piazza di spaccio del Piano Napoli di via Settetermini, e i suoi stessi genitori sono in carcere per reati di droga. Sempre le intercettazioni raccontano un episodio mai denunciato. Pochi giorni dopo l’omicidio, le parenti della ragazza hanno circondato e pestato Anna Basco con calci e pugni. Ma lei si è difesa con un coltello, ferendo una delle rivali. In quel contesto matura la scelta della donna di far costituire il figlio: aveva paura che lo uccidessero. «Quelli gli hanno rovinato la vita» racconta al telefono a una sua amica, aggiungendo: «Sono venuti a provocarlo fin sotto casa» giustificando gli spari.