Napoli, il Museo di San Gennaro assediato da caos e rifiuti

Napoli, il Museo di San Gennaro assediato da caos e rifiuti
di Gennaro Di Biase
Domenica 28 Novembre 2021, 23:30 - Ultimo agg. 30 Novembre, 13:18
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Il Tesoro dentro e l’immondizia fuori. I turisti e i clochard. Gli smeraldi e i calcinacci crollati. È la Napoli intorno al Museo del Tesoro di San Gennaro e del Filangieri, da anni l’epicentro di queste contraddizioni che la soffocano e la animano. La stazione del metrò d’arte Duomo da poco inaugurata, il ritorno dei visitatori dopo la fase più rigida di restrizioni pandemiche, la fioritura di pubblici esercizi rinata dopo il lockdown, il restyling Unesco: nessuno di questi elementi ha scalfito il degrado in cui affoga l’esterno delle sale del santo patrono. Per accedere alla bellezza e alla storia bisogna attraversare uno Stige di orina e letti di fortuna, inventarsi uno slalom tra sacchetti e transenne di palazzi cronicamente a rischio crollo. È la via della cattedrale che rincorre se stessa e la migliore versione di sé, è via Duomo che cerca eternamente, ma invano, di diventare quello che sarebbe ma non è. 

I due clochard maghrebini si abbracciano, nel degrado dei loro letti di fortuna, per guardare un video da uno smartphone che cade a pezzi. La scena farebbe tenerezza, se intorno ai due non ci fosse una coda di decine di turisti impietriti, arrivati al Tesoro di San Gennaro da Francia, Americhe o Russia. Siamo sulla soglia del Museo, sotto ai portici di via Duomo devastati, nonostante le ditte private assunte dalla direzione per le pulizie ogni mattina. La distruzione fuori, gli smeraldi e gli inestimabili diamanti della Collana della Deputazione dentro. Il gioiello, datato 1679, uno dei più preziosi al mondo, illumina le sale. Fuori, in superficie, la miseria e l’assenza di decoro urbano. E giù, nel buio, ori e glorie. Napoli, qui più che in ogni altro anfratto della città, tiene incollati gli opposti. Il bello e il brutto, la vergogna e la gloria, la ricchezza e la miseria.

«La città è “speciale” agli occhi dei turisti - commenta Marco Iorio, appena lasciato il museo - anche per questa sua vitalità anarchica, struccata e mai costruita». «What a smell» («che puzza»), grida però intanto una bionda turista statunitense, che fa spallucce e si allontana. Lei difficilmente farà parte dei tanti visitatori che ammirano le sale. Fa però in tempo a notare, sul cartello del Museo pieno di scritte, un adesivo in onore di Ugo Russo, il 23enne morto mentre tentava una rapina ai danni di un carabiniere. È la Napoli del caos che prova a ingoiare la Napoli dell’arte. 

La Madonna senza volto della chiesa di San Giorgio, col viso consumato dal tempo, racconta perfettamente l’enorme storia sepolta in via Duomo, una storia fatta di monumenti e fantasmi. O meglio, dei monumenti-fantasma di una città ingolfata dalla sua stessa memoria: il complesso di Carminiello ai Mannesi, per esempio, mal segnalato, nascosto e ignorato. O l’aquila dedicata ai caduti in largo Filangieri, invasa da flora selvaggia e circondata da cartelli di segnaletica stradale piegati da vento, inciviltà e abbandono. Napoli, qui, è così piena di passato che non riesce a ricordarsi. Su un vecchio divieto d’accesso, qualcuno ha appoggiato un sacchetto nero dell’immondizia, di quelli diventati illegali perché non biodegradabili. Sono decine le attività di food rinate negli ultimi mesi, visto il boom turistico che anche ieri, nonostante il diluvio, ha invaso la strada. 

 

Eppure le transenne, l’immondizia, i vu cumprà e i dissesti stradali sono dappertutto. «Qua sono caduti dei calcinacci la settimana scorsa, perciò hanno messo i nastri arancioni», raccontano dalla pizzeria Il Figlio del Presidente.

Tanti vacanzieri, insomma, siedono a tavola tra i tubolari. Benché la stazione sia pronta, il cantiere della metro, da decenni, usato come deposito, invade l’ingresso del Filangieri poco più giù. Risultato: l’area esterna è diventata un parcheggio abusivo. Sono passati 3 anni da quando lo storico commerciante di via Duomo, il 66enne Rosario Padolino, morì per il crollo di un calcinaccio.

Il tempo però sembra essere fermo, nel male più che nel bene, a giudicare dalle impalcature sui palazzi e dai dissesti. Sono tanti i simboli della cultura dell’anarchia e del non-intervento: sono decine i paletti divelti, messi dopo il restyling Unesco, ma già asportati dagli incivili. Gli stessi incivili che, scambiando il suolo pubblico per la loro area privata, sversano immondizia a ogni ora, lanciano carte, cartoni e cartuscelle nei contenitori del vetro. O appoggiano interi salotti vecchi nel cuore del vecchio tesoro di Napoli. 

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