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Spallata dello Stato, ma le graduatorie devono diventare a prova di ricorso

di Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 30 Novembre 2022, 00:00
4 Minuti di Lettura

Una spallata c’è stata. Non tanto da un punto di vista numerico, quanto sotto il profilo simbolico, la svolta è arrivata. Dopo anni di torpore e silenzi amministrativi, si registra un’azione forte, efficace da parte dello Stato, che ha sgomberato sei nuclei familiari che avevano occupato in modo abusivo i locali all’interno dell’edificio comunale, al civico 35 di via Egiziaca a Pizzofalcone.

Forti di un’ordinanza di un gip del Tribunale di Napoli, al termine delle indagini condotte dal pool della Procura di Napoli (al lavoro il pm Vanacore, l’aggiunto Filippelli e la stessa procuratrice Volpe) lo Stato ha fatto sentire il peso della propria autorevolezza. Tanto da lanciare un messaggio chiaro nei confronti di quanti - e ne sono tantissimi - ancora vivono in ambienti espropriati a cittadini che, con pazienza, si erano messi in fila, aspettando l’assegnazione di un immobile per il proprio nucleo familiare.

Da novembre del 2021, giorno della prima denuncia, a novembre del 2022, quando lo Stato è entrato nel cosiddetto Palazzo della camorra, dimostrando che in questa città la parola legalità ha ancora un significato. 

Dalla denuncia di padre Michele Pezzella, dopo le incursioni nella sua parrocchia, alle battaglie del consigliere regionale (oggi deputato) Francesco Borrelli (investito da un motociclista di Pizzofalcone, vive sotto scorta, mentre familiari e parroco sono tutelati), con le inchieste pubblicate dal Mattino sullo strano intreccio tra voti, case e camorra all’ombra della collina di Pizzofalcone. 

Indagini, denunce, minacce, azioni di disturbo, fino allo sgombero di ieri mattina, frutto della determinazione del prefetto Claudio Palomba, che non si è sottratto al proprio ruolo e ha deciso di andare fino in fondo in una storia di vessazioni consumate ai danni delle famiglie più deboli. Basta fare un accenno alla tensione che si è registrata ieri mattina, quando sono arrivate le forze dell’ordine notificando l’ordine di sgombero: c’è chi ha lasciato pacificamente l’immobile; e chi se l’è presa contro le porte dei legittimi assegnatari, scatenando la propria rabbia (calci e sputi) contro le porte di chi vive in quelle case da assegnatario, pagando canoni e utenze come avviene in qualunque contesto civile. Ed è questa la linea d’ombra che bisogna superare, per valorizzare gli sforzi messi in campo quest’anno, ma anche per dare continuità al lavoro intrapreso negli ultimi dodici mesi. 

Detto in parole semplici, come abbiamo ripetuto negli ultimi tempi, la battaglia per la legalità non può essere un problema che appartiene solo a poche persone. Non è un problema del singolo, ma dell’intera collettività in cui il singolo conduce la propria esistenza. Queste storie non sono solo un problema del prefetto o del parroco, del singolo politico o del giornalista più o meno determinato. 

Un concetto che va ribadito provando a ricordare cosa è accaduto negli ultimi tempi in un altro contesto metropolitano, nella Ponticelli polveriera, quella delle bombe e degli agguati a colpi di mitra impugnati dai minorenni. Proviamo a rileggere la storia di una donna, alla luce della misura cautelare firmata dal gip Linda Comella a carico di 57 indagati (al termine delle indagini dei pm Fratello e Rossi), che basterebbe da sola per confermare l’importanza di dare continuità al lavoro di ieri mattina: siamo in via Cleopatra, nei pressi di Lotto O (che molti pronunciano “zero”), quando una mamma ha provato a difendere il proprio figlio, vittima di bullismo operato da ragazzini appartenenti a famiglie di camorra. La donna viene offesa, ingiuriata, cacciata di casa. A nulla è servita la richiesta di una madre al boss Umberto De Luca Bossa, perché le è stato presentato il conto: «Dacci 5mila euro e lasciamo stare te e la tua famiglia». Una offerta irricevibile per una donna che risultava legittima assegnataria di un bene del Comune. Fortunatamente sono sopraggiunti gli arresti, che terranno la situazione calma per un poco. Ma può bastare un blitz della Dda a chiudere i conti con un certo tipo di scenario? Ovviamente no. 

La risposta non può essere sempre e soltanto di natura giudiziaria. La risposta non può nascere sempre grazie a un retata delle forze dell’ordine. Al netto della cabina di regìa creata dal prefetto, oggi esiste uno strumento amministrativo che va potenziato e reso efficace: è la graduatoria della Regione, frutto di un censimento capillare sul fenomeno dell’occupazione delle case dello Stato. Una novità non da poco, in una città come Napoli e in un territorio regionale dove i poteri spesso sono in contrasto e non sussidiari tra loro. Lo ha spiegato all’inizio di questo mese al Mattino l’assessore regionale Bruno Discepolo che ha ricordato l’importanza della graduatoria approntata fino a questo momento (è ancora provvisoria). Uno strumento che va reso agile ed efficace, non fosse altro che per accudire le persone che ieri sono state costrette a nascondersi dietro le porte di casa in via Egiziaca, per dare forza all’attività sacerdotale di don Michele; per sradicare dall’isolamento Borrelli; e per dare coraggio a una donna, sola contro la camorra, scesa in campo per la dignità di un figlio. 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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