Giornata dell'orgoglio, superato il ridicolo

di Francesco Barbagallo
Giovedì 6 Agosto 2020, 23:59
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In questi tempi bui di post-politica e di post-democrazia siamo passati dalle risorgimentali Cinque giornate di Milano e dalle resistenziali Quattro giornate di Napoli alla «Giornata della memoria per le vittime meridionali dell’Unità d’Italia» (estate 2017) e alla «Giornata dell’orgoglio napoletano»’ (estate 2020). 

Commentare le uscite estemporanee dei mestieranti che oggi si presentano come ministri, parlamentari, sindaci, presidenti di regione è disperante. Eliminate le ideologie e le progettualità politiche, siamo precipitati nell’ignoranza della grammatica, della geografia, della storia. A chi confonde i libanesi coi libici è inutile ricordare la grande espansione dei Fenici nel Mediterraneo antico.

Al sindaco De Magistris, che fa di tutto tranne che amministrare la città, è inutile contestare la sua ultima, ridicola invenzione: un sottoprodotto senza fondamento del gay pride, che invece una precisa motivazione ha sempre avuto. Il sindaco di Napoli vive nella beata ignoranza della storia antica e recente della città che dovrebbe amministrare e s’inventa una giornata dell’orgoglio napoletano, fissandola in una delle eroiche giornate di combattimenti contro l’esercito tedesco in ritirata.

Non si rende nemmeno conto, insieme ai consiglieri intellettuali che si ritrova, di recare un’ingiuriosa offesa a quanti combatterono e morirono in quelle gloriose giornate. Altro che «orgoglio» napoletano. Quelle giornate furono un momento alto della «civiltà» di Napoli, della grande «cultura», elevata e popolare, della capitale del Sud, che si è costruita drammaticamente lungo oltre due millenni e mezzo di storia drammaticamente vissuta.

La cultura che si respira e agisce nei palazzi e nelle strade di Napoli è il distillato delle civiltà che, venute dal Mediterraneo e dal Nord Europa hanno permeato nei secoli questa grande città dalla storia peculiare: greci, romani, bizantini, normanni, svevi, angioini di Provenza, aragonesi, spagnoli, austriaci, francesi, italiani.
Per cercare di capire una realtà complessa e contraddittoria come Napoli bisogna anzitutto conoscerne la ricchissima e drammatica storia. Ma chi si preoccupa oggi di conoscere la storia? Chi proprio cerca qualche informazione si rivolge a Wikipedia. Ma il passato per lo più non interessa. Conta solo il presente scandito sui cellulari.

La giornata dell’orgoglio napoletano fa il paio con la giornata della memoria per i lealisti borbonici e i briganti. Ignora la storia o la riduce a sceneggiato televisivo. Non fu il Piemonte a conquistare il Regno delle Due Sicilie. Gli accordi di Plombières tra Napoleone III, Vittorio Emanuele II e Cavour prevedevano soltanto un Regno dell’Alta Italia. 

Furono Garibaldi, i mazziniani, i giovani democratici del Nord e tutti i siciliani a far crollare il Regno delle Due Sicilie; che sarebbe rimasto in piedi se Francesco II avesse accettato l’invito del cugino Vittorio Emanuele II a combattere contro l’Austria nel 1859-60.

A Napoli non serve un Neapolitan Pride. Serve un’amministrazione efficiente della città, che da troppo tempo è latitante. Da troppi decenni questa città è male amministrata e manca qualsiasi progettualità per il futuro. I grandi progetti di Lamont Young per una Napoli turistica e di Francesco Saverio Nitti per Napoli industriale, tra Otto e Novecento, oggi sembrano un sogno. Altro che Neapolitan Pride!
 
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