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Il Mattino

Ora un piano per salvare ​gli avamposti della socialità

di Andrea Di Consoli
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 21 Marzo 2023, 00:00 - Ultimo agg. : 06:03
3 Minuti di Lettura

Il problema delle palestre sotto sfratto che a Napoli hanno una funzione sociale è di straordinaria importanza. Sta facendo molto discutere, per stare all’ultimo caso di cronaca, la protesta di Lino Silvestri, fondatore e allenatore di “Napoliboxe” di Montesanto che, insieme ai suoi collaboratori e ragazzi, ha trasferito il ring, all’indomani dello sgombero, davanti a Palazzo San Giacomo, dove invano ha chiesto un incontro al Sindaco e agli assessori competenti. “Napoliboxe” opera da quasi trent’anni sul fronte del recupero giovanile, e ha accolto nel tempo centinaia di ragazzi con alle spalle problemi di ogni tipo. Ovviamente gratis per quasi tutti gli iscritti, e senza ricevere contributi pubblici. 

Fino a due anni fa “Napoliboxe” pagava al comune di Napoli un canone mensile di 500 euro; poi, di colpo, il mensile è passato a 10.800 euro, rendendo i titolari gravemente morosi. Inevitabile lo sgombero esecutivo da parte della polizia locale. 

Ma a soffrire non è soltanto “Napoliboxe”, ma anche altre realtà associative come, per esempio, “Acquachiara” al Frullone, “Star Judo Club” a Scampia, “Raggio di sole” a Scampia, “Kodokan Sport Club” a piazza Carlo III e “Milleculure” a Soccavo, tutte a rischio sgombero. Un vulnus non di poco conto nell’associazionismo sportivo della città.

Nessuno vuole sminuire la necessità di riordinare e valorizzare il patrimonio immobiliare del comune di Napoli, ma molte di queste realtà sportive hanno una funzione sociale importantissima, e adesso rischiano di lasciare per strada centinaia di ragazzi che, grazie allo sport e a un ambiente accogliente, avevano trovato una ragione di riscatto e di rinascita. 

A Napoli c’è una lunga e consolidata tradizione di realtà sportive che hanno contribuito in maniera determinante a rendere meno diffuso il disagio giovanile, e queste realtà, benché a volte disordinate da un punto di vista giuridico e amministrativo, devono urgentemente essere messe nella condizione di continuare il proprio lavoro, perché ad averne bisogno sono anzitutto i tanti giovani che ogni giorno le frequentano. 

La cosa che oggettivamente manca è un metodo, una strada precisa. Il pungo duro senza una strategia alternativa rischia solo di desertificare qualcosa di cui la città ha profondamente bisogno. Bisognerebbe, in altri termini, censire rigorosamente le associazioni sportive che hanno una comprovata funzione sociale, e a queste offrire soluzioni alternative ed economicamente sostenibili per continuare la propria missione. Perché lo sport è socialità, è condivisione, è impegno, è sacrificio, è sogno, è pedagogia, perché attraverso lo sport s’imparano tante cose: anzitutto a riconoscere le proprie potenzialità e i propri limiti, ma anche a rispettare l’avversario. Tutti valori che sono introvabili nei contesti più feroci e disagiati di Napoli. Rinunciare a questi presidi di pedagogia dal basso è contemporaneamente un danno sociale e un errore politico. 

Tornando alla protesta di Lino Silvestri, che con la boxe ha indicato una strada a centinaia di ragazzi, tornano in mente le tante pagine che alla boxe ha dedicato uno scrittore come Andrea Caterini, che è cresciuto in un quartiere periferico di Roma. Caterini ha sempre sottolineato la straordinaria importanza della boxe per i giovani più “arrabbiati”, perché la boxe permette di tirare fuori e di incanalare la rabbia. Caterini, in altri termini, ha sempre sostenuto l’efficacia educativa della boxe perché, nel mentre si tira fuori la rabbia davanti a un avversario, quella rabbia, non essendo causata dall’avversario, diventa motivo di riflessione e di presa di coscienza. Insomma, con il pugilato si possono fare fino in fondo i conti con la rabbia e i propri punti deboli, e questo ha una straordinaria potenza educativa. 

Ecco perché lasciare per strada con sgomberi e multe pesanti chi per decenni è stato con i ragazzi è un’umiliazione francamente eccessiva. Il passaggio dal disordine all’ordine – che a Napoli è sempre auspicabile – dovrebbe avvenire con proposte alternative coordinate, altrimenti il rischio è quello di sostituire una valorizzazione economica e un riordino burocratico con un danno sociale, e questo non è positivo, soprattutto per una città che ha urgente bisogno di strappare i giovani alle tante subculture claniche e criminali. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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