Napoli, record di chiese e palazzi sfregiati da Villa Ebe agli Incurabili: «La nostra storia calpestata»

Napoli, record di chiese e palazzi sfregiati da Villa Ebe agli Incurabili: «La nostra storia calpestata»
di Paolo Barbuto
Venerdì 7 Maggio 2021, 23:30 - Ultimo agg. 8 Maggio, 18:38
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Sollevare gli occhi verso un edificio storico e scoprirlo nel degrado provoca rabbia, alzare lo sguardo su una chiesa antica e vederla mezza crollata causa dolore, scoprire dietro una cortina di ferro ondulato i resti di un’avveniristica stazione di filovia genera disagio e disperazione. Accade a Napoli, accade in ogni quartiere, succede a edifici di proprietà pubblica e privata perché degrado e abbandono non sono appannaggio di una categoria precisa di proprietari.

Purtroppo abbiamo decine di racconti tormentati da proporvi, eppure abbiamo deciso di iniziare da una vicenda che sta per trovare un lieto fine: è la nostra maniera per spiegare che, forse, una luce in fondo al tunnel c’è. 

Vi presentiamo la storia della chiesa di Santa Maria Stella Maris che si trova in piazzetta del Grande Archivio. È l’unico esempio di struttura napoletana nata con forma neogotica; altre ce ne sono, ma si tratta di rifacimenti: questa, invece, è nata con quelle meravigliose forme all’inizio del secolo scorso.

Quella chiesetta ha avuto vita difficile, nel dopoguerra è lentamente finita in abbandono finché, negli anni ‘80 qualcuno forzò l’antico portoncino e iniziò ad utilizzare la chiesa come deposito di detersivi. Poi col tempo si decise anche di ampliare gli spazi costruendo un soppalco di cemento con travi che hanno sfondato i muri e disgregato le pitture.

Però poi un giorno quella chiesetta ha incrociato la strada con Giuseppe Serroni, napoletano innamorato della città e deciso a restituirle l’antico splendore. Serroni che è al vertice dell’associazione “Sedili di Napoli” s’è messo in testa di ristrutturare Santa Maria Stella Maris, dopo qualche anno è riuscito ad ottenere la concessione e sta per dare il via a lavori di ristrutturazione autofinanziati che cancelleranno l’abuso e riporteranno l’antico splendore in quel luogo. 

Per una storia a lieto fine ce ne sono decine che finiscono male. L’antico ritiro di Santa Maria ad Agnone, edificato prima dell’anno mille con una chiesetta che affaccia sulla famigerata via Oronzio Costa, è stato lasciato al degrado per decenni dal Comune che ne detiene la proprietà. La chiesa lentamente è crollata ma in uno degli ingressi laterali salvato dai cedimenti e sfondato, qualche anno fa la polizia trovò un garage per ciclomotori. 

Gli accessi di abusivi nei luoghi abbandonati sono un’abitudine consolidata. Sono occupate tante delle strutture produttive dismesse nella zona alle spalle del parcheggio Brin; per decenni i resti di villa Ebe a Pizzofalcone sono stati occupati da una coppia di polacchi; ci sono stati accessi vietati perfino alla stazione superiore, oggi a un passo dal crollo, della funivia che un tempo collegava la Mostra d’Oltremare con via Manzoni. Viene costantemente violato anche lo storico edificio dell’ex Centrale del Latte al Corso Malta per il quale, qualche settimana fa, è stata proposta una raccolta di firme per evitare che nuovi disperati potessero introdursi e trovare casa in mezzo a quei ruderi.

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Impossibile, invece, trovare ospitalità nel rudere più importante della città di Napoli: si trova al Corso Garibaldi ed è completamente avvolto, sul lato della strada, dalla vegetazione incolta. Si tratta di quel che resta della stazione ferroviaria “Bayard” (dal nome dell’architetto che la disegnò), è la stazione dalla quale partiva il treno Napoli-Portici, la prima tratta ferroviaria italiana. Dovrebbe essere un luogo-simbolo dell’intera nazione, è semplicemente un pericoloso rudere che tra poco verrà giù definitivamente.

Finché sono i disperati a invadere le strutture storiche in abbandono, c’è una spiegazione: si tratta di invasioni dettate dalla disperazione e dalla necessità di trovare riparo. Quando, invece, la storia viene violata per tornaconto personale, allora la rabbia monta davvero prepotente. 

Risale al 2013 l’eclatante episodio di un abuso commesso alla Certosa di San Martino dall’allora soprintendente: aveva costruito una struttura in legno sul tetto della Certosa per custodire gli strumenti utili a gestire un orto in vasi che aveva realizzato in cima a quel luogo-simbolo della città.

Poi ci sono gli abusi che devastano. Di recente c’è stata la definitiva certezza che il crollo del pavimento della chiesa di Santa Maria del Popolo agli Incurabili, nel 2019, è stato causato da lavori abusivi realizzati al di sotto della struttura. Avevano scavato per ampliare un garage dal vicolo retrostante e quegli scavi hanno tolto il sostegno alla chiesa. Il crollo trascinò tra le macerie anche il sepolcro di Maria D’Ayerba, cofondatrice dell’ ospedale degli Incurabili, le ossa sono state solo in parte recuperate in mezzo alle macerie.

Abusi in strutture storiche e vincolate sono all’ordine del giorno: nel 2019 fu scoperto un terrazzo abusivo su un palazzo vincolato a Chiaia. L’anno prima gli agenti della polizia municipale scoprirono la realizzazione di costruzioni abusive all’interno dello storico palazzo Sanfelice, alla Sanità. Gli agenti provarono a entrare nel giardino pensile che si trova nel retro dell’antico edificio e notarono che, tra le essenze storiche e rare, qualcuno aveva iniziato a costruire manufatti in cemento privi (ovviamente) di qualsiasi autorizzazione e in spregio alle più elementari norme di sicurezza. Del resto lì dietro in quegli 800 metri quadri di giardino c’era tanto spazio, perché non utilizzarne un pochino?

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