Napoli, Anastasiia uccisa e bruciata dall'ex fidanzato: le fiamme per simulare un incidente

Napoli, Anastasiia uccisa e bruciata dall'ex fidanzato: le fiamme per simulare un incidente
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 18 Marzo 2022, 00:00 - Ultimo agg. 22 Marzo, 20:06
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Sognava una vita lontana dalla violenza, dal male, dall’incubo della guerra, quello con cui il popolo ucraino convive dal 2014. Sognava di poter dare un futuro alla figlioletta, una bambina di appena cinque anni, ma ha trovato un destino terribile e ingiusto. Storia di Anastasiia Bondarenko, la cittadina ucraina di 23 anni, che non è morta per un incidente domestico, come era apparso sulle prime. Ma che è stata ammazzata nel peggiore dei modi, picchiata, colpita a morte, data alle fiamme. Inferno al Borgo di Sant’Antonio, è lo scorso 10 marzo, quando viene rinvenuto il corpo carbonizzato della donna.

Era in un angolo della casa, mentre in modo miracoloso erano scampate alle fiamme una connazionale e la figlia della stessa 23enne. Sono bastate poche ore ai carabinieri della compagnia di Borgo Loreto per dare una svolta alle indagini, culminate ieri nell’esecuzione di un decreto di fermo a carico di Dmytro Trembach, cittadino ucraino, gravemente indiziato di omicidio volontario.

Un femminicidio nel cuore di Napoli, secondo la ricostruzione che ha spinto la Procura di Napoli a firmare il fermo.

In queste ore è stata disposta anche l’autopsia, nel tentativo di dirimere una questione decisiva per lo svolgimento dell’inchiesta: l’obiettivo è capire come sia morta la donna; se è stata uccisa a mani nude, una strategia di fredda violenza o se le fiamme sono state usate in un secondo momento, per simulare un incidente domestico e fugare sul nascere l’accusa di omicidio. Verifiche in corso destinate al pool reati contro le fasce deboli, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Raffaello Falcone, in uno scenario investigativo che si è via via arricchito di una serie di elementi concreti.

Partiamo dalle urla. Animalesche, quelle di un maschio; di disperazione, quelle di Anastasiia. C’era stato un litigio, giovedì 10 marzo, in quell’edificio del Borgo di Sant’Antonio dove le parole - e le urla - rimbazano da una casa all’altra, tanto da diventare metaria vissuta dall’intera comunità. E sono stati i vicini di casa a instradare gli inquirenti sulla pista dolosa, quella che spinge a tenere in cella il presunto autore del femminicidio. Poi le tracce di combustibile. Di alcol, sparso sul pavimento, non distante dal corpo della malcapitata ucraina. Ma non è l’unico elemento sospetto.

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Agli atti dell’inchiesta, anche la testimonianza resa da una donna, una connazionale che viveva accanto alla 23enne uccisa e che è ruscita a mettersi in salvo, portando con sè anche la piccola orfana di questa storia. Si legge in un comunicato della Procura, a firma del procuratore Gianni Melillo: «Secondo quanto accertato dalle indagini fin qui svolte e coordinate dalla Procura di Napoli, Trembach avrebbe causato la morte della 23enne, alla quale era legato da un rapporto sentimentale, dando fuoco all’appartamento nel quale vivevano la vittima, la figlia di 5 anni e altri connazionali». Ma qual è il profilo del presunto assassino? Chi è l’uomo indiziato di aver consumato il femminicidio? Un uomo senza una occupazione stabile - è così che lo descrivono alcuni residenti - che cambiava spesso dimora e che si era fatto vedere negli ultimi tempi nei pressi dell’abitazione di Anastasiia. Probabile che tra Trembach e la 23enne ci sia stata una relazione sentimentale, ma è anche vero che c’è chi ha ricordato la determinazione della ragazza nel voler voltare pagina, nel chiudere un capitolo della propria esistenza, troncando ogni rapporto con quell’uomo. Ed è stata forse questa decisione ad aver scatenato l’ultimo litigio, che si è consumato nello spazio ristretto di una casa, quella dimora in cui Anastasiia aveva provato a modellare una vita nuova, nella speranza di rimanere al riparo da ogni genere di violenza. E invece è andata diversamente. Urla, spintoni, ancora urla. Poi le fiamme. La morte della 23enne, la fuga della sua compagna di stanza, la solitudine della piccola.

Una brutta storia che ora attende la convalida del fermo da parte del gip del Tribunale di Napoli, che dovrà vagliare la versione dell’uomo finito in cella. E che attende il resoconto dell’autopsia, per sciogliere l’ultimo dubbio sulla morte della giovane ucraina: se è morta di botte o per le fiamme appiccate sul suo corpo, nel tentativo di chiudere i conti con la parte peggiore della sua giovane vita.

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