Minorenne ucciso a Napoli e raid al Pellegrini: ecco le foto choc della devastazione

Minorenne ucciso a Napoli e raid al Pellegrini: ecco le foto choc della devastazione
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 16 Marzo 2020, 23:15 - Ultimo agg. 17 Marzo, 11:04
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È stato il primo ad entrare nel pronto soccorso dell’ospedale Pellegrini, ma anche il primo a dare inizio alla devastazione. Tanto che una foto lo ritrae mentre impugna una scrivania e la scaraventa contro computer e impianti telefonici, prima di forzare la serratura di un’ambulanza e sradicare la barella che portava all’interno. Eccole le immagini della devastazione, quella consumata domenica primo marzo all’interno del pronto soccorso dell’ospedale dei Pellegrini, quando si è diffusa la notizia del decesso del quindicenne Ugo Russo. Ricordate il caso? Si parte dal fattaccio di via Orsini alle spalle di via Santa Lucia, quando un carabiniere libero dal servizio si difende da una tentata rapina a mano armata e ammazza il minore Ugo Russo. Ciò che accade dopo è ben raccontato nelle immagini che hanno consentito di arrestare in questi giorni Giovanni Grasso (detto Ivan, cugino di Ugo) e Vincenzo Sammarco. Ma prima di commentare questi frame, conviene partire da una notizia diffusa ieri dalla Procura di Roma, che ha messo in esecuzione un ordine di cattura a carico dello stesso Sammarco, ritenendolo responsabile di ben cinque colpi consumati tra le strade dei Parioli, Prati e Trionfale, per un bottino di 100mila euro.

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Per queste rapine, Sammarco è indagato assieme ad altri due complici, sempre dei Quartieri spagnoli (uno dei quali risulta al momento irreperibile). Veri e propri pendolari del crimine, che sono giunti nella Capitale in treno o con un’auto noleggiata, per dare vita alla cosiddetta tecnica dello specchietto. In sintesi, individuata la «preda» nel traffico, gli danneggiavano lo specchietto laterale, costringendo la vittima a sporgere il braccio, mettendo così a segno la rapina. Rolex, Patek Philippe, Cartier, Audemars Piguet sono gli esemplari rapinati, con una strategia seriale, poi ricostruita dagli inquirenti, grazie a una sorta di passo falso di uno dei tre presunti rapinatori. Subito dopo una rapina, uno dei tre malviventi è andato infatti a mangiare un panino in un fast food, facendosi immortalare dalle telecamere a circuito chiuso.
 

 

Ma torniamo all’alba del primo marzo. Dopo essere stati arrestati per gli spari contro la Pastrengo, per quella sorta di scorreria armata in via Morgantini, i due pistoleri dovranno difendersi anche dal possibile coinvolgimento nella vicenda legata alla devastazione dell’ospedale della Pignasecca. Difesi dai penalisti Tiziana De Masi e Francesco Esposito, vengono immortalati in una lunga galleria ricavata da telecamere di caserma e ospedale, ma anche da quelle utilizzate da alcuni negozi del centro cittadino. Ed è grazie a uno di questi frame, che si scorge lo scooter usato dai responsabili della «stesa» contro la caserma Pastrengo, con tanto di braccio teso e armato che fa fuoco ad altezza d’uomo. Quattro colpi contro i carabinieri, dall’esterno all’interno del presidio militare, un «assalto armato per vendetta contro lo Stato», dopo il decesso del 15enne Ugo Russo. Inchiesta condotta dai pm Fratello, Mozzillo e Parascandolo, sotto il coordinamento del procuratore Gianni Melillo, decisivo il raffronto del look usato dai pistoleri. In sintesi, spiccano il giubbotto scuro con il rigo bianco catarifrangente indossato da Giovanni Grasso, ma anche le scarpe nere, con suola bianca e lacci rossi di Sammarco: sono particolari che si notano nelle foto ricavate all’interno dell’ospedale, quelle della rivolta aizzata da Grasso e Sammarco, a colpi di scrivanie e utensili lanciati in aria, che tradiscono la presenza dei due ventenni in sella allo scooter usato per la stesa all’esterno della Pastrengo. 

Scrivono oggi gli inquirenti: «I due indagati hanno mostrato spregio nei confronti del personale sanitario, delle forze dell’ordine e della struttura ospedaliera», risultando poi inchiodati dalla trama delle immagini ricomposta dal pool anticamorra. 
 

Le accuse di danneggiamento e devastazione ma anche degli spari contro la caserma Pastrengo vanno ora inseriti in un contesto criminale, puramente camorristico. Ne sono convinti gli inquirenti che fanno riferimento anche alle decine di appoggi logistici di cui hanno usufruito i due indagati, all’alba del primo marzo, dopo il doppio assalto a ospedale e caserma.  Qualcuno - spiegano gli inquirenti - ha protetto la fuga dei due pistoleri, tanto da consentire qualche giorno di latitanza prima di consegnare i polsi e offrire al giudice una confessione apparsa - ora più che mai - quanto mai tardiva e superflua. 

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