Morto De Mita, Mattarella piange un amico: «Meridionalista e innovatore»

Morto De Mita, Mattarella piange un amico: «Meridionalista e innovatore»
di Pietro Perone
Giovedì 26 Maggio 2022, 23:50 - Ultimo agg. 27 Maggio, 07:02
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Dopo la traumatica fine della Dc, non c’era assemblea del Partito Popolare in cui Ciriaco De Mita e Sergio Mattarella non sedessero in platea uno accanto all’altro, anche durante l’ultima conferenza a Roma del Ppi nel Palazzo dei Congressi, quando si decise controvoglia di dare vita alla Margherita insieme con Francesco Rutelli. Passaggio traumatico che sanciva la fine di ciò che era rimasto della Dc. 

Sergio e Ciriaco, un rapporto intenso e affettuoso: taciturno il primo; prodigo di “pensieri” pronunciati anche ad alta voce il secondo.

Entrambi con i “piedi” nel Novecento ma con lo sguardo rivolto al futuro, protagonisti, nei rispettivi ruoli, anche nel nuovo Millennio.

Il capo dello Stato sarà oggi a Nusco per l’ultimo saluto all’amico. Un rapporto consolidatosi dopo quel maglione rosso che Mattarella si ritrovò macchiato del sangue del fratello Piersanti nell’Epifania del 1980 quando la mafia decise di eliminare il presidente della Regione Sicilia, un innovatore. 
Non era riuscito Moro a indurre l’allora docente universitario a raccogliere il testimone in politica di Piersanti, lo convinse tre anni dopo De Mita con la candidatura alle Politiche. E sempre da segretario della Dc lo spinse quasi subito a tornare a Palermo come commissario del partito per rimettere in piedi una Dc dilaniata da lotto interne e popolata da personaggi finiti poi sotto accusa.

Un’amicizia lunga oltre quarant’anni nel solco del cattolicesimo democratico che è stato elemento fondante della Repubblica: «Il suo impegno politico ha sempre avuto al centro l’idea della democrazia possibile. Quella da costruire e vivere nel progressivo farsi della storia delle nostre comunità, della vita concreta delle persone, delle loro speranze e dei loro interessi», scrive Mattarella nel messaggio di cordoglio. 

La democrazia come un processo infinito, da consolidare giorno dopo giorno, con «l’attenzione per il rinnovamento e l’adeguamento delle nostre istituzioni, che non a caso fu bersaglio della strategia brigatista che, uccidendo Roberto Ruffilli, suo stretto consigliere, alla vigilia dell’insediamento del suo governo, intese colpire proprio il disegno riformatore di De Mita», ricorda ancora il capo dello Stato che sottolinea «l’impegno incessante per un meridionalismo intelligente e modernizzatore».

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Uomo delle istituzioni, il leader irpino è stato fino alla fine orgogliosamente democristiano. Nel novembre del 2003, quando la Margherita decideva di correre alle Europee insieme con gli eredi del Pci, che all’epoca si chiamavano Ds, rivendicò in un’intervista al Mattino le proprie origini politiche: «Siamo di fronte a una lettura delle cose che vede la Dc all’origine di ogni male ma questo pare debba soltanto continuare a legittimare la presenza di alcuni. Si cade così nella disinvolta baldanza del luogo comune, senza avere il coraggio di riconoscere che morta la Democrazia Cristiana i problemi non sono stati risolti: non sembra che la legalità sia cresciuta, ancora meno che altre drammatiche questioni siano scomparse dall’ordine del giorno della politica».

Da oggi Mattarella si sentirà politicamente un po’ più solo: frequenti erano le telefonate con De Mita e delle condizioni di salute dell’anziano amico il presidente è rimasto informato costantemente così come si fa con una persona di famiglia. 

Un rapporto che andava ben oltre la comune militanza, nonostante nella Dc i due facessero riferimento a correnti diverse: uno di estrazione “morotea”, De Mita artefice della sinistra scudocrociata. 

Dopo la prima elezione al Colle, Ciriaco disse: «Tra tutti i contendenti, Sergio è la persona con una media di virtù più larga. Nel gruppo dei siciliani ai miei tempi era un passista, quelli quasi sempre tagliano il traguardo. Il migliore presidente che si potesse scegliere, anche perché, come diceva Pertini, chi viene dalla Sicilia ha un po’ di intelligenza in più rispetto agli atri, poi come la usa è da discutere... Ma nel caso di Mattarella non si corre questo rischio, è un uomo di diritto». E quando tutti, a cominciare dallo stesso presidente, escludevano il mandato bis, De Mita consigliava di non fare nulla: «Non accettare, non rifiutare», disse il 12 novembre l’ex segretario della Dc nella sua ultima intervista al Mattino. Due mesi dopo Mattarella prestava di nuovo giuramento al Quirinale per la seconda volta.

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