L’ordinaria bolgia dei trasporti e le risposte che non arrivano

di Antonio Menna
Martedì 5 Luglio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 07:03
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Ci risiamo. Puntuale ritorna la tempesta perfetta della Napoli paralizzata. Oggi e domani, nuovo sciopero dei taxi. Questa volta l’agitazione è su tutto il territorio nazionale e Napoli, ovviamente, aderisce compatta. Sui doveri – si sa - si deroga. Pos, decoro, pulizia, uso chiaro del tassametro, trasparenza su tariffe e prezzi, qualità del servizio possono attendere. Ma sulla protesta, ci si allinea sempre. Sciopero nazionale. Ma a Milano, ci sono metro e tram, che servono tranquillamente tutta la città e non lasciano a piedi nessuno. Nessuno si sogna di tenere fuori dal mercato le app di ultima generazione e meno che mai di intimidire il noleggio con conducente. A Roma, perfino a Roma, che pure negli ultimi anni ha fatto passi indietro spaventosi nella qualità della vita, reggono le due linee storiche della metro (corse frequenti, aria condizionata, perfino il wi fi in alcuni tratti), più la terza claudicante e frammentata ma circolante, e una nuova offerta di bus che coprono agevolmente almeno il perimetro del centro storico. A Napoli, invece – terza città d’Italia, grandi ambizioni di capitale del turismo e della cultura -? Qui ci saranno da fotografare code, resse, caos. 

È una cronaca annunciata, non di una morte, come direbbe Garcia Marquez, perché il miracolo Napoli è di non morire mai. Ma di un’agonia perpetua, sì. Non si può dire che stavolta sia uno sciopero selvaggio. La mobilitazione è programmata da tempo, e arriva dopo altri blocchi. Il Comune di Napoli risponde raddoppiando gli Alibus da Capodichino: uno ogni cinque minuti. Sedici Alibus per collegare l’aeroporto alla stazione centrale, al porto, al centro della città. Decisione corretta ma insufficiente fino all’imbarazzo per una città che, proprio in queste ore, programma eventi culturali e musicali, convegni internazionali sulla sanità, annuncia il tutto esaurito negli hotel, prepara gli imbarchi per le isole, tra cui la celebrata Procida, capitale della cultura. Possiamo considerare sufficiente una sparuta pattuglia di pullman per collegare al suo interno questa città, tenendo il rango di un crocevia internazionale, senza lasciare letteralmente per strada, sotto il sole, con le valigie, la delusione e la disperazione centinaia di persone che da Napoli si aspettano l’accoglienza, non certo il caos (o forse, ormai, sì)?

Per non dire, poi, della stazione centrale, dove alla mancanza di taxi dovrebbero sopperire quattro sgangherati bus, chiamati desideri, e qualche linea su ferro (la mitologica Uno, che a Dante spesso finisce in un girone ignoto, facendo perdere le sue tracce; o l’iconica Vesuviana, refrattaria a ogni redenzione) che hanno i tempi di attesa e la qualità della percorrenza della prima Napoli-Portici, e forse è un viaggio d’epoca senza dirlo, un’attrazione turistica nascosta: montiamoci un cartello e fingiamo che sia così, almeno si recuperano dignità e senso.

Duole dover ripetere sempre le stesse cose. Ma forse bisogna fare proprio così. Dirlo, dirlo, e ancora dirlo. Non smettere di dirlo che una città come Napoli non può accettare di lasciare a piedi le persone nel modo in cui si è visto nelle settimane scorse e nel modo in cui ci apprestiamo a vedere nelle prossime ore. Sappiamo tutto, non affrettatevi a trovare spiegazioni: in questi anni abbiamo sentito mille volte recitare il rosario dei problemi. Mancano i soldi, mancano i mezzi, manca il personale, la rete è vetusta e la crisi si sente. Bene. Chi amministra, però, non deve elencare i problemi ma le soluzioni. Chi sta lavorando a soluzioni strutturali, sistemiche, organiche sul trasporto pubblico in questa città? Con quale progetto? Con quali tempi? Con quali obiettivi? Con quali azioni? Quando riusciremo a non lasciare più a piedi le persone a Napoli, in piena estate, sotto il sole? Quando metteremo la parola fine a questa vergogna? Occorrono risposte: assolutamente chiare, auspicabilmente nette, possibilmente veloci. Intanto affrontiamo il caos. Ancora una volta. 

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