In questi giorni, al cordoglio per le vittime innocenti dell’alluvione di Ischia e di sgomento per le immagini del territorio devastato, si ripresentano le censure di sempre nei casi di tragedie di questo livello - arricchite ora dalla rievocazione storica, Benedetto Croce compreso, delle catastrofi precedenti - insieme agli impegni a voltar pagina sinora puntualmente inosservati.
Ma adesso la loro ottemperanza sarà la cifra del governo Meloni. Mentre si avvia l’iter parlamentare per l’approvazione della legge di Bilancio avendo presente la minaccia dell’esercizio provvisorio, occorre da un lato rispondere con misure urgenti e di ampia prospettiva alle diffuse aspettative di riparazione, ricostruzione, rilancio e regolarizzazione per Ischia, attivando finalmente il Piano per fronteggiare il dissesto idrogeologico che sta facendo diventare molte terre del Paese lo «sfasciume pendulo sul mare» (Giustino Fortunato sulla Calabria); dall’altro, bisogna avere presenti gli sviluppi della politica europea.
Di là delle modifiche che potranno scaturire dal dibattito parlamentare, è un dato che gli stanziamenti per circa 21 miliardi previsti per fronteggiare l’aumento dei costi dell’energia hanno validità per il solo primo trimestre del 2023 e sono stati così progettati nel presupposto che a livello comunitario vengano nel frattempo definite adeguate misure energetiche, a partire da un price cap efficiente per il gas. Per ora, tuttavia, osserviamo che sull’argomento, per il quale valgono le considerazioni non ottimistiche svolte da Romano Prodi nell’editoriale di domenica su questo giornale, le proposte della Commissione Ue e gli stessi limitati adattamenti finora previsti non muovono verso l’obiettivo di sostituire o integrare misure nazionali. Occorre attendere, naturalmente, la prevista riunione dei Capi di Stato e di governo del prossimo 15 dicembre per un giudizio definitivo non solo sulla fissazione del tetto, assurdamente proposto a quota 275 euro, ma anche su acquisti congiunti dell’energia, nonché sulla messa in comune in questo campo di debiti e rischi.
Insomma, è una politica energetica condivisa nei suoi aspetti fondamentali che viene auspicata da alcuni partner, Italia compresa, mentre da altri è avversata o comunque non sostenuta.