Per realizzare un nuovo controsorpasso e riprendere il comando della classifica il Napoli deve avere nervi saldi a Marassi, dove poco meno di un mese fa ha strappato in extremis la vittoria sul Genoa. Quello contro la Samp è un esame di maturità per la squadra azzurra, che ha avuto finora un ottimo percorso: saprà reggere il confronto, non solo tecnico ma anche psicologico, con le rivali per le posizioni di vertice? Le sensazioni, alla vigilia della trasferta, sono confortanti.
A Spalletti non piace procedere a fari spenti, come invece fanno altri suoi colleghi: ci mette sempre la faccia e accetta volentieri le responsabilità. È venuto a Napoli con una mission: andare al di sopra del livello raggiunto da alcuni suoi predecessori, facendo dello scudetto un obiettivo reale e non un’illusione. E non è un caso che nei suoi discorsi faccia spesso riferimento all’epoca d’oro di Diego. Al primo intoppo - la sconfitta di Verona - Mourinho ha lanciato un messaggio alla piazza di Roma che lo aveva accolto con tutti gli onori e già sognava di ripetere i trionfi vissuti con Liedholm e Capello. «Non sono venuto per vincere nulla, se non la prossima partita». Mou sarà pure Special ma non è attrezzato per i miracoli calcistici. A Napoli si è riacceso l’entusiasmo dopo la rimonta di forza a Leicester e la perfetta prova a Udine e Spalletti, avendo lavorato nei surriscaldati ambienti di Roma e Milano, non ne ha timore. Anzi. È carburante per la sua squadra, che è rimasta pressoché inalterata ed è stata rafforzata da Anguissa, un’operazione che conferma che si possono fare investimenti importanti senza svenarsi ma studiando con attenzione il mercato. E poi è esploso Osimhen, motivato dai tre gol di fila, come conferma il suo post sui social di ieri: «Metto l’anima e la mia mente al 100 per 100: non fallirò».
Negli anni di Sarri fu perso il duello con la Juve - la vera Juve - soprattutto sul piano psicologico perché gli azzurri non ressero al confronto a distanza, tra anticipi e posticipi, sorpassi e controsorpassi nei week-end. E, quando riuscirono a portarsi a una lunghezza, crollarono.
È la terza consecutiva trasferta per la squadra tra campionato ed Europa League. E per Spalletti un nuovo amarcord perché subì con la Samp l’unica retrocessione della sua carriera nel 1999. A Luciano spetta il compito di “allenare” anche gli umori di una piazza con cui è entrato in sintonia e non per i suoi slogan accattivanti. Era questo il Napoli che volevano rivedere i tifosi: sfrontato (come i suoi leader Koulibaly e Insigne), bene organizzato in campo (provvidenziale l’innesto di Anguissa che ha dato a Fabian libertà di pensiero e azione), in grado di riprendere quel filo che si era interrotto nell’ultima partita al Maradona dopo un clamoroso recupero effettuato da Gattuso (aggiungendo i successi esterni di Spalletti a quelli di Rino si arriva a 8 consecutivi). C’è un impianto base, con un moderato turnover - stavolta è il turno di Zielinski - e un impiego costante delle riserve. Ci sono anche due dati a testimoniare la qualità del gioco del Napoli: è la squadra che ha effettuato più tiri (66) in quattro partite e ha una percentuale molto alta (89 per cento) di passaggi riusciti.