Napoli, passione riaccesa ma non fateci patire

di Marilicia Salvia
Venerdì 17 Settembre 2021, 23:30
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Quattro partite, 360 minuti più recupero, e già sogniamo scudetto, coppe e gloria sempiterna. Quattro partite, tre vittorie e un pareggio bugiardo, e già i cuori azzurri hanno ripreso a battere, mollando al suo destino il freezer della diffidenza e della delusione, abbandonando, senza rimpianto alcuno, dispetti, distinguo e rancori: quattro partite, tre clamorose rimonte ed eccoci qui, pronti a innamorarci di nuovo, come al solito perdutamente, come al solito incondizionatamente.

Poveri nostri cuori azzurri, incapaci di mezze misure, incapaci di un minimo di saggia prudenza: ma in fondo dai, che ce ne facciamo della prudenza se tutto si è messo a girare per il verso giusto, se ogni partita cominciata male poi la recuperiamo nel finale, se neanche del buco sulla fascia sinistra ci dobbiamo più preoccupare, perché al posto del terzino è sbucata la cazzimma. Siamo una squadra fortissima, come cantava qualcuno un po’ di tempo fa: siamo fortissimi, davvero, e non lo sapevamo, o meglio ci speravamo, ne avevamo qualche segnale, ma le prestazioni in campo e soprattutto i risultati incassati finora sono come moneta sonante, punti preziosi e pesanti, come non ci capitava da tempo. Siamo fortissimi anche se non lo diamo a vedere, diciamo la verità: quanto abbiamo sofferto giovedì sera, sofferto da pazzi per settanta interminabili minuti, davanti a quel televisore che ci rimandava l’immagine di una squadra in rosso che dominava e si accaniva e non segnava, settanta minuti a pensare che sarebbe stato meglio rimanere nel freezer e dedicarsi ad altro, altro che Europa, altro che sogni, solo i soliti gol presi da polli e la solita vana gara tutta in salita e senza vie d’uscita. 

Meno male che i cuori azzurri oltre che sognatori sono sani e forti, meno male che le coronarie ci assistono. E meno male che abbiamo resistito alla voglia di spegnerlo, quel televisore. Ci saremmo persi un finale obiettivamente indimenticabile, ci saremmo persi la magica piroetta sghemba ma soprattutto lo stacco da cestista dell’imprevedibile prossimo re di Napoli Osimhen (lo chiameremo Victor quando ci regalerà una vittoria, come di certo sa e potrà fare). Un salto micidiale, roba che giusto Ronaldo come lui, e scusate se è poco: andatelo a rivedere, Cr7 a 2,53 centimetri da terra davanti alla porta della Sampdoria in quella foto che intasò per giorni le bacheche social, poi ci verrete a dire se con i 2,52 centimetri raggiunti dal saltatore in rosso il nuovo vero Fenomeno non ce l’abbiamo noi.

Cominciamo a crederci, questo ragazzo è la nostra arma in più insieme all’allenatore che lo sta forgiando, ed è forse per questo che abbiamo accolto il pareggio di Leicester come una vittoria, in fondo sbagliando perché due punti persi sono due punti persi, e dovremmo piuttosto essere delusi e arrabbiati: dovremmo mettere in fila tutti i gol divorati giovedì sera e anche la fatica fatta in campionato per avere ragione del Venezia e le due vittorie in rimonta e dire che no, non può andare avanti così, che è vero che non è finita finché non è finita, è vero che tutto quel veleno a lungo e inutilmente evocato da Gattuso è finalmente emerso, e si riversa in molti e diversificati rivoli in ogni parte dei manti erbosi su cui ci ritroviamo; ma è vero anche che l’eccezionalità non dovrebbe essere la regola, che si può vincere anche mettendo semplicemente sotto l’avversario, senza essere costretti a inseguirlo. E che pure noi tifosi avremmo diritto a un po’ di normalità, ad assistere a partite dall’andamento lineare. Dove chi domina, cioè noi, poi tranquillamente vince, senza patemi, com’è giusto che sia.

Poi però vediamo quelli che ci stanno intorno, l’Inter beffata giusto sul finale dal Real Madrid, la Lazio che rimedia una figuraccia stellare in Turchia, la Juventus che fa un punto in tre giornate. E ci rendiamo conto di quanto sbaglieremmo a lamentarci. Perchè non importa il modo, importa che stiamo riuscendo, finalmente, a prenderci quello che ci meritiamo. Che ci stiano un po’ gli altri, nei panni stretti di chi per sfortuna o per propri limiti affanna, come troppe volte è capitato a noi. Nei panni di chi insegue, di chi spera senza crederci troppo, di chi sa che quasi mai nella vita succede che Davide batte Golia. Forse noi non siamo ancora Golia, ma di certo non siamo più Davide. Perciò abbiamo spento i freezer, perciò abbiamo cuori già caldi. E non daremo retta a chi dice che è troppo presto per cominciare a sognare. Non è mai troppo presto per sognare, e anzi è fantastico poterlo fare avendo davanti a sè tutta la stagione. Noi, le nostre rimonte, e la sottile piacevole ebbrezza di sapere che non è mai finita finché non è finita. 
 

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