Napoli-Arsenal, re Carlo si gioca la corona

di Francesco De Luca
Mercoledì 17 Aprile 2019, 22:30
5 Minuti di Lettura
Soltanto sulle robuste spalle di un allenatore che ha vinto tre volte la Champions League poteva essere caricato questo peso: spetta ad Ancelotti salvare l’immagine del calcio italiano dopo la figuraccia della Juventus, buttata fuori dallo straordinario Ajax. E gli tocca questo onore/onere nei 90 (o 120) minuti della sfida con l’Arsenal, che ha chiuso il primo round dei quarti di Europa League sul 2-0.

Il risultato dell’andata avrebbe potuto essere ancor più ampio se tra i pali il Napoli non avesse Meret, destinato a diventare il migliore portiere d’Italia. Serve il 3-0. Remuntada complicata. Necessaria una squadra organizzata e precisa al tiro (Cech, ormai 36enne, non sembra più all’altezza della sua fama), purtroppo vista soltanto a sprazzi negli ultimi mesi. Non è un caso che Ancelotti, dopo lo slogan «coraggio intelligenza e cuore», abbia indicato nella compattezza in campo la chiave per tentare l’impresa contro i Gunners. L’equilibrio è fondamentale, guai a scoprirsi e rischiare di subire il contropiede, di quelli micidiali che hanno affondato il Napoli all’Emirates. Ci viene in mente ciò che diceva Benitez alla vigilia delle partite più delicate: «Sin prisa pero sin pausa». Bisogna essere intensi ma senza farsi assalire dall’ansia, in questo caso di fare due gol per riportare la situazione in equilibrio: l’attacco sia intelligente e coordinato, non si concedano spazi a centrocampisti del valore di Ramsey e ad attaccanti come Aubameyang e Lacazette. Fin dalle ore successive allo 0-2 di Londra abbiamo proposto il raffronto con l’impresa di trent’anni fa, con il Napoli di Maradona che fu in grado di ribaltare lo stesso risultato nella partita di ritorno contro la Juve, sempre dei quarti, in Coppa Uefa. Gli azzurri segnarono due reti nel primo tempo (Diego e Carnevale) dovendo poi arrivare al minuto 119 per far esplodere di felicità il San Paolo con la rete di Renica. Se il Napoli fosse in grado di piazzare un colpo, magari in quei primi 15’ nei quali è estremamente prolifico in campionato, potrebbe poi provare a mettere alle corde l’imperfetta difesa di Emery.

Difficile? Impossibile? Ancelotti ha toccato le corde emotive della squadra e del pubblico (che, comunque, non riempirà il San Paolo: anche questo è il segnale di un rapporto che non è più saldo), però, dall’alto della sua esperienza, sa bene che è sul campo che non si devono sbagliare le mosse, anche perché qui non è in gioco “solo” la semifinale di Europa League. In campionato il Napoli è arrivato alle spalle della Juve (confermando quanto era riuscito a fare Sarri nel suo triennio), ma si è fermato ai quarti di Coppa Italia. Il giudizio sulla stagione azzurra terrà conto dell’esito di questa sfida, difficile da preparare sul piano tattico. Tra le ipotesi circolate ve ne sono due: una difesa con i due centrali e mezzo, applicata in Champions, e un attacco a tre punte, provato a Verona. A Londra nel primo tempo era stato lasciato in panchina Milik, stavolta parte da titolare perché serve l’attaccante d’urto per affrontare una difesa che accusa sbandamenti, come si è visto anche sette giorni fa, appena il Napoli ha aumentato la pressione. È dal secondo tempo della gara di andata che si deve ripartire, quello in cui vi era stata una clamorosa palla gol per Zielinski: l’ha bruciata e questo rischia di incidere sull’esito della mission - parzialmente - impossible che affronta il Napoli, una squadra che dovrebbe ritrovare in una notte qualità del gioco, voglia di divertirsi, determinazione, equilibrio e freddezza sotto porta, cioè gli elementi che in autunno avevano consentito di battere il Liverpool e sfiorare l’impresa a Parigi.

Non c’è solo Ancelotti a doversi “caricare” sulle spalle il peso del prestigio del calcio italiano. C’è il capitano, Insigne, che vorrebbe diventare anche l’uomo simbolo della Nazionale di Mancini. Le migliori partite europee del Napoli - Liverpool al San Paolo e Psg al Parco dei Principi - sono state le migliori di Lorenzo. Quando - tardi – è entrato in partita a Londra ha ravvivato la manovra offensiva. In notti così è sempre forte la tentazione retorica, tuttavia è chiaro che dev’essere Lorenzo il trascinatore, al pari di Allan, il cui combattivo spirito si è affievolito per calo fisico, distrazioni create dall’inopportuna trattativa con il Psg e assenza di Hamsik, l’equilibratore del centrocampo azzurro. Se Insigne vuole essere considerato un leader del Napoli, questa è l’occasione per dimostrare che realmente è tale.
Ancelotti ha provato sulla propria pelle - nel bene e nel male - cosa è una remuntada. Il suo equilibrio e le sue esperienze devono aiutare il Napoli a impostare la partita perfetta in uno stadio dove - parole di Thiago Silva, difensore del Psg di Emery - «certe partite sembrano non finire mai».

Quanto il calcio italiano è ancora lontano dall’Europa? Vorremmo poter dire stasera che, grazie a Carlo e agli azzurri, la distanza non è così netta ed essere orgogliosi di avere una squadra in una semifinale europea.
Intanto, la Juve ha riscritto - in negativo - la storia di questa stagione. Spazzata via dall’Ajax, da quei ragazzi fortissimi come i loro antenati degli anni Settanta che misero a soqquadro il sistema calcistico internazionale, con quel meraviglioso calcio totale che diventò un modello, proposto anche da Vinicio a Napoli. È legittimo chiedersi a cosa sia servito attuare l’operazione CR7 - onerosissima sotto l’aspetto finanziario, tanto è vero che il club ha dovuto attuare una serie di interventi, dai bond ai movimenti di mercato per plusavalenze di bilancio - per vincere l’ottavo scudetto di fila e per uscire ai quarti dalla Champions, subendo un’autentica lezione sul piano tecnico e fisico. Non ci sarà stasera tutta l’Italia a tifare per il Napoli, ne siamo consapevoli: ad Ancelotti basta che vi siano la spinta del San Paolo e il coraggio dei suoi ragazzi.

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA