Disco rosso, come il colore di quelle maglie che avrebbero dovuto portare fortuna al Napoli anche in Coppa Italia dopo i 4 punti in campionato. E invece la storia in questa competizione termina dopo 120’, 5 gol presi dalla Fiorentina (accede ai quarti con pieno merito), due espulsi e interrogativi su alcune scelte di Spalletti, come il cambio Juan Jesus-Petagna all’inizio del primo tempo supplementare: sul 2-2 la squadra non è riuscita a proteggersi meglio per tentare di arrivare ai rigori - sarebbe stata un’impresa in 9 contro 10 - ma ha incassato tre reti da un avversario rivelatosi straripante.
Napoli mediocre, quanto l’arbitro Ayroldi, che ha commesso una marea di errori. Alla terza partita in otto giorni è crollato sul piano mentale e fisico, dopo il bel pareggio contro la Juve e la vittoria sulla Samp. Proprio nella gara in cui la panchina si era allungata, con i rientri di Meret, Lozano e Malcuit, tutti schierati da Spalletti. Il portiere, sostituto dell’infortunato Ospina, è stato deludente; peggio ha fatto il messicano, che dopo aver centrato il palo si è fatto espellere a sette minuti dalla fine del secondo tempo, sull’1-2. Ed è poi arrivato il rosso per Fabian. Ci ha messo una pezza Petagna, in pieno recupero, ma non è bastato. La Fiorentina ha giocato meglio, pur subendo due rimonte dal Napoli che non ha saputo approfittare del doppio regalo del portiere Dragowski: da un suo errore è partita l’azione del pareggio di Mertens (gol numero 143, bellissimo come tanti altri di questo campione che De Laurentiis, più per ragioni economiche che anagrafiche, congederà a fine stagione) e subito dopo si è fatto espellere per l’intervento fuori area su Elmas. Ma trovarsi in 11 contro 10 non è stato un vantaggio perché la Fiorentina si è riportata avanti con Biraghi.
Napoli affaticato e confuso. Poteva verificarsi un passo indietro giocando sempre con gli stessi uomini, ma non così. Con un black out dall’inizio della ripresa, dopo la seconda rete della Fiorentina. Prima del gol di Petagna c’era stato soltanto il palo di Lozano, null’altro. E una squadra in superiorità numerica, finalmente con risorse in più a disposizione di Spalletti, avrebbe potuto rimettere la partita in carreggiata. Non ha saputo farlo, sterile la reazione sull’1-2 della banda con le maglie rosse, irriconoscibile rispetto a quella agile e convinta che aveva fermato la Juve e ritrovato la vittoria al Maradona domenica scorsa contro la Samp.
Un anno fa il Napoli di Gattuso - discusso da taluni che non consideravano i problemi di organico, gli stessi che si è poi ritrovato Spalletti - era riuscito ad arrivare alla semifinale di Coppa Italia, persa contro l’Atalanta. Questo si è fermato agli ottavi, cosa che non accadeva da dieci anni. A consolare il tecnico, dopo una serata che resterà tra le più amare (e la ridottissima presenza di tifosi l’hanno resa ancor più triste), c’è l’organico che si rimpolpa. Torna tra i disponibili anche Rui, negativizzatosi, e Osimhen valuterà se tornare in panchina già in una delle ultime due partite di gennaio. Restano fuori solo Zielinski Insigne, in attesa di accertamenti per Ospina. Spalletti e i suoi devono rialzarsi subito, la prima occasione è la trasferta di lunedì a Bologna, perché il campionato è la priorità assoluta. Il compito dell’allenatore è resettare la squadra, entrando fino in fondo nella sua anima e restituendole organizzazione tattica, coraggio, corsa e orgoglio. Tutto quello che non s’è visto contro la Fiorentina, che per inciso, a proposito di stanchezza, aveva giocato in campionato il giorno dopo il Napoli.