Non sono soltanto pietre, è il cuore di Napoli magica

Giovedì 8 Agosto 2019, 00:00
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Non sono pietre qualunque quelle franate, per un fronte di oltre quattro chilometri, da Trentaremi a Nisida, da Coroglio a Punta Cavallo, nel punto più estremo del promontorio di Posillipo, quello che degrada verso il mare di Trentaremi. Le pietre della Gaiola raccontano un passato mitico e leggendario: sono un luogo della memoria che abbiamo - tutti - il dovere di preservare. I ruderi dell’antica villa imperiale di Pausilypon, gli scogli di tufo, le immense falesie a strapiombo sul mare. E uno spettacolare antro - la grotta di Seiano - dove nel corso dei secoli s’è depositata la polvere di mille leggende.

Siamo nel cuore di Napoli magica, con i suoi misteri e le sue leggende, con le sue tenebrose caverne dove si invocavano gli dei, e qualche volta i dèmoni, con la Casa del Mago dove  il poeta Virgilio radunava i discepoli per insegnare loro l’arte della negromanzia, con la sua Villa Bianca addormentata sul mare, diventata famosa per le incredibili vicende che vi sono ambientate e per il tragico destino riservato a chi, nel corso degli anni, ne è stato proprietario. Di questo parliamo quando parliamo del tratto di costa che rischia di sbriciolarsi in una slavina di pietre e dal quale, come avvertono i responsabili del Parco Sommerso di Gaiola, “bisogna tenersi a debita distanza di sicurezza”. 

A Pausilypon, la collina che dà tregua al dolore, erano di casa l’imperatore Augusto e l’autore dell’Eneide: frequentavano entrambi, nel primo secolo avanti Cristo, la splendida villa sul mare del cavaliere romano Publio Vedio Pollione, dove il padrone di casa organizzava feste da mille e una notte, ricevimenti da sogno, con tanto di spettacoli musicali e teatrali. Uno sfarzo paragonabile solo a quello della Villa di Lucullo, costruita nell’area tra Pizzofalcone e Megaride. A disposizione degli ospiti di Pollione, un teatro capace di accogliere duemila spettatori, un odeion, impianti termali, ninfei, giardini e terrazze a strapiombo sul mare più bello del mondo. Il cavaliere romano era famoso per la sua ricchezza, ma anche per la sua ferocia. Da Seneca a Plinio, sono molti gli scrittori antichi a riportare nelle loro cronache l’episodio forse più famoso ambientato nella villa di Pausilypon: durante un ricevimento in onore di Augusto, un servo, reo di aver rotto un preziosissimo calice, fu condannato al più atroce dei supplizi: essere gettato vivo nella vasca delle murene. Ma l’imperatore in persona (che alla morte di Vedio Pollione, nel 15 a.c., avrebbe ereditato la villa delle delizie con i suoi giardini fiabeschi) intervenne per salvare la vita al maldestro domestico. Augusto fece di più: ordinò che venissero distrutti, sotto gli occhi di Pollione, tutti i vasi e i vetri preziosi della dimora. 

Se Napoli è città di incantesimi e miti, la splendida villa di Vedio Pollione, nella punta più estrema del promontorio di Posillipo, è la porta d’ingresso nel mito e nell’incantesimo. E’ un itinerario da brivido, di cui fa parte la Grotta di Seiano, che fu edificata proprio per consentire un rapido accesso alla villa Pausilypon dall’altro versante della collina, quello di Coroglio. La grotta fu attraversata da cortei imperiali e cavalieri ricchi e gaudenti, che dalle ville di Baia, Miseno e Pozzuoli raggiungevano, carichi di sesterzi, la cittadella che placava gli affanni. La cavità, lunga circa 800 metri, fu realizzata dall’architetto Cocceio, lo stesso autore della famosa Crypta Neapolitana, l’altro traforo di Posillipo a ridosso delle moderne gallerie che uniscono Mergellina a Fuorigrotta. 

Un’impresa titanica, quella di Cocceio. I lavori di sbancamento durarono alcuni anni, ma ne valse la pena. La grotta di Seiano, parzialmente murata, è ancora oggi uno dei luoghi più suggestivi, affascinanti e misteriosi della città. Spettrali cunicoli si aprono all’improvviso offrendo squarci da brivido sulla baia di Trentaremi e sull’isola della Gaiola. Teatro, nell’antichità e fino al Medio Evo, di misteriosi convegni esoterici, la grotta di Cocceio fu «riscoperta» nel 1840. A volerne la riapertura fu Ferdinando II di Borbone, che durante un sopralluogo al cantiere si lasciò guidare da uno scugnizzo, tale Michele, in quel budello infernale, ostruito nei secoli da crolli e dall’accumularsi del terriccio. Poi fu di nuovo l’oblìo, l’abbandono, il degrado.

