La rinascita post pandemia ​non ignori il male dei mali

di Antonio Mattone
Venerdì 18 Giugno 2021, 00:00 - Ultimo agg. 19 Giugno, 11:22
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Si torna a sparare a Napoli e si continua a colpire vittime innocenti, uno scenario che sembra oramai usuale nella nostra città. Il ferimento dei due innocenti colpiti per errore l’altro ieri durante una sparatoria ai Quartieri Spagnoli, ripropone un grande rischio che si riversa ciclicamente sulla pelle dei napoletani: quello di poter morire o di essere feriti gravemente senza alcun motivo, solo perché ci si trova sulla traiettoria dei proiettili dove è in corso una sparatoria, oppure per uno scambio di persona.

Così è avvenuto ai due lavoratori che tornavano a casa dopo una giornata di lavoro ma che hanno avuto la sventura di transitare per lo stesso vicolo percorso qualche istante prima dal vero obiettivo dei killer. Una vendetta trasversale che per pura fatalità non si è consumata. Questo tragico episodio ci riporta a piazza Nazionale, dove solo due anni fa venne ferita la piccola Noemi. Ma non solo. La nostra città ha pianto numerose vittime innocenti colpite negli ultimi decenni da proiettili vaganti, una furia omicida che non ha risparmiato neanche i giovani e i bambini: Gigi Cangiano, Annalisa Durante, Genny Cesarano, Maikol Giuseppe Russo sono solo alcuni dei piccoli la cui vita è stata spezzata prematuramente. 

Altre persone sono state ferite in modo più lieve e, solo per caso, non hanno avuto conseguenze più gravi. Ma non per questo si tratta di avvenimenti che possono essere sminuiti. L’ultimo appena due mesi fa, quando a Ponticelli, durante una stesa, una giovane passante venne ferita ad un piede mentre stava passeggiando con il fidanzato. In questi mesi siamo stati concentrati sulla pandemia e sulla crisi economica, avvenimenti che sicuramente hanno colpito in modo duro tanti cittadini. Tuttavia mi sembra che ci sia stato un assordante silenzio sull’emergenza più grande, quella della criminalità organizzata. Una questione che è stata toccata solo da alcune figure istituzionali, dal questore Giuliano quando ha detto che a Napoli non si parla di camorra, al prefetto Valentini impegnato nell’azione di smantellamento degli altarini inneggianti a malavitosi, fino al procuratore Melillo che ha parlato di una borghesia camorrista e dei compromessi con la criminalità della società civile. Anche l’arcivescovo Battaglia nell’ intervista rilasciata al nostro giornale ha chiesto ai suoi preti chiarezza di vita e coraggio nella testimonianza contro le mafie.

Per il resto un grande vuoto. La ripresa economica e il risveglio culturale della città non possono eludere questo tema. Sappiamo quanto sia asfissiante e visibile la presenza della camorra nella vita dei cittadini e delle imprese commerciali, con il rischio di rilevare quelle attività che sono state messe in ginocchio dalla pandemia per riciclare i guadagni illeciti.

Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano a proposito i candidati a sindaco di Napoli. Fare delle liste «pulite», senza inserire nomi di pregiudicati o di personaggi equivoci, come ha affermato qualcuno degli aspiranti primi cittadini è una condizione necessaria ma non sufficiente. Qui si tratta di porre in essere delle azioni di contrasto alla criminalità per quelle competenze che riguardano chi è chiamato ad amministrare una città. Le questioni sono diverse: potenziare il sistema di videosorveglianza, sostenere i commercianti contro il racket, liberare le piazze occupate dalla malavita attraverso i parcheggiatori abusivi, intervenire sulla gestione dei siti cimiteriali, solo per fare qualche esempio. E poi c’è tutto il tema dei minori, della prevenzione della criminalità. C’è urgenza di intervenire con misure efficaci sull’abbandono scolastico e sull’infanzia che vive un profondo disagio sociale laddove ci sono potenziali rischi di devianza, con l’esigenza di un patto educativo che impegni le famiglie e sconfigga la deprivazione culturale dei bambini napoletani.

Un patto che rafforzi il rapporto tra la scuola e la comunità educante e che si affranchi dai soliti legami tra le amministrazioni e le stesse imprese sociali operanti nel settore educativo, dando spazio anche al vasto e vivace mondo dell’associazionismo e del volontariato.
La drammatica sparatoria ai Quartieri Spagnoli richiama a quella realtà violenta che abbiamo ben presente ma che tanto spesso facciamo finta di non vedere. E che ci mette di fronte ad una scelta decisiva: se continuare ad ignorare e tirare a campare aspettando la prossima vittima, oppure iniziare una ribellione interiore che sappia generare processi di liberazione da un cancro che opprime il presente e ruba il futuro della nostra terra.

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