Napoli, parla il boss pentito Luigi Cimmino: «Al Vomero racket anche sulle chiese»

Napoli, parla il boss pentito Luigi Cimmino: «Al Vomero racket anche sulle chiese»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 19 Maggio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 17:09
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Anche le chiese nella morsa del racket. Non c’era un’attività - pubblica o privata - che non finisse al centro del pressing estorsivo, quello ordito dal clan retto per anni da Luigi Cimmino. Parola dell’ex boss, oggi collaboratore di giustizia, secondo quanto sta emergendo dalle indagini condotte dalla Dda di Napoli. Inchiesta sul pizzo dentro e fuori gli ospedali collinari, lo spettro delle verifiche si allarga e investe anche altre attività economiche al Vomero e all’Arenella.

Non c’era una sola iniziativa imprenditoriale (a proposito di cantieri e interventi edilizi) che non venisse puntata dalla camorra di Luigi Cimmino. Che, ai pm napoletani, chiarisce: «Anche i lavori per il restauro delle facciate delle chiese venivano taglieggiati.

Erano lavori che fruttavano bene...». E giù nomi e ricostruzioni che fanno emergere una cappa di violenza che si abbatteva soprattutto sulle ditte private che di volta e in volta erano impegnate nelle commesse. Uno scenario che ovviamente non era noto a parroci e gestori dei luoghi di culto, ma che basta da solo a raccontare la storia di una dinasty criminale radicata nell’area collinare da almeno trent’anni. Funzionava in questo modo: «Quando viene montato il cantiere, arriviamo noi. Per qualche giorno il cantiere si ferma, un tempo tecnico necessario per definire la percentuale dei lavori da imporre al capo del cantiere...». 

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Ma c’è un’altra forma di estorsione, che fa leva sul bisogno di un posto di lavoro che appartiene a tantissime famiglie. Riguarda il pizzo chiesto sui posti di lavoro. Come funziona? È sempre l’ex boss Luigi Cimmino a spiegarlo: «Prendevamo 25mila euro per ogni posto di lavoro; poi, quando qualcuno si scocciava di lavorare, ce lo consegnava e noi lo rivendevamo ad un prezzo maggiorato ad un altro genitore che ci chiedeva un’occupazione per il figlio». Ma qual è la capacità di assunzione della camorra vomerese? Parliamo di lavori nelle ditte di pulizia, nelle società di catering che entrano nelle procedure di appalto nelle grandi strutture pubbliche. Sotto accusa finisce il presunto esponente del clan Sergio D’Andrea, che viene indicato come quello «che sta negli ospedali. Tutte le ditte che lavorano negli ospedali pagano l’estorsione, quando una ditta subentra al posto di un’altra parte la richiesta estorsiva da parte del nostro clan si consuma in due modi: con il versamento di soldi (tre tranches l’anno); ma anche con la pretesa di posti di lavoro, parte dei quali possono essere assicurati a parenti e amici, mentre il resto vengono venduti». Inchiesta condotta dai pm Celeste Carrano e Henry John Woodcock, udienza dinanzi al gup, nel chiuso dell’aula bunker. Hanno chiesto e ottenuto di costituirsi parte civile le associazioni di Cgil nazionale, Cgil regione Campania della associazione mutua consumatori Campania, Asso vittime criminalità, Sos impresa rete per la legaltà (quest’ultima rappresentata dal penalista Alessandro Motta), in un processo che ora attende gli esiti dei riti abbreviati. 
 

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