La storia e la sciatteria

di Vittorio Del Tufo
Domenica 12 Luglio 2020, 00:00 - Ultimo agg. 09:09
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Chiunque abbia minimamente a cuore le sorti di questa malandata città, così piena di storia e bellezza, non può che restare inorridito di fronte allo scempio dei Girolamini, uno scrigno di tesori che in altri Paesi - che dispongono di meno storia e meno bellezza di noi - avrebbero messo al riparo dal degrado, dalla rovina, dall’abbandono. C’è da abbassare la testa per la vergogna: sono anni che piovono fondi per mettere in sicurezza i capolavori del centro storico, sono anni che da quegli stessi capolavori piovono pietre, insulti, maledizioni. Il Mattino ha raccontato e documentato ieri, con Luigi Roano, l’incredibile vicenda dei Girolamini, uno dei pezzi pregiati del Grande Progetto Centro Storico Unesco, i cui lavori di restauro sono bloccati da anni. Uno scandalo che rischia di assumere i contorni della tragedia, dal momento che da tempo, nell’area, si susseguono i crolli, l’ultimo nell’area dell’aranceto.

Qui non valgono le giustificazioni intonate come un mantra da un’amministrazione sempre a corto di quattrini, non valgono le geremiadi sulla cronica mancanza di fondi. Qui siamo nei territori della sciatteria pura, dell’inefficienza e dell’inconcludenza. I soldi infatti ci sono - i 7,7 milioni di euro messi a disposizione dall’Europa per il restauro del complesso monumentale - ma Comune e Soprintendenza non riescono a spenderli, e come in un assurdo giorno dell’oca i lavori tornano sempre ai nastri di partenza, tra continui rimandi, ipertrofie burocratiche e rimpalli di responsabilità: per andare avanti serve una variante al progetto ma nessuno decide. Risultato: il cantiere è fermo da 600 giorni e ad avanzare sono solo i crolli, come testimoniano con raggelante evidenza le foto pubblicate sul nostro giornale.

Fondi non spesi, crolli e lacrime del giorno dopo. È il paradosso della città d’arte e cultura che continua a franare e nello stesso tempo a ingoiare milioni di euro per i progetti di recupero, consolidamento, riqualificazione. Giusto un anno fa salutammo con prudenza l’ennesimo «progetto integrato per il centro storico di Napoli» annunciato in pompa magna dal sindaco De Magistris, dal vicepresidente della Regione Bonavitacola e dall’allora ministro per i beni culturali Bonisoli. Altri novanta milioni di euro destinati a finanziare ristrutturazioni e restauri, dalla Galleria Principe a Palazzo Penne. Prudenza doverosa, perché dettata proprio dal grande flop del progetto Unesco per il centro storico: a fronte dei cento milioni di euro già messi a disposizione ne sono stati spesi meno di un terzo. Tutti gli altri sono finiti in qualche buco nero, probabilmente nel Pozzo del Diavolo di Palazzo Penne che se la ride degli amministratori e della loro incapacità di salvaguardare la memoria, di far risplendere il passato della città, salvo sciacquarsene continuamente la bocca. I 7,7 milioni di euro messi a disposizione per il ripristino del complesso dei Girolamini sono il fermo immagine più eloquente di un eterno lockdown culturale, di una città incerottata e fragile che continua a presentare il conto a chi avrebbe il dovere, innanzitutto, di metterla in sicurezza.

Non sono pietre qualunque quelle dei Girolamini, come non lo erano quelle del pavimento della chiesa di Santa Maria del Popolo agli Incurabili, franato nel marzo dell’anno scorso sul garage sottostante. Queste pietre sono la nostra storia, la nostra identità. Assistere inerti al loro disfacimento vuol dire tradire sia la nostra storia che la nostra identità. Ma in una città dove non funziona la manutenzione delle strade, dei giardini, delle fogne, può mai funzionare la manutenzione della memoria? 

Dopo lo scempio dei volumi trafugati, gli anni rapaci dei tesori di carta saccheggiati dalla grande e storica Biblioteca, per lungo tempo il complesso dei Girolamini - dove ancora risuonano i passi di Giambattista Vico, che vi studiò - è stato trattato alla stregua di un cadavere nel gelo di un obitorio: non più un luogo vivo e aperto al pubblico ma un museo chiuso a chiave, con un lungo sequestro giudiziario che ne ha sottratto alla città la fruizione. Ora un’altra lunga storia di sciatteria, di sperperi e di inconcludenza, tra lavori fermi, cantieri fantasma e ponteggi che svettano alti sul lato sinistro della navata, facendo dei Girolamini un’altra eterna incompiuta, proprio liddove ci si sarebbe aspettati un surplus di attenzione, di vigilanza e cura. L’ennesimo scandalo di pietra in una città dove i tempi di avanzamento delle opere pubbliche sono un optional, un buco nero, e non l’architrave sul quale sorreggere le politiche di valorizzazione e di rilancio, anche in chiave turistica.


 
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