C’è voluta tutta la determinazione del procuratore Nunzio Fragliasso per vedere finalmente in carcere i devastatori del costone calcareo che dallo Scrajo arriva a Meta e dalla Marina Grande di Sorrento arriva fino al porto di Salerno. Tre anni di indagini e l’accusa di disastro ambientale per far scattare le manette e fermare uno dei crimini più odiosi, la devastazione del territorio subacqueo, consumato solo per far felice le papille gustative di qualche milionario senza scrupoli. Questa operazione, portata avanti dalla procura presso il Tribunale di Torre Annunziata, ha dimostrato che solo la tenacia dei magistrati e della Guardia Costiera hanno potuto sfondare quel muro di impunità che spesso accompagna i reati ambientali che riguardano il mare. I datteri sono la punta dell’iceberg ma ci sono anche gli scarichi abusivi, gli svernamenti, la plastica, l’occupazione selvaggia, la pesca non regolamentata.
L’autorigenerazione della risorsa mare non è infinita, come tutti gli studi più recenti stanno dimostrando. Il mare va difeso con fermezza e con norme che puniscono in maniera esemplare. Per troppi anni si è andati avanti che le denunce, con i sequestri. Procedimenti che quasi mai si concludono con condanne severe. Tocca alla politica, dunque, mettere mano alle norme che regolano i reati ambientali. Un Paese dove la transizione ecologica è diventata la bandiera della ripartenza non può avere norme che, per applicarle, hanno richiesto tre anni di indagini. A guardarle quelle pietraie in cui sono stati trasformati i costoni della falesia che circonda la Punta della Campanella e anche i Faraglioni di Capri, viene da piangere.
Pietre su pietre scalfite a colpi di martello (anche 1.500 giri per metro quadro) per tirare fuori i datteri. Quelle pietre tra qualche anno saranno probabilmente ricoperte dalla posidonia ma mai e poi mai quei costoni riavranno il loro dolci declivi, ricchi di vita, verso i fondali.
Eppure negli anni i datterai al lavoro su questi fondali sono stati fermati, denunciati.
Il procuratore di Torre Annunziata Fragliasso e i suoi consulenti sono stati chiari: distruzione dell’habitat di scogliera; desertificazione del paesaggio sommerso; danni al bene geologico; possibile impatto sulla dinamica dei fondali. Il danno provocato è praticamente irreversibile.