Napoli, il terremoto 40 anni dopo:
«A Forcella case ancora inagibili»

Napoli, il terremoto 40 anni dopo: «A Forcella case ancora inagibili»
di Giuliana Covella
Sabato 23 Novembre 2019, 23:00 - Ultimo agg. 24 Novembre, 08:40
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Prigionieri dei ponteggi da 39 anni. Intrappolati da tubi innocenti che sovrastano le abitazioni di vico Tarallari e vico Croce Sant’Agostino alla Zecca e da cui non ci sono vie di fuga in caso di emergenza. È il dramma di chi vive in quel labirinto di impalcature installate dopo il terremoto del 23 novembre 1980 tra i vicoli di Forcella. Ieri infatti ricorreva il trentanovesimo anniversario del sisma che mise in ginocchio l’Irpinia e tutta la Campania centrale e parte della Basilicata. In particolare a Napoli ci sono quartieri come Forcella che fanno ancora le spese di quella catastrofe naturale, che gettò nel terrore migliaia di napoletani costretti a sgomberare le loro case in quella domenica sera di novembre di 39 anni fa. Oggi i residenti dei vicoli del quartiere Pendino chiedono a privati e istituzioni di rimuovere quei ponteggi e di mettere in sicurezza l’area, «perché i ruderi di questi palazzi sono inagibili e ogni giorno anziani e bambini rischiano la vita, a causa della continua caduta di pezzi di impalcature e calcinacci».

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L’ODISSEA 
«Con questi ponteggi siamo imprigionati da 39 anni. Non possono entrare i mezzi di emergenza né le agenzie di pompe funebri quando muore qualcuno. Io ho mio marito allettato per varie patologie: ha avuto un ictus, ha il diabete e il morbo di Parkinson. Quando sta male e serve un’ambulanza gli operatori sanitari non riescono a entrare in casa». Giulia D’Alpino, 72 anni, abita in vico Tarallari a Forcella ed è la memoria storica di quegli anfratti nascosti dai tubi innocenti che i turisti vengono a fotografare. Qualcuno ha affisso sulle ferraglie arrugginite finanche un cartello con la scritta “centro storico, old town” per i turisti che lo chiamano “il vico dei ferri”. Ma di vecchio in quei vicoli fantasma sono rimaste solo le impalcature montate nel lontano 1980. «Da allora non le hanno più tolte - tuona Pasquale Aufiero, dell’associazione Napoli centro - il risultato è che i mezzi di soccorso e i carri funebri non possono passare. Fatto ancor più grave è che ogni giorno sotto quei ponteggi passano i bambini che vanno a scuola e si vedono piovere in testa pezzi di ferro e calcinacci. Anche un B&B aperto un mese fa è stato costretto a chiudere per infiltrazioni dal soffitto». Ma a ricordare il calvario dei residenti è ancora una volta l’anziana Giulia: «In questi giorni di maltempo cadono calcinacci e ferro e siamo costretti a chiuderci in casa per la paura». Come se non bastasse, dopo quasi 40 anni quei palazzi abbandonati sono ancora nel mirino degli sciacalli: «Ogni giorno entrano bande di rom che rubano ferro e mattoni e ci minacciano se ci ribelliamo».

L’APPELLO 
Oggi, a distanza di 39 anni dal sisma che scosse l’Italia, nei vicoli di Forcella si respira un’aria spettrale. Ruderi di palazzi sgomberati, fondamenta degli stabili usati come discariche, balconi e finestre penzolanti e edifici intrappolati da ponteggi perché presumibilmente ancora inagibili. «Ho sollecitato più volte il sindaco sulla questione - dice Giuseppe Aufiero, consigliere della II Municipalità - ma purtroppo non è solo il Comune che dovrebbe intervenire perché gli immobili hanno diverse proprietà, sia di privati che della Curia arcivescovile». Sul caso interviene anche Luigi Carbone, vicepresidente della II Municipalità, che ha sottoposto la questione all’assessore comunale al Patrimonio Alessandra Clemente: «Vergognoso siano passati quasi 40 anni. Qui c’è un pericolo da eliminare al più presto e un’emergenza igienico-sanitaria per la presenza di ratti.

Chiediamo perciò di verificare lo stato dei luoghi, rintracciare i vari proprietari e fare loro una diffida ad horas così il Comune potrebbe procedere con i lavori in danno». Dal canto suo l’assessore Clemente assicura: «Ci stiamo attivando per individuare le responsabilità che certamente sono in capo anche a privati. Ho intenzione di convocare un tavolo al più presto con il servizio preposto per iniziare un percorso di recupero che aspetta da quasi 40 anni. Su Forcella è da tempo che stiamo lavorando».

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