All’assalto dell’Inter
per ritrovare il Napoli

All’assalto dell’Inter per ritrovare il Napoli
di Pino Taormina
Giovedì 1 Dicembre 2016, 23:44
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Centottanta minuti per ritrovare il Napoli. Non ci sarà nulla di eroico, questa sera, nel battere questa Inter dall’animo di burro, sgonfiata in modo esagerato nella sue ambizioni estive e con il terzo allenatore in panchina in quattro mesi. Ma Maurizio Sarri e i suoi ragazzi hanno bisogno dei tre punti contro i nerazzurri per rilanciarsi in classifica e per preparare al meglio la trasferta di Lisbona di martedì dove in palio non c’è solo l’accesso agli ottavi di Champions ma già un bel pezzo di stagione.
Sarri ci prova in tutti i modi a trasformare le due partite in due appuntamenti normali. Ma così non è. E per primo lo sa lui: non erano queste le attese dell’estate. Non erano questi i piani del Napoli, di Sarri e di De Laurentiis: nessuno pensava di arrivare alla sfida con l’Inter con questa distanza dalla Juve e dal secondo posto e avendo davanti in classifica persino l’Atalanta e la Lazio. E nessuno, dopo la partenza a razzo nella fase a gironi, pensava che la partita con il Benfica sarebbe stata una specie di crocevia. Negli ultimi due mesi il Napoli ha vinto solo tre volte e perso quattro gare: al San Paolo, ha sconfitto solamente l’Empoli nelle ultime sei partite giocate. 
Quella cosa che si chiamava Napoli, quell’invenzione ammaliante di Sarri, quel gruppo di fantastici ricamatori adesso è in difficoltà: la squadra gioca bene, ma non è vincente. Il tecnico azzurro ieri non ha parlato in conferenza: non è un silenzio di polemica, ormai è questa la linea dettata da De Laurentiis nelle vigilie di campionato. Sarri ha lavorato a lungo a Castel Volturno, concentrandosi molto su Gabbiadini: stasera Manolo sarà al centro del tridente, anche se non gli piace. Il tecnico ha provato a dargli qualche dritta, mostrando i movimenti dei due centrali Ranocchia e Miranda e spiegandogli come liberarsi con maggiore facilità. In questo ha provato a farsi aiutare da Insigne, provando e riprovando alcune incursioni del fantasista azzurro.
Vuole rivedere allegria nel gioco del Napoli, Sarri. Ma anche lui non è quello di inizio anno: il suo «tiqui taca» ha qualcosa che non va, è lento e prevedibile, non ha guizzi. Il suo possesso prolungato è spesso troppo sterile: e l’assenza di una prima punta autentica non fa che far emergere questa legnosità nella circolazione della palla. Sarri però non vuole snaturare il suo Napoli e non lo farà in nessuna di queste due gare: non cambierà modulo né con l’Inter questa sera né con il Benfica martedì, non adeguerà il suo dogma agli interpreti che ha a disposizione, continuerà a tenere la maggior parte degli acquisti di luglio e agosto in panchina sia in campionato che in Champions e soprattutto non abbandonerà il possesso/ossesso del pallone, quell’ipnotica trama di passaggi da tempo suo fiore all’occhiello. Ha bisogno solo di vincere, Sarri. Ma non perché si senta un re travicello: anche se con De Laurentiis i rapporti sono al minimo sindacale, essenziali, lui non crede che la sua sia una panchina a rischio. Non pensa affatto che il suo presidente non si fidi più di lui e della sua idea di gioco. Sarri sa bene che De Laurentiis vorrebbe veder giocare di più i suoi investimenti estivi: sa pure che è un suo diritto auspicare l’esordio di Rog, per esempio, ma non per questo lo accontenterà. Non pensa a un cambio di pelle del Napoli, il tecnico toscano: è convinto che, al netto della assenze di Milik e (stasera) di Mertens, non ci sono alternative tattiche migliori. 
D’altronde Sarri è un fabbro, non un liutaio. Da sempre costruisce squadre a colpi di maglio, gli piace maneggiare materia incandescente e la parola che più ama è «gruppo». Attorno a queste sei lettere ha forgiato il secondo posto dello scorso anno e una squadra robustissima. Poi c’era, certo, Higuain: oro, non solo fuoco. Però la sostanza doveva e deve essere cemento per alzare i muri, per rafforzare i pilastri, ben prima dello stucco sulla facciata. Il concetto di gruppo come scudo e come arma respingente non solo per gli avversari in campo.
Ed è per questo che Sarri punta tutto sul gruppo. Ed è per questo che fin da stasera con l’Inter Sarri si appella ai suoi pretoriani di ferro, rinunciando al turnover. Guai a pensare che la partita più importante è la prossima, anche se è quella con il Benfica. La partita più importante, ha detto ieri, è con l’Inter.
Già, l’Inter. La gara delle deluse. In tanti lo pensano perché i due club vantavano un bacino di qualità e di campioni importante. E invece tra i nerazzurri tutto sta andando a rotoli (fuori persino dall’Europa League) e tra gli azzurri qualcosa non brilla più come quando c’era Milik. Ecco perché, oltre le frasi di logico e banale buonsenso (il campionato è lunghissimo, non si decide ancora niente), in questa insolita giornata di campionato la vera posta in palio per il Napoli è un’altra, molto concreta, per nulla teorica. Se gli azzurri tornano a vincere, contro l’Inter, il segnale sarà fortissimo: vuol dire che la squadra c’è, è con Sarri e vuole volare in alto sia in campionato che in Europa. La volata verso gli ottavi di Champions passa anche per la sfida di questa sera. 
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