Ragazzini armati, famiglie distratte

di Andrea Di Consoli
Martedì 19 Aprile 2022, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
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C’è un fenomeno sociale, che riguarda Napoli ma anche altre realtà urbane italiane, che non è proprio recente, ma che negli ultimi tempi sta diventando sempre più allarmante, come “Il Mattino” sta puntualmente denunciando con inchieste e interviste. Ci riferiamo al fatto che sempre più adolescenti girano armati – coltelli, tirapugni, in qualche caso anche pistole – e che molte risse, litigi e battibecchi si risolvono, con crescente casistica, con l’uso delle armi. Su questo fenomeno i riflettori si sono definitivamente accesi nel 2017, quando l’allora diciassettenne Arturo Puoti fu accoltellato alla gola da una baby gang. Da allora la madre, la professoressa Maria Luisa Iavarone, presidente dell’associazione Artur, ha iniziato un forte impegno pedagogico con l’obiettivo di arginare questo fenomeno allarmante. 

Cosa sta succedendo a un pezzo di adolescenza napoletana? Da sempre a quell’età è difficile elaborare razionalmente torti, offese, ingiustizie, umiliazioni. Ma da qui a girare armati ce ne corre. Dunque, parrebbe essere avvenuto un “salto di qualità”, che ancora non riusciamo a mettere bene a fuoco. Da giovani è assai difficile essere immuni da tentazioni “guappe”, ma cosa spinge a girare armati e, spesso, a farlo sapere? Prevale il bisogno di sicurezza, e dunque di difendersi, o il bisogno di dimostrare forza, virilità, coraggio? Forse entrambe le cose. In ogni caso, ci troviamo di fronte a un fenomeno che evidenzia un sentimento ostile nei confronti della realtà. Come fosse, la realtà, uno spazio di guerra, e dunque di aggressione e di difesa. Ma è davvero diventata così ostile la realtà per i giovani napoletani? 

La professoressa Iavarone ha detto a “Il Mattino” che “le ricerche che abbiamo effettuato ci dicono che un minorenne su tre, a Napoli, gira armato con tirapugni, coltelli o pistole”. E ha aggiunto: “Adesso ci sono anche delle armi periscopiche che si vendono per 3 euro in negozietti gestiti da stranieri, e nessuno controlla”. Sullo stesso argomento sono efficacemente intervenuti l’assessore comunale alla legalità Antonio De Iesu, e il questore Alessandro Giuliano. 

Partiamo subito dalle cose certe: questi ragazzi sono nati dopo il 2000, e di conseguenza sono figli del sistema valoriale e comunicativo che noi adulti abbiamo creato. Dunque non sono colpevoli, ma vittime di questo preciso mondo nel quale si sono ritrovati a vivere. Perciò non serve processare loro, ma noi, e capire senza infingimenti in cosa abbiamo sbagliato. Il primo aspetto che si è molto esasperato negli ultimi 20 anni è quello legato al successo, al potere, alla leadership. I ragazzi sono letteralmente ossessionati dal bisogno di essere vincenti e dalla paura di fallire.

E questo non è colpa loro, ma nostra, perché siamo anzitutto noi adulti a essere ossessionati da queste dinamiche. Siamo circondati da “modelli” – dagli influencer agli youtuber, dai cantanti a chi esibisce il proprio corpo per fare soldi e per avere followers – che esaltano la bellezza, la ricchezza, il successo, la fama. È come se per avere rispetto e considerazione fosse necessario essere come loro. E se non si è come loro, ci si sente falliti, sfigati, in pericolo, perché non ci si ritiene degni di rispetto e considerazione. La frustrazione, a quel punto, diventa rabbia, e la rabbia porta a forme “alternative” di potere e di successo. In fondo gli adolescenti hanno da sempre un unico, grande bisogno: essere riconosciuti, essere visti, essere ammirati, sentire rispetto e considerazione intorno alla propria persona. È assai probabile che i ragazzi che girano armati per Napoli sentano frustrazione rispetto a modelli sociali dominanti – che, lo ripetiamo, abbiamo fatto proliferare noi adulti con cinismo di marketing affaristico. E avere un coltello in tasca o un tirapugni significa probabilmente sentirsi forti, e compensare così l’insicurezza e la frustrazione. 

Ma i social li abbiamo creati noi, gli algoritmi per spingere a consumi sempre meno etici siamo noi, le serie cinematografiche un bel po’ compiaciute sulla malavita le abbiamo realizzate noi. E questo non poteva non presentare il conto, visto anche il disastro educativo che avviene quotidianamente nelle famiglie disgregate e nelle scuole delegittimate da una mentalità secondo la quale “studiare non serve a niente”. Il cinismo lì per lì sembra sempre una grande furbizia, ma prima o poi presenta il conto. E i ragazzi armati per Napoli sono esattamente il conto che dobbiamo pagare per aver deliberatamente dismesso qualsiasi inquietudine etica e morale nella nostra società in nome del successo, del benessere ostentato, dell’apparenza, della fama a ogni costo. 

Troppo facile gettare la croce sui giovani, visto che i giovani sono la pianta della nostra semina. Ma poiché la nostra semina è velenosa, e ci conviene continuare a seminare semi velenosi, è assai probabile che ce la prenderemo con loro, e che saranno loro a dover rispondere di armi che siamo stati noi adulti a mettere nelle loro mani. Perché c’è chi spara con un corpo perfetto, chi ostentando un Rolex, chi mostrando decine di banconote da 500 euro, e c’è chi – non avendo altro – prova ad avere un briciolo di rispetto e di considerazione ostentando un coltello o un tirapugni. Invece di condannarli indignati, proviamo a dare loro strumenti di intelligenza emotiva e attenzione vera. Se siamo ancora in grado di farlo. 

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