Napoli, case occupate. L’ira degli abusivi: «Noi come i fantasmi, né residenza né diritti»

Napoli, case occupate. L’ira degli abusivi: «Noi come i fantasmi, né residenza né diritti»
di Adolfo Pappalardo
Giovedì 3 Febbraio 2022, 23:30 - Ultimo agg. 5 Febbraio, 08:49
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Come le Anime morte di Gogol. Anzi peggio, perché quelli un straccio di documento, anche se nella Russia zarista, l’avevano. Qui invece a Napoli, nell’anno 2022, ci sono circa 600 famiglie italiane che non hanno documenti di alcun tipo. Perché non hanno una residenza. Che, tradotto, vuol dire niente carta d’identità, codice fiscale, o altro. Niente. E vuol dire non avere diritto ad un medico o un pediatria per i tuoi figli. E anche ad un asilo non puoi iscriverti. Senza contare chi si sposa e, carte alla mano, non convive sotto lo stesso tetto. E nemmeno, a breve, avrà diritto alla misura del reddito universale appena varato. 

«Peggio degli immigrati clandestini», dicono. Ora, chiariamolo subito, sono persone che hanno occupato da anni case di edilizia pubblica senza averne alcun titolo. Alcuni pagheranno pure pigioni e bollette ma sempre occupanti abusivi sono. Ma chiedono, come avviene anche in molti comuni, una residenza di prossimità che attesti solo il luogo in cui si vive.

Senza poter accampare titoli o diritti ma per accedere ai servizi minimi come accadeva sino a qualche anno fa. Ora il paradosso: chi occupa le case popolari del Comune di Napoli ottiene questa residenza, chi quelle degli ex Iacp regionali (ora Acer) no. E capita pure che in una stessa via convivano uno accanto agli altri. Chi ha un medico, chi no. Chi ha un codice fiscale chi no. Come a Barra o Ponticelli.

Ma accade in tutti i quartieri popolari di Napoli dove insistono, vicino, alloggi comunali e quelli regionale dell’Acer che da due anni ha preso alla lettera il piano casa 2014 che blocca le residenze. 

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«Siamo in tre senza documenti. Niente. Io e le mie due figlie di 17 e 21 anni», spiega Angela Domigno, 50 anni che abita a rione Santa Rosa vecchio di Barra. Fantasmi tutti e tre. «Occupo la casa dal 2015 ma due anni fa, scaduta la carta d’identità, non l’ho potuta più rinnovare. Non esisto per nessuno, nemmeno per i medici. Poi aggiunge: «Ho avuto pure il Covid e non esistevo nemmeno come positiva». E per curarsi, per le medicine? «Amici, parenti che mi danno una mano». Perché poi funziona così. Se stai male, racconti tutto a qualcuno e questi fa da tramite al telefono per il medico e prescrive a lui le medicine. «Se le segnano a nome loro», aggiunge. E quando non ci sono parenti, si spera in qualcuno che dia una mano. Come Luisa Igea, battagliera presidente del comitato inquilini di rione Santa Rosa vecchio a Ponticelli, che procura a volte un medico, a volte un tampone. Quello che serve. «Altrimenti non esistono. E non è giusto», dice lei che danni vive qui. Ma non è un’abusiva: «Da anni sollecitiamo si faccia qualcosa. Ma mentre il Comune non fa problemi con le residenze, all’Acer, dal 2019, con i nuovi vertici si è eretto un muro. Niente da fare». 

Mentre eventuali assegnazioni regolari sono comunque impossibili: l’ultimo bando è del 2009 e da allora le graduatorie non sono aggiornate. Lo sanno tutti. E, quindi, o occupi, tenti un subentro o niente. E la camorra o il malaffare, lo dicono le inchieste, incassa provvigioni con questo mercato immobiliare abusivo. Che non esita a mettere sul mercato anche case assegnate legittimamente. 

«Io vivo a casa di mio cognato che è un camionista e spesso sta fuori. Vivo lì anche per evitare che tra un’assenza ed un’altra la casa venga occupata», spiega Anna Migliaccio, con un lavoro in una società che lavora con le poste italiane. «Vivo in un limbo». In che senso? «Ufficialmente risiedo da mio padre ma la mia compagna, con cui sono regolarmente sposata, non ha la residenza. Siamo sposate regolarmente ma lei non ha documenti e non possiamo nemmeno registrare l’unione civile: lo trovo moralmente degradante». Che poi mica è l’unico caso. Marianna Scarpati, giovane sposa e madre per la nascita della prima figlia (che ora ha 14 mesi) è entrata praticamente in incubo. Attualmente non risulta convivente del marito e nemmeno ha la residenza a Barra come lui, anche se è un occupante abusivo da quasi 10 anni. Cioé il marito sì, lei no. «Me ne sono accorta quando dovevo essere dimessa dall’ospedale: la bimba segue la residenza della madre. Ma quale? Ho dovuto fare una residenza temporanea da uno zio altrimenti i servizi sociali mi portavano pure via la bambina. Nemmeno a lei le riconoscono la residenza con il padre». E, quindi, questa giovane mamma è costretta ogni due-tre mesi a chiedere a qualche parente di inserire lei e la famiglia nel loro stato di famiglia pure di avere un medico. «Ma dopo qualche mese, chiaramente, non posso pesare più sui parenti». Senza contare che il pediatra una volta è a Torre, un’altra magari a Pompei e qualche mese fa se non fosse stato per il buon cuore di un medico dell’Ospedale del mare, una volta curata la figlia per un’emergenza, non gliel’avrebbero fatta riportare a casa. «Non possiamo avere un Isee, non possiamo avere un contributo bebé e tra un po’ nemmeno un asilo per mia figlia: come potrei trovare mai un lavoro?». Ma non è l’unico caso isolato se un’altra signora, Emilia Orlando, si ritrova con due gemelline di tre anni che pure risultano senza documenti come la madre e non hanno diritto ad un asilo pubblico. Fantasmi anche loro. 

«Questa situazione è nota al Comune che sanno pure, da nostre informazioni, come in questa situazione, ci sono circa 600 famiglie, allocate tra Barra, San Giovanni e Ponticelli per la stragrande maggioranza», spiega Aniello De Michele, ex Cgil e ora segretario della Sila-Federinquilini che cerca di occuparsi di questo problema. «Nessuno chiede sanatorie o vie preferenziali per l’assegnazione futura di alloggi ma solo una residenza di prossimità che garantisca i documenti. Per avere un medico o cercare un lavoro. Per fare in modo che esistano. Anche perché in molti casi parliamo di famiglie che pagano canoni e utenze. E spesso non possono ricongiungersi con gli stessi familiari». Ad esempio se il figlio di un vecchio occupante abusivo trasferisce altrove la sua residenza e poi, come è già successo, deve tornare a casa non può più registrarsi. Diventando un fantasma. Ma dipende dove hai la fortuna di stare. «A via Madonnelle a Ponticelli se vivi nelle palazzine Ex Icis del Comune hai la residenza, se sul marciapiedi di fronte negli alloggi Acer non hai diritto a nulla». Mentre tutti, quando possono, occupano comunque perché non ci sono graduatorie. «L’ultimo bando è del 2009, era sindaca la Iervolino, e da allora nulla». E quando si libera un appartamento a Napoli è impossibile assegnarlo. Perché non si sa a chi. Da più di dieci anni a questa parte. 
Un paradosso. 
 

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