Perché Napoli e Diego
si sono amati così tanto

di Ruggero Cappuccio
Venerdì 27 Novembre 2020, 00:22 - Ultimo agg. 07:00
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Diego Armando Maradona. Il doppio nome riecheggia la spagnoleria di un viceré di Filippo II. Il soma è quello di un napoletano dei quartieri. Lo sguardo quello di un rivoluzionario spregiudicato, mezzo Masaniello e mezzo scugnizzo delle Quattro Giornate. Quando arriverà lo scudetto? Il ragazzo di Buenos Aires diventa lo schermo psichico sul quale i napoletani possono proiettare la lunga pellicola che la storia della frustrazione ha sviluppato nella camera oscura della loro coscienza secolare. Sospettano che anche questa volta non potranno vincere.

A Napoli il sole splende con il rossore di un sangue felice. L’azzurraggio del mare è di una bellezza inquietante. Le stelle sono schegge di acciaio. Quando arriverà lo scudetto? A Napoli la natura è perfetta, da millenni: promette pace e armonia. Eppure questa esattezza delle proporzioni che allude ad una vita di gioia, nasconde una trappola. Come in un appuntamento biblico il Dio Golfo, il Dio Posillipo, la Dea Mergellina, ti dicono che dovrai lavorare con il sudore della tua fronte. I napoletani si domandano da secoli: «Come sarà possibile creare una società e una storia civile che sia degna dell’Eden in cui ci è dato vivere?».

La perfezione del paesaggio genera l’impotenza della giustizia. I napoletani si accorgono come è difficile per le impurità della storia replicare la purezza della terra. I regni di Napoli restano sempre sott’acqua rispetto al mare sul quale estendono il proprio dominio. I napoletani nuotano in un’adolescenza tempestosa e ininterrotta. I napoletani elaborano una raffinatissima strategia dell’attesa. Sul grande campo delle illusioni umane sembra che gli Svevi possano andare vicini al risultato: ma la palla colpisce la traversa. Quando arriverà lo scudetto? Manfredi perde nella partita di Benevento: la palla, all’ultimo minuto, esce fuori di un soffio. Gli Angioini rischiano la retrocessione. Alfonso D’Aragona colpisce il palo. Quando arriverà lo scudetto? Entrano in campo tutte le riserve del mercato straniero: una lunga panchina di viceré. Poi tocca a Masaniello: espulso per gioco pericoloso.

L’adolescenza prosegue. L’adolescenza di Napoli sogna l’amore risolutivo, sogna la purificazione del gran finale. Il 1799 sembra l’anno buono. Niente di fatto. Li Francise so’ arrivate ‘nce hanno buono scarusato. Et voilà, et voilà cavece ‘nculo ‘a libertà. Cavece, cavece, calci, calcio. Murat sfiora la rete ripetutamente. Tentazione fisica, tentazione apotropaica. Nel 1861 i Borbone perdono la partita a tavolino. È forse da quella data che l’inconscio della città viene graffiato da Torino per sempre. Quando arriverà lo scudetto? Campo di battaglia, campo di calcio. Per Napoli il passo è breve perché per ogni popolo dotato di immaginazione i passi tra gioco e non gioco sono sempre brevissimi. Per Napoli le cosiddette cose serie sono giochi mentre i giochi sono cose serissime. Non siamo nella battaglia di Benevento combattuta da Manfredi e neppure nella Piazza Mercato dei Giacobini.

Siamo allo stadio San Paolo. Diego Armando Maradona, genio e sregolatezza come Edmund Kean, insolente e romantico come Byron, è un ragazzo che ha una disperata sete di amore. La fame di cibo dei suoi primi anni diventa la fame dell’anima di tutta la sua vita. Ha bisogno di un abbraccio che lo consoli per sempre. Non gli basta quello di sua madre, non gli basta quello di Napoli e non gli basta neppure quello dell’intera Argentina. Il suo corpo diventa come il letto di un fiume. Sul fondo della sua anima ci arriva tutto: pietre, immondizia e diamanti.

Maradona è un angelo che vola in alto perché ha saggiato il buio dell’inferno. Ma le luci del paradiso lo accecano e continua a sentire l’attrazione delle ombre in un’altalena ininterrotta che oscilla fra il sublime e il fango. Diego diventa la bandiera dell’eterna adolescenza napoletana. Quando arriverà lo scudetto? I napoletani credono che non arriverà mai. Generalmente i popoli per ottenere il loro riscatto si affidano a figure di padri. Invece Napoli, originale in tutto, punta i suoi sogni sulla figura di un figlio. E Diego resta figlio per sempre, parte e ritorna tutte le volte che vuole.

Quando arriverà lo scudetto? I napoletani credono che non arriverà mai. E invece finalmente lo scudetto arriva. Questa parola piccola e fantastica, tutta giocosa e tutta seria diventa realtà. Perfino i morti del cimitero di Poggioreale saranno informati con uno striscione sospeso sul silenzio delle tombe: “Vuje nun sapite che ve site perso!”. La vittoria ha un nome di quattro sillabe: Maradona. Il divo-santo assume su di sé le stimmate del figliol prodigo, del reprobo, dell’eroe. Come il grande Edmund Kean, indimenticato interprete romantico del teatro inglese, che dal palcoscenico inveiva contro il Principe di Galles, Maradona irride i potenti, sfida le leggi della fisica, dimostra che la matematica è poesia, prova che la poesia è matematica. Lo spirito della povertà che ha assediato le notti di molti napoletani si unisce a quello di Diego, si sposa per sempre con la sua anima. E insieme vincono in un gioco difficile e molto serio: il calcio. Perché i napoletani si innamorano di una persona così? Perché la città è attratta dai difetti degli uomini tanto quanto la attraggono i loro pregi. Come nelle giornate in cui si guarda il mare sono stati incantati dall’ora del bel sole e dall’ora della tempesta. Maradona è un dio umano che specchia le leggi della natura, non si è curato di far grandinare sul proprio corpo e di quel corpo non si è invaghito quando in tutto il mondo ha brillato di gloria. La città lo ha amato anche perché aveva un grande bisogno di perdonare i trascurabili difetti un grande poeta e perché perdonando lui riusciva a perdonare se stessa.

Oggi l’assenza del corpo di Maradona, dichiara che la nostalgia non esiste, che il passato è una ricchezza vitalissima. Insieme con Auden vale la pena dire: «Caro Diego, eppure un giorno al Sud fummo felici, senza nemmeno sapere perché».

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