Maradona, quel mito che unisce è una risorsa

di Francesco De Luca
Giovedì 25 Novembre 2021, 23:53 - Ultimo agg. 27 Novembre, 14:12
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Per caso non si sono incrociati davanti a quell’altare creato dai tifosi e subito dopo si sono diretti allo stadio per la presentazione della prima statua dedicata al Capitano. È un segnale. Perché De Laurentiis, in quell’angolo dei Quartieri Spagnoli dove sono arrivati in dodici mesi da tutto il mondo, si è recato ieri per la prima volta a rendere omaggio «all’indiscutibile mito». E, come questo presidente e quello dei trionfi con Maradona, migliaia di napoletani hanno fatto il pellegrinaggio d’amore, fino a sera, quando gli ultrà del Napoli e i tifosi del Boca Juniors - naturalmente gemellati nel segno dell’Eterno - hanno acceso le torce e cantato i cori da stadio in quel piazzale dove è sorto un bar e si vendono su una bancarella oggetti dedicati al Pibe. L’economia del vicolo che Diego difese quando arrivò a Napoli. «Io non chiederò mai un dollaro a chi vende una mia maglietta o una mia parrucca per sfamare la sua famiglia». Non si entra nel cuore dei napoletani solo con i gol, i dribbling e gli scudetti.

Maradona ha ribadito quanto sia forte un anno dopo la sua fine terrena, perché - sia chiaro - lo sentiremo sempre con noi e su questo amore non calerà mai il sole. Continua ad avere una straordinaria capacità di aggregare e non soltanto in questa città, perché Diego è una passione che non ha confini, né limiti di spazio e tempo. C’era la tempesta, la pioggia non ha smesso di battere quasi mai nella giornata dell’anniversario, eppure c’era tanta passione davanti al murale di Largo Maradona e alla statua dell’artista Domenico Sepe, che ha pensato a questo omaggio all’inizio di quest’anno e ha poi dovuto confrontarsi con chi sui social chiedeva se il pallone era posizionato a destra o a sinistra e se quella era la maglia di un’altra squadra. Ma il significato del gesto, il desiderio di voler donare un’opera a Napoli dedicata a Diego, non conta di più?

Ha fatto bene il proprietario della statua che sarà presentata domenica ai tifosi prima della partita Napoli-Lazio, Stefano Ceci, tra i più vicini a Maradona negli ultimi suoi anni, a sottolineare che sono giusti uno, dieci, cento tributi.

Perché Diego era realmente di tutti e questo è concetto venne esaltato nei sette anni di Napoli. Peccato che Diego Jr, il figlio napoletano, abbia posto una condizione sull’evento di domenica, quella che c’è Ceci non vi sia: impossibile ovviamente, è stato lui a donare quella statua. Peccato che Hugo, il fratello di Diego, si sia irritato ieri prima di un collegamento con una tv argentina perché aveva saputo che avevano contattato anche il nipote che vive qui, a pochi chilometri da lui. Stonati anche alcuni isolati insulti a De Laurentiis, come se Diego non appartenesse alla storia del Napoli di cui è presidente. Veleni che non dovevano esservi in un giorno di pioggia e di dolore, che comunque è stato riscaldato da Maradona. Ma in fondo anche questo appartiene alla storia di Diego: ha saputo sopportare le polemiche dei suoi tanti avversari - ne ha avuti anche all’interno della sua famiglia, dei suoi clan, dei suoi club - quando era all’apice della carriera come quando era finito ai margini della sua sgregolata.

Non ci hanno sorpreso ieri i cortei, le bandiere, i fumogeni, i cori, le lacrime. Su questo amore bisogna costruire un progetto ed ecco che piace al grande popolo maradoniano l’idea del Napoli e del Comune di creare un museo nello stadio dove grande spazio vi sarà per Diego, i suoi cimeli, la sua storia. E poi le sue immagini all’esterno dello stadio. Perché chi arriva a Fuorigrotta deve entrare in una leggenda ed è bello che Koulibaly, uno dei leader di questa squadra che tanto piaceva a Maradona, dica di voler rendere indicabile il campionato. Tutti sanno come. E da lassù c’è chi fa il tifo.

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