Maturità, la fine del rito
di passaggio

di Adolfo Scotto di Luzio
Lunedì 19 Giugno 2017, 23:17
5 Minuti di Lettura
Per buona parte del Novecento gli italiani colti hanno fatto un incubo ricorrente: l’esame di maturità. E ne avevano ben donde. Istituito da Giovanni Gentile nel 1923 e ripristinato da Guido Gonella, dopo la parentesi della guerra, la maturità era un esame «impossibile». Fino al 1969 si svolgeva davanti a commissioni composte esclusivamente da professori esterni, un terzo dei quali erano universitari. In quell’anno, sotto la pressione degli eventi del Sessantotto, il ministro Fiorentino Sullo stabilì quattro prove, due scritte e due orali, di cui una a scelta dello studente. Le commissione restavano di professori esterni, ad eccezione di un membro interno. Al contrario, le commissioni gentiliane erano nominate personalmente dal ministro e si riunivano in quaranta sedi in Italia (venti per la maturità scientifica).

L’esame, in altri termini, si andava a fare lontano da casa. Gli studenti dovevano rispondere a domande su tutte le materie degli ultimi tre anni di corso. Solo di storia gli argomenti erano quarantanove. Le prove scritte quattro. Due le versioni latine, una dal latino all’ italiano, l’altro dall’ italiano in latino. Per fare solo degli esempi, l’orale prevedeva tutta la letteratura italiana dal Medio Evo ai giorni nostri e per quanto riguarda la filosofia, il candidato doveva essere pronto a leggere e commentare brani tratti dai testi dell’intero pensiero occidentale. Le opere da portare all’esame erano raggruppate in quattro serie, solo la prima prevedeva nove dialoghi di Platone, estratti dal De anima e dalla Metafisica di Aristotele e poi Bacone, Cartesio, Spinoza, Vico, Kant ed Hegel.

Di fatto i programmi di insegnamento erano programmi di esame e tutta la vita dello studente liceale gravitava intorno a questo nucleo denso, tremendo, che segnava veramente la fine dell’adolescenza e l’ingresso in una vita nuova, dove lo studio stesso cambiava senso e funzione, in vista non più della formazione umana ma della preparazione professionale propiziata dall’ Università. Oggi il ministero della Pubblica istruzione saluta gli studenti che si accingono alla maturità del 2017 con una campagna pubblicitaria all’insegna dello slogan «no panic» e tra i testimonial d’eccezione arruolati da viale Trastevere la celebre astronauta italiana Samantha Cristoforetti dispensa consigli sulla motivazione necessaria per affrontare la prova. Dopo la maturità, dice rivolta agli studenti, non permettete a nessuno di chiamarvi ragazzi: siete diventati dei giovani adulti. L’esame di maturità popola il nostro immaginario.

Chi ha oggi intorno ai cinquant’anni, ricorda le memorabili scene di Ecce bombo di Nanni Moretti. I due studenti inebetiti che preparano l’esame. I presidenti della Repubblica da De Nicola a Tarcisio Burgnich, il poeta contemporaneo Alvaro Rissa, presentato nel più vasto disorientamento della commissione. «Un poeta contemporaneo del terzo mondo», domanda il presidente? «No, no, contemporaneo vivente», assicura l’ esaminando in un tipico accento romanesco che fu in quegli anni l’italiano standard della scuola. Gli anni Ottanta e la loro scuola, percorsa dai fremiti di rivolta di una gioventù non ancora spenta, furono raccontati nel 2007 in un celebre film di Fausto Brizzi, «Notte prima degli esami». Il film ebbe un enorme successo, replicato poco tempo dopo dall’adattamento ai giorni nostri e da una versione francese che, non tributaria del titolo della canzone di Antonello Venditti, ne esplicitava la materia poetica: «Nos 18 ans», i nostri diciotto anni.

E poi si potrebbe ricordare «Immaturi», il film di Paolo Genovese, che più recentemente ha adattato ai termini mediocri delle nostre preoccupazioni una paura tipica, quella di dover ripetere appunto l’esame di maturità. Insomma, nella scuola del dopo diluvio, l’esame di maturità continua ad occupare un posto centrale nel periodizzare la nostra vita. C’è un prima e un dopo e la prova mantiene, anche se ormai pallido e sbiadito, il suo valore di soglia, di rito di passaggio, di evento che si iscrive nella biografia personale e collettiva come uno spartiacque. Ma siamo certi che sia proprio così? Oppure il cinema, la letteratura, la cultura di consumo non fanno altro che ammannire l’immaginario della nuova nostalgia che, come è di ogni nostalgia, ha una marca generazionale esplicita.

E così, l’esame di maturità in versione light, come fu quello degli anni Ottanta, ha un richiamo di massa così vasto non perché corrisponda ad una realtà concreta ma piuttosto perché rappresenta il decoro di una gioventù ancora abbastanza spensierata e protetta che gli anni successivi si sarebbero accaniti nel cancellare. Chissà, dunque, come sono i diciotto anni di coloro che hanno oggi diciotto anni. Di cosa hanno paura, a cosa prestano attenzione i nostri ragazzi? La scuola democratica ha assolto ad una funzione strutturante della vita adolescenziale fino a quando ha potuto nutrire una fiduciosa certezza nella sua funzione di motore della società. Il grande prestigio di cui essa ha goduto nei paesi occidentali nel secondo dopoguerra è dipeso dal suo efficace funzionamento come dispositivo che prendeva le persone nel posto in cui erano nate e le portava in un altro luogo. Altro dal punto di vista sociale e soprattutto mentale.

Oggi non è più così con ogni evidenza.
La carriera dei giovani è affidata ad altri canali e, sembra, ad altre risorse che alla scuola non appartengono più in modo specifico. Per questo, l’esame di maturità non ha più il fascino di un tempo e non genera più nemmeno tanti patemi. Perché non segna più un vero spartiacque. Che la vita delle persone non venga più scandita dalla scuola, non significa però che non siano all’opera altre forze. Più potenti e meno mediate, come sono quelle sprigionate dalla nuova economia e dal suo alto tasso di innovazione tecnologica. La nuova scuola sarà pure «No Panic» come predica nel suo improbabile inglese il ministero della Pubblica istruzione. Fuori dalle sue aule al contrario, il panico, ovvero l’incertezza e il rischio sono materia diffusissima.


 
© RIPRODUZIONE RISERVATA