Un caravanserraglio da togliere il respiro, altro che politica di profilo, di ragionamenti alti per Napoli, l’unica cosa certa ieri nella perduta solennità della Sala dei Baroni è stato l’effetto Bostik. Vale a dire che nessuno degli eletti del popolo è intenzionato a lasciare lo scranno da consigliere comunale prima del tempo. L’unico momento davvero alto è stato quelle delle 5 commemorazioni per i tanti amici della città che questo 2020 si è portato via: da Diego Armando Maradona al professor Mario Santangelo. Così, la seduta decisiva per l’approvazione del bilancio - con il sindaco Luigi de Magistris senza maggioranza appeso a un filo, quello azzurro di Forza Italia prima e poi anche quello del Pd - si è trasformata in una stucchevole melina e dunque in una maratona iniziata alle nove e finita a notte fonda. Dove ciascuno dei consiglieri si è esercitato nel trovare un collega che poteva essere additato quale «salvatore» dell’ex pm, mai come ieri alla canna del gas e in balia degli eventi: doveva fare la rivoluzione ma la sua avventura a Palazzo San Giacomo è finita col mercanteggiare un voto o due per salvare la poltrona che non basta per salvargli la faccia.
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Uno stillicidio, tanto che uno dei capigruppo dei partititi delle opposizioni si è lasciato sfuggire - quando ha visto che una bella consigliera annunciava di «tornarsene a casa e di tornare forse più tardi» si è lasciato scappare una frase che fotografa bene il clima: «Magari non torna più così almeno non danno la colpa a noi se de Magistris si salva».
La sostanza è che il tema tra le opposizioni è uno solo: uscire puliti da una vicenda politica ammorbante per la terza d’Italia città allo sbando dopo almeno 7 anni di mancata amministrazione della flottiglia arancione. Una melina così spinta che a un certo punto c’è stato chi ha chiamato il numero legale - Matteo Brambilla del M5S - per verificare i numeri della maggioranza, unico atto veramente politico. E gli arancioni - con il supporto di Mimmo Palmieri (Napoli popolare), Salvatore Guangi (Fi) e Anna Ulleto (Gruppo misto) - hanno tenuto botta. Di più, al primo voto vero sul bilancio, cioè quello sul Dup (Documento unico di programmazione) de Magistris e i suoi lo hanno portato a casa perchè dall’Aula sono mancati tutti quelli del Pd «impegnati in una riunione di partito».
Melina, dunque che ha portato a una sospensione della seduta perché sono comparsi decine di emendamenti e mancavano i pareri dei Revisori. Perchè a pesare è la questione politica, cioè chi aiuta de Magistris: fari puntati su Fi - sotto la spinta dei dirigenti Fulvio Martusciello e Stefano Caldoro il cui urlo è stato: «Non dobbiamo fare un favore a De Luca mandando a casa prima del tempo de Magistris». Ma in Fi il partito è diviso così per il capogruppo Stanislao Lanzotti, il subentrante a Mara Carfagna Armando Coppola e Salvatore Guangi la maratona notturna si è trasformata in una tortura. I numeri sono questi: 19 con il sindaco e altrettanti per le opposizioni e con il pareggio il bilancio non passa. A de Magistris serve un voto a favore o una defaillance nelle opposizioni per farla franca. E il peso è tutto su Fi che da sempre ha detto no al commissariamento. Guangi è disposto a sfilarsi ma ne serve almeno un altro per noin sciogliere il Consiglio. Tormenti che hanno attraversato anche il Pd fino a quando non è iniziata a filtrare una possibilità di accordo con l’ex pm, i consiglieri dem hanno incontrato il sindaco, ma il segretario metropolitano Marco Sarracino no, il segnale che la trattativa è durata un battito d’ali di farfalla.
GLI UMORI
De Magistris prima di arrivare al Maschio Angioino ha fatto un passaggio a Radio Crc dove è stato chiaro: «In Consiglio vedo da una parte un atteggiamento di responsabilità, maturità e amore per la città, dall’altra parte in alcuni vedo posizioni che hanno poco di politico e molto anche di personale. Vedo dinamiche eterodirette».