Napoli, nessuno cura il lungomare: ecco come è diventato una giungla

Napoli, nessuno cura il lungomare: ecco come è diventato una giungla
di Gennaro Di Biase
Venerdì 1 Ottobre 2021, 23:58 - Ultimo agg. 3 Ottobre, 08:14
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Benvenuti sul lungomare-giungla. In via Partenope, a qualche centimetro dall’Arco Borbonico in lunghissima attesa di ricostruzione, anzi proprio al posto del monumento in frantumi, l’abbandono reiterato e l’assenza di cura hanno prodotto le condizioni favorevoli alla nascita di una savana. Un arbusto alto e largo più o meno 3 metri, un enorme agglomerato di foglie e rami che nega la vista del panorama più celebre della città, quello del Castel dell’Ovo circondato dal suo specchio d’acqua.

È la natura che, in assenza di interventi umani, si riappropria degli spazi urbani: sembra l’incipit di un documentario della Bbc sulla flora e sulla fauna che resistono nelle zone periferiche di un tessuto metropolitano, ma purtroppo siamo nel cuore del cuore della Napoli da cartolina. Comitati e ristoratori parlano oltretutto di una «crescita lampo» della pianta, le cui foglie «da meno di una settimana si sono allungate oltre la balaustra». Senza un intervento urgente, insomma, il marciapiede dell’ex lungomare liberato sarà presto impraticabile. 

La «bignonia dell’Arco Borbonico»: così gli habitué della curva più famosa di Napoli hanno ribattezzato la pianta selvatica che hanno visto crescere sotto i loro occhi giorno dopo giorno, bufera dopo bufera, assenza di manutenzione dopo assenza di manutenzione, come un tamagotchi dell’incuria. «Fa strano vedere questa sorta di rivalsa della natura - spiega Maria Teresa Ercolanese, presidente del Comitato Gazebo Verde - dopo tanti abbattimenti di alberi avvenuti negli ultimi anni in città: questo verde sta rinascendo spontaneamente dalla scogliera.

Un degrado che colpisce le cosiddette “cartoline urbane”. Siamo un comitato a tutela del verde cittadino, dunque quest’albero non ci dispiace in assoluto, ma ci lascia perplessi in quanto è un segno dell’abbandono di una delle zone più panoramiche della città. I nostri agronomi ci hanno spiegato che l’albero è una bignonia, un tipo di pianta selvatica le cui radici affondano nella scogliera».

«Si acceleri per i lavori anche a Colonna Spezzata - dice Antonio Pariante, presidente del Comitato Portosalvo - I ritardi delle istituzioni hanno lasciato nella solitudine la cartolina Napoli. La pianta selvaggia cresce proprio nel “Chiavicone” in cui una volta c’era l’Arco Borbonico: è il simbolo della decadenza». Dove l’uomo si assenta, si ripresenta la natura e riconverte i luoghi in habitat. Anche se si tratta dell’epicentro turistico di Napoli. 

Oltretutto, l’arbusto cresciuto al posto dell’Arco Borbonico - ridotto in frantumi dalle mareggiate dell’ultimo inverno, e per il cui restauro la Sovrintendenza ha annunciato la chiusura del progetto entro meno di due settimane - non è neppure l’unico caso di malerba in riva al mare di Napoli in questo periodo. Cespugli che si impossessano degli scogli, piante dalle foglie palmate con vista isole. «Le piante selvatiche nascenti con le radici incastrate tra gli scogli del Lungomare sono circa una decina - prosegue Ercolanese - non sono ancora alti come l’albero dell’Arco Borbonico, ma ci auguriamo che la prossima amministrazione faccia più attenzione a queste situazioni che riguardano il decoro urbano e al verde in generale, sul lungomare e anche a Posillipo».

«L’albero dell’Arco Borbonico sta proprio davanti al nostro locale - aggiunge Roberto Biscardi, socio del ristorante I Re di Napoli - e peggiora la situazione delle transenne poste da mesi intorno al monumento. L’arbusto è più alto delle transenne. Abbiamo iniziato a notarlo nell’ultima settimana: secondo noi, anche se non siamo esperti di vegetazione, si tratta di una crescita lampo. Se non si interviene in fretta si rischia di vedere invaso anche il marciapiede. Già camminare sotto l’albero è diventato complicato. È un peccato: una volta noi e i nostri clienti vedevamo Castel dell’Ovo da tutti i nostri tavoli. Ora l’albero copre diversi angoli».

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