Manfredi sindaco di Napoli, ora la sfida di una città normale

di Gerardo Ausiello
Martedì 5 Ottobre 2021, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
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La sfida della normalità. È quella a cui è chiamato Manfredi, eletto sindaco di Napoli con una netta vittoria che è innanzitutto quella del patto politico tra Pd e M5S, costruito faticosamente in una realtà dove il centrosinistra, alle prese con veleni e spaccature, si era per anni dimostrato incapace di fare sintesi e che invece stavolta ha dato prova di coesione e maturità. Il centrosinistra, dunque, sembra aver imparato dagli errori che avevano spianato la strada alla vittoria di de Magistris nel 2011 e che, ripetuti, avevano portato al bis dell’ex pm cinque anni dopo. Quell’esperienza, con la debacle dell’ex assessore Alessandra Clemente - incapace di tenere unito il litigioso e variegato mondo arancione - finisce, per fortuna, qui. Non è invece mai decollata l’era del centrodestra classe dirigente di Napoli, che si conferma roccaforte di sinistra: il modello ibrido civico-politico proposto dal pm Maresca, coraggioso quanto inesperto, non ha convinto neppure gli stessi partiti (Lega e Fratelli d’Italia) che lo hanno battezzato. Quanto a Bassolino, la sua decisione di tornare in campo, di riprovarci da indipendente sfidando i partiti, merita rispetto e la sua presenza in Consiglio comunale contribuirà a portare qualità all’attività amministrativa. 

Ma la netta vittoria di Manfredi e delle sue liste avviene in una città sfilacciata, sconfortata, ripiegata su se stessa, che si è tenuta volutamente e in massa lontana dalle urne. Meno di un napoletano su due al voto è un record negativo che non si può certo spiegare con la paura del Covid (che non c’è quando si tratta di andare al ristorante o allo stadio) o con le giornate di sole quasi estivo. In questo senso la tornata elettorale che si è appena conclusa rappresenta un’occasione sprecata: i quattro principali candidati sindaci (Manfredi, Maresca, Bassolino e Clemente), ancorché animati da passione e buone intenzioni, non sono riusciti a mobilitare quella larga fetta di città che ha perso del tutto fiducia nella classe amministrativa e nella politica in generale. 

È proprio da qui che dovrà partire Manfredi, che da sindaco di minoranza dovrà diventare presto il sindaco di tutti i napoletani. E per farlo c’è solo una strada: vincere quella sfida della normalità che da anni puntualmente tutti i politici in fascia tricolore perdono clamorosamente.

Per i napoletani normalità significa più corse della metropolitana, bus meno affollati, strade pulite e integre, parchi curati e funzionali; significa poter parcheggiare l’auto nelle strisce blu senza essere minacciati dai parcheggiatori abusivi, poter passeggiare sul lungomare pedonalizzato respirando salsedine, significa asili nido e assistenza alle fasce deboli, rimozione delle barriere architettoniche e manutenzione di edifici, alberi e lampioni per non essere travolti da oggetti volanti alla prima ondata di maltempo. Significa, in fondo, non dover fare i conti con quel clima di illegalità diffusa che soffoca chi invece le regole le rispetta, o si sforza di farlo. Ma poiché anche i napoletani hanno il diritto di sognare e di volere di più, normalità significa anche andare a Bagnoli e trovare finalmente infrastrutture, un grande polmone verde e una passeggiata a mare senza amianto e idrocarburi, o spostarsi dall’altra parte della città, tra San Giovanni e Ponticelli, e non trovare solo fabbriche dismesse o strade deserte e palazzoni dove si intrecciano storie di violenza, miseria ma anche di grande dignità. O raggiungere il centro storico senza essere travolti dalla movida selvaggia, masse di giovani che trascorrono le serate tra alcol e droga sempre più spesso con epiloghi drammatici. Di tutto questo dovrà occuparsi Manfredi, dando segnali immediati, concreti, che qualcosa, davvero, è cambiato. Potrà e dovrà farlo nella sua tripla funzione di sindaco di Napoli, sindaco della Città metropolitana e commissario di Bagnoli (una scelta di buon senso del ministro per il Sud Mara Carfagna e del governo Draghi, i poteri commissariali vanno affidati non a tecnici ma a chi deve rispondere direttamente agli elettori). Solo così si potrà lentamente restituire fiducia a un popolo duramente colpito dall’emergenza Covid, che ha soffocato sul nascere quei germogli di sviluppo economico legati alla crescita del turismo, fenomeni nati dal basso e frutto soprattutto della resilienza e dello spirito di sacrificio del popolo partenopeo ma fragili poiché non accompagnati dalle istituzioni con un piano o una visione di ampio respiro. Napoli e i napoletani meritano di più di qualche slogan, dei soliti vecchi stereotipi e del folclore che agli occhi del mondo è diventato la pelle della città e che è il momento di scrollarsi di dosso.

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