Il partito dell'inconcludenza ​che non impara dai suoi errori

di Vittorio Del Tufo
Venerdì 5 Marzo 2021, 00:00 - Ultimo agg. 07:00
4 Minuti di Lettura

Ancora una volta non ci resta che scomodare Ionesco, i grandi geni del teatro dell’assurdo, o più semplicemente il mitico Tafazzi, per descrivere l’ennesimo capolavoro inanellato dai vertici del centrosinistra napoletano: convocare una mega-riunione allargata ai Cinquestelle per trovare una sintesi sul nome del candidato sindaco, dichiarare ai cronisti (a denti stretti, in realtà, e con un certo imbarazzo) che «c’è grande entusiasmo» perché il «percorso unitario» prosegue con «spirito costruttivo» e dopo poche ore ricominciare a prendersi a sberle, sbranandosi a vicenda come lupi. E prolungando così, fino allo sfinimento, quegli esercizi estremi di masochismo cominciati con il pasticcio primarie del 2011. Nulla di nuovo sotto il sole: il solito centrosinistra che fa più casino di una riunione di condominio, rissaiolo e inconcludente, che rischia di arrivare confuso e infelice - e soprattutto diviso - all’appuntamento con il voto per eleggere il nuovo sindaco di Napoli.

Così, mentre De Luca evoca un «candidato civico» di cui al momento non si ravvisano tracce, il Pd (che a livello nazionale è allo sbando dopo le dimissioni annunciate di Zingaretti) si spacca in modo forse irreversibile sul nome di Roberto Fico, presidente della Camera. Altro che spirito costruttivo: siamo ai materassi. Al segretario dem Sarracino è bastato tessere le lodi di Fico al termine della riunione di coalizione («Figura autorevole e dal grande consenso popolare») per incassare un attacco durissimo da parte di Fulvio Bonavitacola, numero due del governatore e capitano dei deluchiani. Devono essersi capiti male durante il vertice, perché mentre Sarracino, con una buona parte del Pd, considera Fico il candidato meno divisivo e dunque il cavallo di razza su cui puntare per il dopo De Magistris, per De Luca la minestra continua a essere più indigesta di un piatto di ortiche.

«Nella riunione - la ricostruzione di Bonavitacola - si era deciso tutt’altro. Partire dalla coalizione vincente alle regionali, definire i punti programmatici per poi aprirsi ad altre forze disponibili a condividere tale programma. Ne ricavo una evidente e grave scorrettezza politica. Sarracino è inaffidabile». Saluti e baci.

Il popolo del centrosinistra assiste con un certo sconcerto all’ennesimo teatrino. In attesa che qualche Mago Zurlì tiri fuori dal cilindro un nome forte, vincente e che non rischi di essere impallinato il giorno dopo dagli “alleati”, alla coalizione che vorrebbe riprendersi il Comune non resta che accendere un lume alla decisione, presa ieri dal governo, di rinviare il voto per le amministrative al prossimo autunno.

Un ottimo modo per guadagnare altro tempo, dopo averne sprecato già parecchio, in questi mesi, nel tentativo di depotenziare i candidati già scesi in campo, come l’ex sindaco Bassolino, e quelli in procinto di farlo, come il pm anticamorra Catello Maresca, candidato in pectore in area centrodestra. Intanto, per dire, Bassolino macina chilometri in giro per la città e 600 attori, artisti e intellettuali firmano a favore della candidatura di Sergio D’Angelo, presidente della Gesco ed ex assessore.

Chissà se il tempo che manca, con un Pd sempre più balcanizzato da Roma a Napoli, verrà impiegato a tirare fuori un’idea di futuro per la città, e un nome in grado di interpretare questa idea, o a litigare ancora e ancora e ancora. Ma dietro l’indecisionismo dello schieramento di centrosinistra si nasconde un conflitto all’apparenza insanabile. Il conflitto tra chi vorrebbe applicare sul territorio lo schema delle alleanze romane, di fatto scegliendo il candidato sulla base di calcoli politici nazionali (peraltro tutti da rivedere, dopo l’annuncio choc di Zingaretti) e chi vorrebbe «decidere a Napoli» partendo dalla coalizione vincente alle regionali. Hanno ragione De Luca e i deluchiani quando affermano che gli interessi della città non possono essere subordinati ai giochi politici romani. E ci mancherebbe: la posta in palio è troppo importante, soprattutto dopo questa lunghissima stagione nella quale Napoli è stata, di fatto, disamministrata. Ma alle dichiarazioni di principio devono seguire idee concrete e nomi vincenti: la tecnica dilatoria, alla lunga, non paga, anzi rischia solo di favorire gli avversari.

È noto che l’identikit del candidato ideale per De Luca corrisponde a quello dell’ex ministro ed ex rettore Gaetano Manfredi, il quale, tuttavia, continua a respingere il pressing. Così i veti incrociati rischiano di spingere l’asse Pd-M5S in un cul de sac. Dieci anni di (timida) opposizione al governo cittadino di De Magistris non sono bastati al centrosinistra - soprattutto al Pd - per far tesoro degli errori del passato, per superare i vecchi schemi, per liberarsi dei vecchi rituali, per scrollarsi di dosso le vecchie incrostazioni. Il rischio per il centrosinistra, continuando di questo passo, è quello di non arrivare nemmeno al ballottaggio.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA