Caro energia, la necessità di un piano per l'emergenza

di Angelo De Mattia
Martedì 29 Novembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
3 Minuti di Lettura

In questi giorni, al cordoglio per le vittime innocenti dell’alluvione di Ischia e di sgomento per le immagini del territorio devastato, si ripresentano le censure di sempre nei casi di tragedie di questo livello - arricchite ora dalla rievocazione storica, Benedetto Croce compreso, delle catastrofi precedenti - insieme agli impegni a voltar pagina sinora puntualmente inosservati. 

Ma adesso la loro ottemperanza sarà la cifra del governo Meloni. Mentre si avvia l’iter parlamentare per l’approvazione della legge di Bilancio avendo presente la minaccia dell’esercizio provvisorio, occorre da un lato rispondere con misure urgenti e di ampia prospettiva alle diffuse aspettative di riparazione, ricostruzione, rilancio e regolarizzazione per Ischia, attivando finalmente il Piano per fronteggiare il dissesto idrogeologico che sta facendo diventare molte terre del Paese lo «sfasciume pendulo sul mare» (Giustino Fortunato sulla Calabria); dall’altro, bisogna avere presenti gli sviluppi della politica europea.

Di là delle modifiche che potranno scaturire dal dibattito parlamentare, è un dato che gli stanziamenti per circa 21 miliardi previsti per fronteggiare l’aumento dei costi dell’energia hanno validità per il solo primo trimestre del 2023 e sono stati così progettati nel presupposto che a livello comunitario vengano nel frattempo definite adeguate misure energetiche, a partire da un price cap efficiente per il gas. Per ora, tuttavia, osserviamo che sull’argomento, per il quale valgono le considerazioni non ottimistiche svolte da Romano Prodi nell’editoriale di domenica su questo giornale, le proposte della Commissione Ue e gli stessi limitati adattamenti finora previsti non muovono verso l’obiettivo di sostituire o integrare misure nazionali. Occorre attendere, naturalmente, la prevista riunione dei Capi di Stato e di governo del prossimo 15 dicembre per un giudizio definitivo non solo sulla fissazione del tetto, assurdamente proposto a quota 275 euro, ma anche su acquisti congiunti dell’energia, nonché sulla messa in comune in questo campo di debiti e rischi.

Insomma, è una politica energetica condivisa nei suoi aspetti fondamentali che viene auspicata da alcuni partner, Italia compresa, mentre da altri è avversata o comunque non sostenuta.

In ogni caso si spera che passi avanti vengano compiuti. Ma se ciò non accadrà, quale sarà il piano B del governo? La strada maestra sarebbe, pur tra ovvie difficoltà, lo stralcio di interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che però non può ignorare le reazioni negative di alcuni partner europei, critici persino con la lettera dei commissari Paolo Gentiloni e Thierry Breton sull’ipotesi di un limitato debito comune, che altri vedono come una sorta di Recovery Plan bis in materia energetica. L’auspicio naturalmente è che la stagione in arrivo sia meno dura rispetto alle previsioni meno favorevoli, onde evitare di porre mano a indesiderati scostamenti di bilancio per poter continuare a sostenere famiglie e imprese. Ma qualora l’Europa non dovesse fare la propria parte a causa di arroccamenti i cui segni deleteri abbiamo già riscontrato in passato e la stagione invernale dovesse rivelarsi più dura delle nostre speranze, un piano d’emergenza pensato dal governo si rende indispensabile, approfittando tra l’altro dell’imminente dibattito in Parlamento sulla legge di Bilancio affinché le iniziative individuate siano massimamente condivise, auspicando che l’opposizione non assuma le solite posizioni pregiudiziali. Non è, almeno per adesso, una “spes contra spem”. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA