Il disastro Insigne e la nottata
del Napoli che non vuole passare

Il disastro Insigne e la nottata del Napoli che non vuole passare
di Francesco De Luca
Sabato 14 Dicembre 2019, 23:00 - Ultimo agg. 15 Dicembre, 12:10
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La notte del Napoli è ancora lunga. Lunghissima. Non potevano bastare i primi allenamenti con Gattuso, i suoi suggerimenti e le sue urla, per ribaltare la grave situazione creata da Ancelotti. La squadra ha perso contro il Parma (seconda consecutiva sconfitta al San Paolo e gli emiliani hanno superato gli azzurri in classifica), la serie senza vittorie in campionato si allunga a 8 partite, la zona Champions rischia di allontanarsi ulteriormente e c’è il timore del sorpasso da parte di due squadre oggi, Torino e Milan. Ringhio dovrà faticare tanto per diventare Ringhio Star, come lo ha soprannominato De Laurentiis, con questi giocatori, appannati nel fisico e nelle idee, colpiti a freddo dai gialloblù (grave errore di Koulibaly infortunatosi nell’azione del gol di Kulusevski) e accettabili per mezz’ora sotto l’aspetto caratteriale, con una reazione utile per conquistare il temporaneo pareggio firmato da Milik (quarto gol in due partite). La rimonta non è stata completata, anzi vi è stata una nuova caduta che ha irritato una tifoseria stanca di queste figuracce.

Con l’ingresso di Mertens e l’uscita di Allan c’era stato il passaggio dal 4-3-3 al 4-2-3-1 e proprio il belga ha offerto il pallone al polacco. Ma non vi sono stati poi altri sussulti, anzi con quel modulo ultra offensivo e con quella voglia di ribaltare il risultato il Napoli ha concesso ampi spazi al contropiede del Parma e l’ultimo - al terzo minuto di recupero - lo ha sfruttato Gervinho, che approfittando di uno scivolone di Zielinski ha fatto uno straordinario contropiede e ha segnato il secondo gol senza che nessuno si preoccupasse di contrastarlo. I 28mila presenti hanno fischiato, alla fine, tutti gli azzurri dopo aver inviato ancora una volta segnali di profondo dissenso verso Insigne, rimpiazzato nel finale da Lozano. E così gli ampi sorrisi degli azzurri visti dopo la partita col Genk - per la qualificazione agli ottavi Champions o per l’esonero di Ancelotti ormai nell’aria? - hanno lasciato spazio a nuovi volti torvi, a una depressione che bisognerà trasformare al più presto in carica agonistica altrimenti si rischia di andare a picco, soprattutto perché non vi sono troppi giocatori con l’attitudine a lottare: è questo il pericolo maggiore adesso che il ciclo d’oro è finito e i sogni scudetto appartengono al passato.
 
 

Insigne non giocava contro Ancelotti, come taluni avevano sottolineato dopo l’esonero di Carlo martedì: sta giocando contro se stesso e quel talento che potrebbe portare la squadra fuori dalle secche. Vive la peggiore stagione azzurra, proprio adesso che è diventato un intoccabile in Nazionale (ma certe prestazioni faranno riflettere il ct Mancini in chiave Europei). Il vigore che ha mostrato guidando la rivolta del 5 novembre contro De Laurentiis e il ritiro lo faccia vedere anche in campo: provi ad essere un trascinatore in campo, non solo nei discorsi a Castel Volturno, e più lucido sotto porta. Se ha spalle larghe, lo dimostri nel periodo più complicato di una squadra che non ha un’identità e riesce a giocare bene per pochi minuti in una partita. C’è una parte della tifoseria che non stima Lorenzo, però non c’è un ambiente che gli gioca contro a prescindere dalle prestazioni. Non si senta una vittima, rialzi la testa e non si limiti ai tocchi di fino: il pallone lo butti in porta.

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Gattuso non poteva fare tutto in poche ore di lavoro, ma sarebbe stato opportuno non correre rischi nel finale, proteggendo il pareggio. Rino sapeva che questo era un viaggio in salita («Adesso nuoterò in un mare grande» aveva detto nel giorno della presentazione) e deve ricostruire moralmente la squadra, non solo tatticamente. Lui ha dato un taglio col passato e ha puntato sul 4-3-3, ma l’attacco si è scosso soltanto un po’ nella ripresa e il centrocampo ha a lungo ballato: Allan gioca in maniera furiosa, però il ruolo di centrale non è adatto a lui, e non vi sono altri uomini di interdizione, dunque facilmente la mediana è stata aggredita dal Parma in ripartenza (sull’1-1 Meret aveva compiuto una prodezza su Gervinho: ancora una volta il portiere è stato il migliore in campo, bene per lui e male per il Napoli). La carica di Gattuso non ha consentito agli azzurri di superare queste tensioni: alcuni sbagliano anche le cose più elementari e un avversario attento nella fase difensiva - appunto il Parma - riesce ad avere gioco facile. Per andare oltre questi problemi serve lucidità ed è necessario un intervento sul mercato per dotare la squadra di un regista, anche se servirebbe soprattutto chi dia personalità a un gruppo che l’ha progressivamente perso attraverso una serie di partenze negli anni scorsi.
 

Gattuso ha messo in campo i migliori e uno è stato un autentico fantasma, Callejon. Là davanti la scena è cambiata quando è entrato Mertens, ma il Parma si è difeso con otto uomini in area e ha sfruttato il contropiede micidiale. Non può bastare il carattere per risollevarsi in classifica. Il cosiddetto ciclo abbordabile, che doveva cominciare contro il Bologna dopo l’ottima prova a Liverpool, ha portato un punto in tre gare. La media di una squadra destinata alla retrocessione, nelle prime 16 giornate non se ne collezionavano così pochi dal 2000: quell’anno il Napoli retrocesse in B. Situazione sempre più pesante. Tocca a Gattuso, alla sua competenza e alle sue energie, provare a far riscattare questa squadra recuperando equilibrio e compattezza. Ma con scelte ferme perché non si possono vedere più calciatori che vagano per il campo, incapaci di fronteggiare lo stress di questa difficile fase. Peraltro, c’è il rischio di una prolungata indisponibilità di Koulibaly, colpito di un infortunio muscolare: il secondo brutto segnale nel primo giorno di Gattuso. 
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