Napoli: un'altra mega-rissa, in piazza Garibaldi è guerra tra bande

Napoli: un'altra mega-rissa, in piazza Garibaldi è guerra tra bande
di Gennaro Di Biase
Mercoledì 17 Giugno 2020, 00:00 - Ultimo agg. 09:01
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Nella rinnovata piazza Garibaldi, più il sogno dell’arena multiculturale e multirazziale purtroppo si sgretola. L’escalation di violenza della fase 3, sottoscritta in coro da residenti, commercianti, e da tutti gli agenti della polizia municipale incrociati a ridosso dell’anfiteatro, ha toccato un’altra triste vetta ieri poco dopo l’alba con una spaventosa rissa tra migranti in cui, come si vede dal video girato prima dell’intervento della polizia da un testimone oculare terrorizzato, un giovane extracomunitario salta sul cofano anteriore e poi sulla tettoia di un taxi. La convivenza qui è un nodo sempre più difficile da sciogliere, «specialmente nel post-covid». Su questo «i non migranti» sono tutti d’accordo. 

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Se ci si guarda intorno sembra passato un secolo dalla riconsegna della piazza dopo anni di lavori. Invece sono passati 7 mesi. E l’umore si incupisce col passare dei minuti. A sentire i racconti della rissa di ieri, l’integrazione qui sembra un sogno che si richiude ogni giorno un po’ di più nel cassetto. «Mia moglie e io siamo abituati alla piazza – sospira lo storico tabaccaio Fabio Pistone – Ma siamo spaventati. La situazione sta degenerando: avevamo tante speranze con la fine dei lavori, ma ci sentiamo abbandonati. Nell’anfiteatro, verso le 7, è successo il finimondo: diversi balordi avevano pernottato lì, e quando gli è stato chiesto come mai, si è scatenata una lite tra loro e con i tassisti che cercavano di sedare la rissa. Chi usciva dalla metro si è ritrovato nella guerriglia urbana. Erano in 9, tutti tra i 16 e i 20 anni». All’alba il presidio notturno dei vigili stacca in attesa della pattuglia mattutina. In quell’ora di «vuoto» la piazza è diventata campo di battaglia. «Una mega rissa – aggiunge l’edicolante Gennaro Sportiello – Tiravano bottiglie ovunque. Ogni giorno peggiora».  

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Il degrado del verde, i cantieri ancora aperti, il campo di calcio deserto, le transenne intorno a buche o basoli mancanti, le scritte sui box nuovi e i letti di fortuna dei clochard passano in secondo piano, vista l’atmosfera di tensione sociale nella Garibaldi post-Covid e post-restyling. Il virus non ha aiutato nell’occupazione degli spazi: chi dorme nelle stanze affollate del Vasto ha approfittato della larghezza dell’arena. «Rissa a parte – racconta Adelaide Dario, presidente del Comitato Vasto – dalla fine del lockdown si contano già uno stupro e un’aggressione. Domenica in via Milano c’è stato un accoltellamento tra migranti con cocci di bottiglia: si è perso il controllo della zona. I clan delle varie etnie hanno preso possesso dell’arena, e spesso perfino le forze dell’ordine vengono derise e aggredite. Se non si risolvono i problemi al Vasto come si migliorerà la situazione? Il Comune aveva promesso di spostare il mercato di via Bologna nel Mercato dei Colori. Ma è ancora lì ed è ormai un mercato del falso. Non lo si sposta e non lo si regolarizza. Tanti giovani avevano investito nei b&b dopo il restyling: mi spiace per loro». «Meglio una piazza militarizzata – aggiunge Lilli Caruso, commerciante – A questo punto è il male minore. O un presidio fisso in uno dei box, come promesso».
 


I gruppi sono rigorosamente divisi in base al colore della pelle e alla nazionalità. Tira aria di tutti contro tutti e la rabbia purtroppo è dietro ogni angolo. Un giovane senegalese seduto su un cordone del gazebo pretende che sia cancellata la foto appena scattata alla struttura. Accettiamo, ma in cambio di una confidenza: quali sono i rapporti tra le etnie? «Con i nigeriani a volte non c’è grande amicizia», dice. Qualche commerciante ipotizza che «nell’anfiteatro si spaccia, visto il camino a cielo aperto che ne esce». Il puzzle è intricato, ma il quadro si intuisce. Tunisini, nigeriani, senegalesi, gambiani, marocchini, algerini, rom: le rivalità tra etnie del Vasto non sono facili ed esplodono sempre più spesso nell’arena, oltre che in piazza Principe Umberto. Ci sono anche i napoletani: un gruppo di loro sta nascondendo il tavolino per il gioco delle tre carte. «Serve qualcosa? Io vendo tutto», chiede un altro partenopeo. «L’assenza di turisti pesa – spiega Marco Colurcio di Central Food – Ma i controlli spesso riguardano noi commercianti e non la delinquenza». «Dopo il virus va peggio – dice Giuseppe Di Sauro del Chioschetto – Nell’arena si fuma erba, si beve, si vende roba come al cinema». Intanto un giovane di colore gioca da solo a basket nel campetto. Si allena duramente senza badare ad altro. Sarebbe bello ripartire da qui: l’unica immagine serena della piazza riconsegnata.
 

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