Abdul, dal barcone al successo social: «Canto i bambini sacrificati al mare»

Nigeriano, 25 anni, gira videoclip a Castellammare

Abdul, dal barcone al successo social: «Canto i bambini sacrificati al mare»
di Fiorangela d’Amora
Martedì 15 Novembre 2022, 23:51 - Ultimo agg. 16 Novembre, 10:59
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Stretto in mezzo ad altri profughi su un barcone per fuggire dalla guerra e dalla miseria. Negli occhi neri come il mare più profondo solo il desiderio di abbandonare una vita fatta di stenti e paure e il sogno di un futuro diverso. Abdul ha girato qualche giorno fa il suo primo videoclip. Lo ha fatto a Castellammare dove è arrivato qualche tempo fa con l’ansia quotidiana di essere rimandato indietro, nelle prigioni libiche dove si lotta solo per sopravvivere o nella sua Nigeria che aveva lasciato tra le lacrime dei genitori e dei fratelli.

«Sono sopravvissuto alla traversata del Mediterraneo, ho vissuto di elemosina, poi mi sono rimboccato le maniche e ho trovato un lavoro. Durante quel viaggio della speranza ho visto bambini strappati alle madri e lanciati in mare per alleggerire il carico. Immagini che non potrò mai dimenticare». Abdul, 25 anni, oggi è Maestros, un giovane che nella musica, come tanti suoi coetanei, mette tutte le sue emozioni. Da qualche giorno sui canali social è partita la sua avventura da cantautore con la canzone “Rock” e il suo primo videoclip, realizzato dalla Movieland. Ma fa ancora fatica a raccontare ciò che ha vissuto. La fame, a casa, era una disgraziata compagna di vita. Trovare qualche soldo per aiutare la famiglia una missione impossibile. Un giorno, dopo il ribaltamento del governo locale, suo padre viene ammazzato. E lui, che faceva il camionista, decide di provarci. E raggiunge la Libia.

«Quando si parla dei barconi nessuno sa davvero cosa siano.

Di giorno sotto il sole caldo, senza acqua né cibo. Di notte al freddo, tutti stretti, tutti sconosciuti, ma anche amici. Sul barcone dove stavo io in tanti sono stati abbandonati in mare. Soprattutto bambini» racconta ancora con le lacrime agli occhi. Li chiude quegli occhi mentre rivede le immagini che per giorni hanno tormentato i suoi sonni come incubi spaventosi. «Ho visto lanciare bimbi in mare, un modo per costringere anche le mamme a lanciarsi dietro di loro per la disperazione: c’era bisogno di equilibrare il carico, il cibo scarseggiava, ci si liberava dei più deboli», racconta. Poi l’arrivo fortunoso a Lampedusa. La mia fortuna è stata essere trasferito in un centro di accoglienza a Napoli» dice Abdul.

Perché a volte la sorte può anche essere generosa e la fortuna girare: è andata così ad Abdul quando ha incontrato Salvatore Suarato, titolare dell’agriturismo Greenland di Castellammare di Stabia e della casa cinematografica Movieland, che gli ha offerto un lavoro. Ha iniziato come tuttofare, mettendosi a disposizione senza mai mostrare stanchezza, oggi è tornato a guidare i camion. Chi ha visto i bimbi morire in mare e le madri disperate seguirli verso la morte sa che la vita è un bene prezioso. E nemmeno un attimo va sprecato.

«È un ragazzo pieno di risorse – racconta Suarato – che mi ha stupito per la sua voglia di darsi da fare. Da quasi due anni lavora con me e ormai è uno di famiglia. Nonostante le cose atroci che ha vissuto e le mille difficoltà, mi stupisce sempre con la sua allegria. E poi è un vero talento». Suarato lo ascolta cantare. Mentre lavora, mentre si riposa. Capisce che quella voce è speciale. E così Abdul pian piano diventa Maestros. Scrive canzoni in stile afrobeat, un genere vicino al pop, molto apprezzato in Africa. All’inizio è quasi un gioco, un modo per sentire attraverso la musica la sua terra sempre vicina.

Poi però Maestros inizia a crederci. E la stessa volontà che ha messo nel restare vivo su quel barcone la mette per il suo sogno: diventare un cantante.
Qui in Italia ha avuto la possibilità di incidere alcune canzoni grazie all’aiuto di Salvatore Suarato. La prima è “Rock”, in cui racconta la storia di due fidanzati, inizialmente divisi da apparenza e denaro, che poi tornano assieme perché riscoprono valori veri e sentimenti autentici. Alla canzone è collegato il primo videoclip realizzato lungo la costa vesuviana. Ma tra i brani che ha scritto e cantato Maestros c’è anche “My world”, la storia del percorso che ha portato Abdul fino in Italia. In quelle parole c’è il racconto di quello che ha visto. Delle torture in Libia, delle violenze, della paura di non farcela. Di essere anche lui uno dei tanti migranti che spengono la propria esistenza sui fondali del Mediterraneo. Dimenticati da tutti. Il lancio del primo brano di Maestros, però, non arriva in un momento felice. In Italia si torna a litigare sugli sbarchi. E il giovane nigeriano non nasconde il suo rammarico: «Quel viaggio è qualcosa di terribile, in tanti non ce la fanno, ma è l’unico modo per provare a sfuggire alla morte».

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