I complici sottobanco del flop di de Magistris

di Adolfo Scotto di Luzio
Domenica 8 Novembre 2020, 00:00
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Gli alibi sono finiti e le prossime sedute del Consiglio comunale di Napoli saranno decisive per assestare il colpo finale alla peggiore esperienza amministrativa che la città abbia conosciuto negli ultimi decenni. Luigi de Magistris si regge da tempo su una maggioranza che non potendo più fare affidamento sulle sue componenti costitutive è costretta a raccogliere l’appoggio innaturale di una parte dell’opposizione e di chiunque ci stia. E così, il partito che per ben due volte ha sfidato in campo aperto il sindaco, ricevendone puntualmente una sonora sconfitta, Forza Italia, relegato per questo nei banchi della minoranza e tuttavia incapace di rappresentare davanti alla città le ragioni di un’alternativa credibile, ha deciso di sfaldarsi per effetto di quel gioco irresistibile degli accordi sottobanco in cui da sempre eccellono le mezze tacche di ogni colore. Nei prossimi giorni de Magistris si presenterà davanti al Consiglio per ottenere i voti sul bilancio, la più importante delle circostanze di una giunta e del suo capo; la più decisiva per decretarne le sorti.

Delle poche occasioni che la normativa attualmente vigente offre per obbligare un sindaco alle dimissioni, sicuramente quella rappresentata dal voto sul bilancio è la più importante. Non so cosa faranno gli ascari locali, ma sarà interessante capire se la determinazione di una figura di ben altro rilievo come quella dell’onorevole Mara Carfagna sarà tale da ottenere che i suoi fin troppo solerti e soccorrevoli compagni di partito sappiano stare nei ranghi di una decisione presa. Certo Forza Italia non è l’unica sigla di quel variegato mondo di micro raggruppamenti e spesso di singole individualità in cui è, più che frammentata, polverizzata attualmente la rappresentanza cittadina in Consiglio comunale.

Il discorso fatto per ciò che resta di una qualche parvenza della destra napoletana, vale (ma con quale possibilità di ascolto?) anche per gli altri. Per tutti quelli pronti a raccogliersi dietro l’impudico argomento dei superiori interessi della città disperatamente sbandierato in queste ore dal sindaco de Magistris. Non ha più alibi nemmeno il Partito democratico, che negli ultimi mesi si è trincerato dietro la scusa della sua irrilevanza numerica in seno al Consiglio comunale. Tutto ciò che è stato finora accampato per giustificare inettitudine e complicità smette di valere. Non è colpa dei seguaci di De Luca, non di quelli che sono schierati con il segretario o con il presidente del partito. Non è colpa nemmeno dei tanti transfughi, di Italia viva e dei raggruppamenti civici: oggi la posta in gioco è un pronunciamento chiaro sull’esperienza di questa sindacatura nell’unico modo concesso alle forze politiche in seno all’assemblea cittadina: il voto sul bilancio.

Pensare di poter vendere all’opinione pubblica napoletana la fandonia che un commissario prefettizio in questa fase sarebbe una iattura per la città significa insultare l’intelligenza degli elettori.

Dietro questa scusa si manifesta soltanto il terrore di un sottobosco politico locale di vedere lacerarsi - per effetto del crollo di un sindaco così debole da essere costretto a negoziare con chiunque - quella ragnatela di accordi e accordicchi di cui vive la palude politica napoletana. Che poi si dica che la caduta del sindaco è tale da compromettere gravemente la qualità dei servizi cittadini e perciò stesso da evitarsi è impudico per quanto è ridicolo. Le condizioni in cui versa Napoli sono sotto gli occhi di tutti. Il degrado del tessuto che sostiene la vita quotidiana dei cittadini, dalla pulizia delle strade alla condizione dei trasporti pubblici, è ad uno stadio così avanzato che la separazione del corpo della città da chi l’ha governata ininterrottamente da dieci anni a questa parte costituisce un fatto minimo di igiene politica.

Napoli ha una estrema urgenza di chiudere con Luigi de Magistris. Con la sua stagione verbosa e inconcludente in cui la città ha dovuto affrontare e affronta un periodo difficilissimo, tra crisi economica ed emergenza sanitaria, in un vuoto spaventoso di rappresentanza politica e di intelligenza pubblica. Mai come in questa fase delicata della nostra vicenda civile sarebbe stato necessario che al governo di Napoli fosse insediata una classe dirigente capace di esercitare il suo ruolo politico e intellettuale restituendo alla città il senso della propria identità e dei propri compiti, curando l’efficienza della macchina amministrativa, la produttività dei servizi, l’agibilità delle infrastrutture urbane. Niente di tutto questo è a accaduto. Al suo posto che cosa abbiamo avuto? Una boriosa inconcludenza, una scomposta vocazione anti istituzionale, una deprimente impoliticità che hanno finito per isolare Napoli nel più desolante dei suoi stereotipi. Visti i tempi, meno gioioso e meno divertente del solito. Per chi se lo fosse dimenticato, de Magistris è il sindaco della “flotta” che doveva partire per salvare i migranti e che si risolse in un giro di barca tra Castel dell’Ovo e la rotonda Diaz, finita a vino e spaghetti a vongole. È quello di una imbarazzante lettera video indirizzata all’attore hollywoodiano Al Pacino. Il sindaco sospeso che riunì la sua giunta in una pizzeria a Chiaiano e mi fermo qui per carità di patria. 

Per questo è finito il tempo degli alibi. E con de Magistris ad essere giudicati saranno anche quanti ne hanno puntualmente soccorso il traballante carrozzone politico in questi anni. Vedremo nei prossimi giorni se è arrivato finalmente il momento della responsabilità o se ancora una volta dovremo contare il numero dei complici.

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