La grotta che portava a Pausilypon divenne covo di drogati, contrabbandieri, sbandati. E tanti aspiranti suicidi. Nell’87 un gruppo di speleologi s’imbattè in un barbone che aveva fatto di uno dei passaggi laterali della caverna la sua dimora: «Mi sono rifugiato qui dopo essere stato abbandonato da mia moglie», spiegò l’uomo, eremita per amore. Nel 1990 due delitti, avvenuti a distanza di pochi giorni, costrinsero le autorità a murare la caverna. Eppure, c’è chi favoleggia ancora sulla presenza, in quella caverna, di un tesoro abbandonato da alcuni pirati che fecero naufragio, in una notte di tempesta, tra gli scogli di Trentaremi.

Il tratto di costa che rischia di crollare è anche il luogo dove rivive lo spirito di Virgilio. Tutta la zona di Trentaremi e della Gaiola è impregnata dello spirito del Poeta Mago, e non è un caso che in molti di questi luoghi ricorra il suo nome. Virgilio il Mago, il semi-Dio, il Maestro di Dante. Virgilio primo defensor civitatis, cui la leggenda attribuisce nientemeno che la costruzione della Crypta neapolitana, l’antica grotta di Piedigrotta. Virgilio l’avrebbe fatta costruire in poche notti grazie ai poteri sovrannaturali di cui disponeva (la celebre galleria, in realtà, risale al 37 a.c. ed è opera dell’architetto romano Lucio Cocceio). Non è un caso che il sepolcro di Virgilio si trovi a pochi passi dall’ingresso della grotta. Ma al nome e alle arti divinatorie dell’autore dell’Eneide associato anche un altro luogo «magico» della città: la Gaiola, con i suoi ruderi-mozzafiato e le sue ville da brivido. 

Tra lo scoglio di Trentaremi e i tre isolotti della Gaiola il poeta avrebbe animato una vera e propria scuola di magia. E Casa del Mago o Scuola di Virgilio sono chiamati alcuni ruderi (tenebrosi, specie di notte) posti alla punta estrema del promontorio di Coroglio, sotto i resti della dimora di Vedio Pollione. I ruderi sorgono proprio di fronte agli scogli della Gaiola. La leggenda, nata a Napoli e diffusasi rapidamente in molti paesi europei, vuole che Virgilio, frequentatore abituale di Villa Pollione, radunasse qui alla Gaiola i suoi discepoli e insegnasse loro l’arte magica. Ancora oggi quei resti, quasi irriconoscibili per il lavoro lento e tenace del mare, sarebbero teatro di innumerevoli apparizioni. E il fantasma del Poeta Mago, secondo una leggenda che i pescatori di Posillipo, di Marechiaro e della Gaiola si tramandano di padre in figlio, farebbe capolino ogni tanto tra i ruderi di un’altra costruzione di epoca romana, a poca distanza dalla Gaiola, chiamata da secoli, e non poteva essere diversamente, Palazzo degli Spiriti.

“Immaginando che un uomo, non importa per quale motivo, debba trascorrere tutta la vita in un luogo, egli può dirsi invero fortunato se la sorte gli assegna la collina di Posillipo”. Così lo storico dell’architettura Renato De Fusco celebra il fascino del luogo che dà tregua al dolore. C’è qualcuno cui la sorte ha assegnato - di quella collina - il promontorio più estremo: quello che degrada verso il mare di Trentaremi tra rovine del passato e misteriose leggende. La nostra visita si conclude con un affaccio da brivido, nel cuore della leggenda. Poche decine di metri, infatti, separano la villa sulla terraferma, appartenuta a Vedio Pollione e ad Augusto, dalle due piccole isole della Gaiola, un tempo collegate da un arco di roccia e ancora oggi divise da una fenditura su cui si protende un ponticello di ferro. Il più grande dei due isolotti era conosciuto un tempo con il nome di Euplea per la presenza del tempio dedicato ad Afrodite Euplea, protettrice dei naviganti che doppiavano il Capo. Un angolo di paradiso che i cristiani avrebbero profanato scatenando l’ira della stessa dea, che da allora vieterebbe agli uomini un’esistenza tranquilla.
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