Napoli: officina-anticamorra, lo sfratto non ci sarà

Napoli: officina-anticamorra, lo sfratto non ci sarà
di Giuliana Covella
Mercoledì 6 Novembre 2019, 00:00
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«L’Officina delle culture “Gelsomina Verde” di Scampìa non sarà sfrattata». A dirlo è il Comune di Napoli. Dopo il disperato appello delle 400 donne, dei 15 detenuti in affidamento e dei 220 minori che ogni giorno frequentano la struttura di via Antonio Ghisleri, da Palazzo San Giacomo arrivano rassicurazioni sull’ipotesi sgombero per far posto a un deposito dell’Asìa. In realtà, come aveva sottolineato Ciro Corona, presidente dell’associazione Resistenza anticamorra e coordinatore del polo socio-culturale intitolato a Gelsomina Verde, «finora non c’è stato nessun atto ufficiale da parte dell’amministrazione, ma di fatto siamo abusivi da circa un anno». Il motivo? A gennaio 2019 è scaduto il contratto per le associazioni che utilizzano la sede per attività sportive, laboratorio di informatica, sala di musica, teatro e doposcuola. Da qui il timore espresso dagli utenti che la struttura chiuderà i battenti, perché il Comune (che nel 2012 aveva dato l’immobile in comodato d’uso gratuito per sei anni all’associazione Resistenza anticamorra per farne un polo per le associazioni e una comunità alloggio per minori dell’area penale) nel 2015 ha affidato la sede all’Asìa (per sopperire a un buco di bilancio). Ma l’assessore con delega al Patrimonio e ai Giovani Alessandra Clemente, in un’intervista diffusa ieri sera sul canale Youtube, assicura: «Non ci sarà nessuno sfratto». A darle man forte Rosario Andreozzi, capogruppo Dema in Consiglio comunale: «In quella struttura è stato fatto un investimento politico-amministrativo dal Comune e dal sindaco Luigi de Magistris. Impensabile chiuderla». 

«Sei anni fa in un territorio come Scampìa abbiamo voluto credere che una scuola abbandonata (l’ex Ipia di Miano al Lotto P5) potesse e dovesse essere dedicata a una giovane vittima di camorra come Gelsomina Verde, di quel quartiere». Queste le parole di Alessandra Clemente, che ha parlato dell’Officina delle culture nel corso della trasmissione “Salotto Napolitivù” condotta da Francesca Scognamiglio, in onda stasera alle 19.30. «Mina aveva solo 22 anni quando è stata uccisa da innocente per dinamiche legate alla faida di Scampìa - ha detto la Clemente - e in quel luogo che porta il suo nome è nata una progettualità che nel tempo è cresciuta e oggi vede una decina di associazioni in rete dare vita a una vera e propria casa e ad opportunità di riscatto, che assolutamente il Comune non vuole sfrattare». «Ma - aggiunge l’assessore - poiché sono scaduti i sei anni, adesso dobbiamo scrivere e cucire un nuovo abito per una realtà che, se prima vedeva una sola associazione come riferimento, adesso ne vede tante rivedersi in quell’obiettivo su Scampìa. Con grande soddisfazione due sere fa sono andata a trovare le realtà che operano in quella struttura che, dal karate al fitness, fanno un lavoro meritorio. Abbiamo perciò il dovere di confermare una scelta che già nel passato il Comune aveva fatto». 

Intanto da Rosario Andreozzi, capogruppo Dema in Consiglio comunale arriva un’ulteriore conferma: «Si tratta solo di un pasticcio burocratico, poiché nel 2015 il Consiglio comunale approvò un atto con cui cedeva l’immobile ad Asìa. Un mero errore sia da parte dell’allora dirigente al patrimonio che dei 48 consiglieri che sedevano tra i banchi, che per assurdo non si sono “accorti” che la sede era già stata data dal Comune all’associazione Resistenza anticamorra». L’idea di Palazzo San Giacomo è quella di «costruire un “condominio” - aggiunge Andreozzi - stipulando un protocollo d’intesa con tutte e 13 le associazioni dell’Officina e il Comune, per dare una nuova forma giuridica a quelle realtà e permettere loro di aprirsi ancora di più alle fasce deboli del territorio».
 
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