Gli affari neri dei clan sulla pelle degli anziani

di Antonio Mattone
Venerdì 8 Novembre 2019, 00:00
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Miniappartamenti comunali destinati agli anziani occupati abusivamente da esponenti dei clan che, contemporaneamente, imponevano il racket ai pizzaioli e ai negozianti del Centro storico.
Il blitz che polizia e carabinieri hanno portato a termine nel ritiro di San Nicola al Nilo per cominciare a liberare gli alloggi, fa emergere due aspetti, entrambi decisivi per la vita e il futuro della città: la camorra che si infiltra nel tessuto abitativo della Napoli storica e turistica in una struttura che l’amministrazione comunale avrebbe dovuto gestire e proteggere e il grande disinteresse per la vita degli anziani.

È sotto gli occhi di tutti la pressione esercitata dalla malavita nella tanto decantata e visitata città d’arte, a cominciare dalle piazze controllate dai parcheggiatori abusivi, fino ai cantieri dove si fermano i lavori se non si paga il pizzo, come è accaduto a via Marina. Tuttavia, c’è una questione che sta diventando epocale e di cui si parla troppo poco, la condizione di isolamento e povertà degli anziani.
Stanno diventando sempre più irrilevanti, destinati ad un futuro incerto e difficile. Contano ogni giorno di meno pur essendo in continuo aumento. Anche a Napoli, dove hanno sempre goduto del massimo rispetto e sono stati tenuti in grande considerazione. Ma oggi il clima sta cambiando, tanto che Beppe Grillo aveva proposto di togliergli persino il diritto al voto.

La struttura di San Nicola al Nilo fu aperta negli anni della giunta Bassolino. Trenta miniappartamenti destinati a vecchi che sono ancora autosufficienti e che avrebbero potuto continuare la loro esistenza in modo sereno, senza l’angoscia di finire in un ospizio o peggio per strada.

Al di là del numero che può sembrare esiguo, si tratta di una buona pratica, un modello che si poteva replicare altrove e che metteva al centro la condizione degli anziani. L’incuria e la mancanza di controlli hanno fatto si che sedici di queste abitazioni fossero occupate da persone che non ne avevano diritto.
C’è da chiedersi: dov’erano i funzionari e gli assistenti sociali che avrebbero dovuto vigilare su una struttura protetta, abitata da persone fragili? Perché nel momento del decesso di un occupante legittimo, il miniappartamento non veniva assegnato ad un altro anziano seconda la graduatoria prevista dal regolamento comunale? E come si intende gestire per il futuro questo complesso?
Nella città svilita c’è un decadimento anche delle persone, che riguarda la vita di chi è vecchio, che invece andrebbe sostenuta ed incoraggiata nel momento di maggior debolezza e fragilità.
Oggi gli anziani sembrano essere un peso qualcosa di cui non parlare, persone scartate direbbe papa Francesco, sparite dal dibattito pubblico e con gli aiuti del welfare che sicuramente sono diminuiti, ma che forse potrebbero essere impiegati in modo più efficace.

Al di là della riduzione di budget, bisognerebbe andare a vedere le singole voci con cui sono impegnate le risorse per capire l’andamento dei servizi per la terza età. Ma quello che più colpisce è la mancanza di attenzione e di iniziative pubbliche a favore di chi è avanti negli anni. C’erano una volta le minicrociere, i pony della solidarietà, i soggiorni estivi, i nonni civici, fino alla busta di latte portata a domicilio. Iniziative di poco costo a cui se ne sarebbero potute aggiungere altre, utilizzando le nuove tecnologie. Uno dei pochi eventi messi in campo dal welfare comunale nei mesi scorsi “Nonno ascoltami”, prevedeva che gli anziani si potevano recare in piazza del Plebiscito per misurare l’udito. Una lodevole iniziativa limitata a chi poteva camminare o aveva qualcuno che lo potesse accompagnare. Per il resto il vuoto. Ma chi ascolta oggi il grido di tanti anziani soli, poveri e malati nella nostra città? Perché toglierli anche la speranza di vivere gli ultimi anni della propria esistenza in una casa? Eppure più volte su questo giornale abbiamo segnalato lo scempio del ritiro di San Nicola al Nilo, ma come dice il vecchio detto: «Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire».
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