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Napoli, Stefania dona un rene alla mamma: «Ho promesso di portarla a Parigi»

di Giuliana Covella
Articolo riservato agli abbonati
Sabato 20 Agosto 2022, 00:00 - Ultimo agg. : 17:23
4 Minuti di Lettura

«L’ho fatto per salvarle la vita». Stefania Cinque, 34 anni tra un mese, spiega così il suo atto d’amore nei confronti della madre Patrizia Argenio, 54 anni, affetta da una malattia congenita ed ereditaria, a cui ha donato un rene. Una storia di buona sanità, che arriva da Napoli e dalla Campania. Protagoniste madre e figlia di Giugliano, assistite dall’equipe dell’azienda ospedaliera universitaria Federico II dedicata ai trapianti di rene e guidata da Roberto Troisi, che lunedì scorso ha effettuato l’operazione, insieme a Roberto Montalti, con un’innovativa tecnica robotica. Il prelievo del rene è avvenuto, infatti, utilizzando la chirurgia mininvasiva robotica che consente una maggiore precisione chirurgica, una riduzione del dolore post-operatorio e dei tempi di degenza e recupero funzionale. Madre e figlia stanno bene e sono già state dimesse: solo due giorni di degenza per la donatrice, sei per la ricevente che potrà evitare di sottoporsi alle lunghe sedute di dialisi che segnano il percorso dei pazienti con insufficienza renale cronica. 

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Da bambina aveva vissuto il calvario della nonna materna costretta a fare dialisi per 15 anni. Per questo meno di una settimana fa ha deciso che sua madre non dovesse più soffrire. A raccontarlo è lei stessa: «Nel 2015 dopo un’infezione al rene e febbre continua mamma aveva scoperto la sua malattia. Fino all’ultimo anno, quando c’è stato un peggioramento e si è reso necessario il trapianto». Mai nessuna paura né ripensamenti per Stefania: «Le ho fatto una promessa, che avrebbe cioè riavuto una vita normale e dovevo mantenerla». Così dopo un intervento di nefrectomia che Patrizia ha dovuto subire e dopo il Covid di cui si era ammalata la figlia, che avevano rallentato esami e cure, si è deciso per l’intervento. Oggi le due donne sono convalescenti a casa e serene. «Sono ancora emotivamente provata - racconta la madre, rimasta vedova a 24 anni - perché la mia preoccupazione maggiore erano eventuali complicanze per mia figlia. Invece devo fare un elogio al team di Troisi che ci ha sostenute nei momenti difficili con tanta umanità. Volevo evitare a Stefania l’incubo a cui aveva assistito tante volte da piccola con la nonna che entrava e usciva dagli ospedali a Natale e a Ferragosto per sottoporsi alla dialisi». Ora ad attendere madre e figlia dopo la convalescenza un viaggio in Francia: «il suo desiderio è vedere la Torre Eiffel e per lei manterrò anche questa promessa», dice sorridendo Stefania. 

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Un intervento innovativo che consente di ridurre i cosiddetti viaggi della speranza, quello cui si sono sottoposte Stefania e Patrizia. «Grazie all’approccio robotico i rischi per il donatore sono minimi - spiega Troisi - Il dolore post operatorio è davvero lieve e il donatore si alimenta nella giornata stessa. In sintesi questa tecnologia permette di eseguire interventi ad elevata complessità con estrema precisione migliorando ulteriormente l’impatto fisico». Solo pochi centri in Italia eseguono con tecnica mininvasiva robotica il trapianto di rene e presso la Federico II, dall’inizio dell’anno, ne sono stati eseguiti 6, evitando così a molti pazienti campani, anche nel prossimo futuro, di doversi recare fuori regione. «Il trapianto di rene da donatore vivente è l’opzione migliore rispetto al donatore con morte cerebrale - aggiunge - in quanto riduce sensibilmente costi sociali, danni e sofferenze della dialisi permettendo al ricevente di avere un organo perfetto, garantito al 100% con una funzionalità ottimale, sia a breve che a lungo termine». 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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