Camorra, il questionario nelle scuole napoletane: Cutolo più noto di don Diana

Camorra, il questionario nelle scuole napoletane: Cutolo più noto di don Diana
di Valentino Di Giacomo
Martedì 31 Maggio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 1 Giugno, 07:25
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Gli studenti non conoscono o poco sanno della tragica storia di Annalisa Durante, dell’impegno quotidiano contro la criminalità organizzata di don Maurizio Patriciello o di don Luigi Merola, ma quasi tutti conoscono personaggi apicali della fiction “Gomorra”: Pietro Savastano (il nome più conosciuto fra tutti quelli proposti) o Ciro Di Marzio. Tra chi ha pagato con la vita il proprio impegno per denunciare il malaffare il più conosciuto è il giornalista del Mattino Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra nel 1985. Emerge dal questionario anticamorra proposto in oltre trenta istituti scolastici a più di 10mila studenti di Napoli e provincia.

Un’iniziativa nata dalla volontà del Mattino insieme alla commissione regionale anticamorra in cui siede il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli e il programma “La Radiazza” di Radio Marte. Tutto possibile grazie a tanti docenti-coraggio, come la coordinatrice del progetto, Ines Barone, che per prima somministrò le domande ai suoi alunni del Liceo scientifico e delle Scienze umane “Salvatore Cantone” di Pomigliano d’Arco. I ragazzi pensano che a scuola si parli ancora troppo poco di mafie, ma il progetto serve proprio a comprendere quale sia l’idea di legalità tra gli studenti e, di conseguenza, capire su quali tasti bisogna spingere per meglio radicare nei giovanissimi quelle conoscenze essenziali per avere una piena coscienza civica in relazione alla criminalità organizzata. Nessuna messa all’indice degli studenti, ma solo provare ad avere qualche elemento in più del loro mondo in rapporto al contrasto all’illegalità e alle mafie.

Dalle risposte dei giovani, tutte raccolte in forma volontaria ed anonima, emerge un quadro complessivo con luci ed ombre: da un lato si evince una sete di legalità e di presenza dello Stato da parte degli studenti, ma allo stesso tempo un’incapacità di distinguere in maniera corretta cosa sia il bene e cosa il male. Sono più i ragazzi che giustificano l’omertà di quanti la condannino. E poi un terzo degli alunni ritiene ad esempio che un boss sia comunque una persona «rispettabile», oppure solo due studenti su tre denuncerebbero un crimine al quale hanno assistito di persona pur se si sentissero pienamente tutelati dalle istituzioni. 


BOSS E VITTIME
Erano 12 i personaggi proposti per comprendere il grado di conoscenza da parte degli studenti tra chi ha lottato e lotta tutt’oggi contro la camorra e chi invece è stato all’apice dei clan napoletani. Giancarlo Siani è conosciuto dal 40% degli studenti, battuto soltanto da un personaggio di fantasia come il boss della fiction “Gomorra”, il Pietro Savastano interpretato da Fortunato Cerlino. Il terzo personaggio più noto viene anch’egli dalla penna di registi e sceneggiatori: Ciro Di Marzio, l’immortale di “Gomorra”, lo conoscono il 39% dei ragazzi. I “cattivi” delle fiction battono persino i “cattivi” reali: Raffaele Cutolo è conosciuto dal 37,5% dei giovanissimi. Le vittime innocenti di camorra, nonostante il lavoro costante di associazioni e istituzioni a loro dedicate, sono poco conosciute, meno dei boss che spopolavano ben più di 30 anni fa. Gelsomina Verde, la 22enne torturata e poi bruciata ai tempi della prima faida di Scampia del 2004, la conoscono appena il 4% degli studenti. Tristemente poco meglio va per il 23enne Maurizio Estate ucciso in via Vetriera nel maggio del 1993 solo per aver difeso un cliente da una rapina: la sua storia è nota solo all’8% dei giovanissimi. Il 13% conosce invece la 14enne Annalisa Durante, vittima innocente uccisa a Forcella mentre infuriava un conflitto a fuoco tra clan. I ragazzi, pur se poco, ne sanno di più dei boss: Luigi Giuliano (15%) o Paolo Di Lauro (17,2%). Nelle scuole i caduti innocenti sono meno celebri dei loro carnefici. I ragazzini hanno sentito parlare un po’ di più dei preti anticamorra: don Peppe Diana è conosciuto dal 33,7%, dunque meno di Cutolo, don Luigi Merola dal 28,4%, appena il 9,8% conosce don Maurizio Patriciello nonostante di recente abbia ricevuto ulteriori minacce dai clan che lo costringono ora a girare sotto scorta. Il segnale di come non solo i ragazzi si informino poco a scuola del mondo circostante, ma che neppure provino a farlo attraverso un giornale o nel proprio contesto familiare.

