Napoli, giusta la maxi multa ma ora i giocatori paghino sul campo

di Francesco De Luca
Venerdì 22 Novembre 2019, 23:00
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Sono sembrate due settimane di calma piatta, in realtà anche durante la sosta del campionato si sono notati i fuochi accesi nello spogliatoio del Napoli, pronti a far deflagrare un nuovo incendio. Il silenzio stampa, vecchio e superfluo bavaglio, è stato interrotto dal vicepresidente Edoardo De Laurentiis, uno dei due dirigenti che nella serata del 5 novembre fu travolto dall’onda furiosa degli azzurri che decisero di non tornare in ritiro dopo la partita col Salisburgo. Egli ha espresso nei confronti dei calciatori - ma quelli che avrebbero secondo lui meno palle rispetto ai colleghi che giocavano in C e in B non sono gli stessi che hanno sfidato la Juve per lo scudetto e hanno portato la squadra in Champions League? - giudizi forti che sarebbero stati legittimi e opportuni in una riunione a Castel Volturno, non sul palco di un ristorante nel bel mezzo di una festa. È evidente che i giocatori siano dipendenti e che debbano onorare la maglia e rispettare i tifosi ed è giusto che scattino le sanzioni previste dal contratto per l’ammutinamento, anche di forte entità. È opportuno riflettere su chi meriti di continuare a giocare qui, in base a valori tecnici e morali. Ma il muro contro muro a chi giova? Soltanto a chi in campo gioca contro il Napoli, come si è visto nella partita col Genoa, dove c’è stata una squadra unita prima - l’abbraccio con Ancelotti e il suo staff - e slegata, anzi fuori di testa, durante 90 minuti tra i più brutti visti al San Paolo nella storia recente. E ancor più complicato, in questa situazione, rischia di essere il confronto col Milan davanti ai sessantamila del Meazza. Ma non c’è più tempo per Carlo e il suo gruppo: devono ripartire con convinzione per avvicinarsi al quarto posto, al momento a cinque lunghezze, e conquistare gli ottavi Champions. Nuovi flop sarebbero un fallimento da affrontare con scelte drastiche del club. Ancelotti non si gioca soltanto la panchina, ma la sua storia. E i calciatori devono capire che gli unici avversari sono quelli che trovano dall’altra parte del campo.

Il Napoli-società è a un terzo del percorso stagionale da compiere con il Napoli-squadra - al momento sono due corpi separati - ed è evidente che si può interrompere il rapporto con un tesserato (allenatore o giocatore), non con l’intera rosa e tutto il corpo tecnico. Finora ci siamo soffermati sugli equilibri tattici, spesso saltati in una squadra che ha vinto le ultime due partite contro neopromosse, il 22 settembre a Lecce e il 19 ottobre sul Verona in casa. L’equilibrio più importante è quello da ritrovare nello spogliatoio ed è un’operazione che non può essere portata avanti dal solo Ancelotti, a cui il club ha affidato «la responsabilità decisionale in ordine alla effettuazione di giornate di ritiro» nel comunicato post-rivolta, oltre a quelle che gli competono in base al contratto e alla fiducia di De Laurentiis. È doveroso che il presidente faccia rispettare le regole all’interno della sua azienda attraverso l’applicazione delle sanzioni e l’avvio di cause per danni di immagine fuori dalla giustizia sportiva ed è impensabile che gli azzurri credano di poter sistemare tutto con un messaggio di scuse rivolto al patron e alla tifoseria, immaginando che sarà trovato un compromesso perché in campo vanno loro e sono loro che decidono i risultati. Ma va ripristinato il dialogo e ritrovata la compattezza perché le crepe sono evidenti e pericolose e il clima si può interpretare anche senza l’ausilio delle parole. Dopo De Laurentiis junior sarà De Laurentiis senior a infrangere il silenzio stampa al rientro dagli Stati Uniti, magari per altre stoccate dopo quelle indirizzate a Insigne, Callejon e Mertens nelle scorse settimane?

L’implosione dello spogliatoio non può essere stata improvvisa, l’attimo di follia di un gruppo di ragazzini viziati. I dirigenti che frequentano quotidianamente lo spogliatoio (e il giovane De Laurentiis è tra questi) avranno colto certi segnali, in particolare degli azzurri in attesa dell’appuntamento decisivo per il rinnovo del contratto. L’allarme doveva scattare già a inizio ottobre, quando Insigne venne sbattuto in tribuna a Genk, ma vennero usate parole di circostanza. Se un gruppo va in direzione opposta rispetto a quella del suo leader - Ancelotti in ritiro, i giocatori a casa - significa che il corto circuito c’è stato e può far bruciare la casa. Riuscirà Carlo a rimettere i suoi uomini sulla via maestra? Potrà dimostrare al vecchio maestro Sacchi - di spietata lucidità l’intervista di ieri a Pino Taormina - che qui non vi sono «mele marce» e nessuno si risparmia? Se il Napoli ha ancora gambe, testa e soprattutto orgoglio lo verificheremo in questi giorni, con le trasferte in casa del Milan e del Liverpool. I valori tecnici ci sono, come conferma la convocazione di tredici azzurri nelle nazionali (e a Castel Volturno sono rimasti Allan e Lozano), con capitan Insigne che nel gruppo di Mancini ha dispensato bel calcio e sorrisi, senza mai un attimo di tensione: è come se avesse indossato un altro abito, tattico e mentale.

È questo Insigne che vorremmo rivedere nel Napoli già oggi pomeriggio in casa del Milan, l’altra squadra che ha tradito le attese di inizio stagione. Il progetto Giampaolo, voluto dalle vecchie bandiere Maldini e Boban, è naufragato subito e Pioli ha ottenuto una sola vittoria nelle sue 5 partite. In tutto, al Meazza, i rossoneri ne hanno conquistate due, di misura, su Brescia e Spal. C’è una differenza netta tra le due vicende, perché era prevedibile che al Milan servisse tempo per ritrovare la dimensione smarrita dopo i cambi di proprietà e allenatori, mentre il Napoli è partito da una base solida e teoricamente migliorata con un costoso mercato. Pioli ha già apportato modifiche al modulo, Ancelotti cercherà maggiore solidità a prescindere dall’assetto. Il Napoli costruisce e sbaglia tanto (è arrivato a nove pali in campionato e con 20 gol su 156 tiri ha una percentuale di realizzazione del 13 per cento), la freddezza sotto porta si può ritrovare. È negli spazi tra difesa (dove anche oggi vi sarà una soluzione di emergenza sulla fascia sinistra a causa dell’indisponibilità di Mario Rui e Ghoulam: un errore non aver valutato bene, a mercato aperto, la situazione fisica dell’algerino) e centrocampo che emergono le maggiori preoccupazioni perché troppo viene concesso agli avversari, anche a causa dei problemi fisici di Allan (oggi al rientro) e dell’intermittente rendimento di Koulibaly, non ancora in sincronia con Manolas. Questa ridotta capacità di contrasto - evidenziata da Sacchi nel colloquio con Il Mattino - è testimoniata anche dall’ultimo posto degli azzurri nella classifica della Lega Serie A sui palloni recuperati (69, poco più di 5 a partita) mentre il primo posto nella graduatoria dei passaggi riusciti (497, percentuale dell’86 per cento) conferma quanta qualità abbia la squadra. Ma va sostanziata con le vittorie.
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