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IL SILENZIO
Delle 22 domande proposte ce n’erano alcune “spia” che ben fanno comprendere quanta sia ancora la strada da percorrere con i giovanissimi. Uno dei quesiti: «Credi che un boss, sebbene condannabile, abbia delle qualità e sia, a modo suo, una persona degna di rispetto?», per il 33,3% i boss meritano comunque rispetto, ma in alcune scuole - soprattutto di Castellammare, Gragnano e San Giovanni a Teduccio - le percentuali sfiorano o superano anche il 40%. Fanno riflettere anche le risposte ad un altro quesito, l’omertà è da condannare solo per il 28,81%, è giustificabile invece per il 34,6%. Tutto però bilanciato da una richiesta di saperne di più da parte degli studenti e di voler parlare di più, anche a scuola, di lotta alla camorra. La metà degli studenti ritiene che se ne parli troppo poco in classe, la maggioranza (il 70%) vorrebbe sentirsi più coinvolto attivamente nella lotta alla mafia. Quasi tutti sanno cosa sia una baby gang e - secondo i ragazzi - i giovani ne fanno parte per l’esigenza di sentirsi parte di un gruppo (58,6%), ma anche per il desiderio di essere rispettati dalla società (51,7%) o per sentirsi invincibili (53,1%). Ne sanno di criminalità giovanile, ma la maggioranza degli studenti ritiene se ne parli ancora troppo poco in classe. 

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LA POLITICA
«Il lavoro che è stato svolto - racconta il consigliere regionale di Europa Verde, Francesco Emilio Borrelli, anche questa volta in prima linea contro il malaffare - è uno strumento di lavoro straordinario per capire il punto di vista dei giovani. La penetrazione della cultura criminale e la sua mitizzazione». Per il componente della commissione Anticamorra «i giovani si rendono perfettamente conto della realtà che li circonda ma non sono capaci di leggerla. Non ne sono capaci non per demeriti loro ma perché non gli è stata fornita una chiave di lettura, non quella corretta. Dalle risposte al questionario si evince, ad esempio, che molti studenti conoscono il fenomeno della criminalità giovanile, delle baby gang e delle organizzazioni criminali ma non sono consapevoli del tutto quanto ad esempio l’omertà sia la radice dei nostri mali. Del resto come potrebbe comprenderlo se sono cresciuti in un territorio, in una società, dove rimbomba il mantra del “bisogna farsi i fatti propri?”. Se oggigiorno tanti ragazzi non riconoscono i nomi di eroi e vittime, come Falcone, Borsellino, Siani, ma saltano all’impiedi quando si imbattano nei video di boss o di alcuni personaggi deprecabili che affollano le piattaforme social come TikTok, vuole dire che stato commesso qualche errore, grave, da chi ha dato in eredità ai giovani questa società. È una società che vive sempre a 300 all’ora, dove si è insegnato alle nuove generazioni a guardare sempre avanti e mai indietro. Bisogna rallentare per poter guardare la storia ed imparare da esso. Il futuro della nostra terra parte dal passato e dipenderà dai giovani di oggi».

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