Napoli, boom di “tavolini selvaggi”: in due anni 10mila in più, Decumani sotto assedio

Napoli, boom di “tavolini selvaggi”: in due anni 10mila in più, Decumani sotto assedio
di Gennaro Di Biase
Martedì 7 Giugno 2022, 00:00 - Ultimo agg. 8 Giugno, 20:01
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Napoli, ovvero la città dei tavolini selvaggi. Sono montati ovunque i ripiani, le strutture e le sedie dei pubblici esercizi: sui marciapiedi, come a Santa Brigida. Intorno ai monumenti, come ai Decumani. Addirittura all’interno di un cantiere, come è successo in via dei Tribunali. Turisti e pedoni sono costretti spesso a uno slalom gigante tra i camerieri non solo per camminare, ma anche per attraversare la strada, come in Corso Vittorio Emanuele. Diversi bar, infatti, hanno allestito tavoli e strutture varie addirittura a 30 metri di distanza dal locale. La deregulation è di proporzioni enormi. Secondo le stime della Federazione italiana pubblici esercizi della Campania, a Napoli sono «10mila» i tavoli in più rispetto al pre-Covid. È stata proprio l’emergenza pandemica a spingere il governo verso l’estensione dell’occupazione di suolo. L’obiettivo, naturalmente, era quello di limitare l’uso delle sale interne, che avrebbe favorito la diffusione del virus. 


L’emergenza sanitaria è passata, anche se il governo ha deciso di prorogare il regime delle estensioni delle occupazioni di suolo fino al 30 settembre. Delle restrizioni da Covid, insomma, oggi resta il fatto che passeggiare a Napoli, in questo afoso giugno 2022, è un percorso a ostacoli tra tavolini di pubblici esercizi e cantieri montati per il bonus facciate, la maggior parte dei quali sono oltretutto abbandonati a causa del blocco del credito da parte delle banche. Il caso più emblematico di questo scenario fatto di tubolari e ristoranti o bar, è quello del “tavolino nel cantiere aperto” già riportato dal Mattino e segnalato l’altro ieri in via dei Tribunali dal consigliere di Europa Verde Francesco Borrelli. In piazza Dante, la distesa di tavolini raggiunge quasi la zona della statua del sommo poeta. Nuovi tavoli esterni anche a Port’Alba e in tutto il centro storico, da Largo Nilo a piazza Bellini. In certe circostanze, le postazioni esterne sono montate a ridosso delle campane dei rifiuti. Zella e caffè. Discorso diverso per le autorizzazioni sul lungomare. I ristoratori, in via Partenope, sono per di più in attesa di conoscere le modalità dei lavori di restyling programmati dalla giunta. «Ho incontrato l’assessore Cosenza a fine maggio - spiega Antonio Viola, presidente di Fiepet Confesercenti e titolare di Mammina - Non ci sono ancora le date della partenza delle operazioni, ci auguriamo che non arrivino in estate nel 2023, e che il cantiere venga aperto e chiuso a step, in modo tale da non danneggiare troppo le nostre attività.

Con il Covid alcuni hanno aggiunto dei tavoli in via Partenope, ma non tanto quanto in centro: le nostre concessioni erano già abbastanza ampie». 

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Torniamo, però, sui numeri della deregulation dei tavolini, che riguarda specialmente il centro storico Unesco. Da aprile 2022, da quando cioè Palazzo San Giacomo e l’assessorato alle Attività Produttive hanno imposto il pagamento di «14 euro al metro quadro» agli esercenti, il Comune ha incassato (appena) «100mila euro» in imposte per l’occupazione di suolo. Sono «3600» le autorizzazioni attualmente concesse per gli spazi esterni in città. Secondo i dati Fipe, i ristoranti tra Napoli e provincia sono 4mila, mentre i bar sono 6mila. Tenendo conto che per ogni autorizzazione si può installare un numero di postazioni indefinito, 1 o 20 a seconda dello spazio disponibile, Fipe stima che ci siano circa «10mila» tavoli e tavolini in più sul suolo cittadino rispetto al 2019. Il Covid è finito nei fatti, ma non nelle strade, per di più intasate dai cantieri del bonus facciate. L’estate 2022, insomma, è una sovrapposizione caotica tra restrizioni e ripartenza. 

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Secondo Massimo Di Porzio, presidente di Fipe Campania e titolare di Umberto a Chiaia, per combattere il fenomeno dell’occupazione selvaggia, «serve parametrare le autorizzazioni alla grandezza dei locali - osserva - Non va bene che un locale di 30 mq occupi lo spazio esterno con 30 tavoli. Con l’avvento del Covid, le procedure si sono velocizzate. Basta la firma di un tecnico che attesti una relazione, e si riceve subito il permesso di occupazione suolo. Questa semplificazione burocratica ha provocato un aumento esponenziale delle richieste. Non sempre le verifiche sono state fatte come si deve, spesso non si è rispettato il vincolo delle aree, come accaduto a Santa Chiara. Va detto però che gli spazi all’aperto sono stati di grande aiuto, durante la pandemia, per ristoranti e bar. Stare all’interno era sgradito a tanti clienti. Servirebbe un piano con regole chiare, che renda tutto più fruibile anche per i cittadini. Sicuramente qualcuno se n’è approfittato. È bello che la città viva all’esterno, ma vanno aggiunte delle regole definite. Nei locali vige ancora la normativa anti-Covid: abbiamo un protocollo di sicurezza risalente all’anno scorso, e prorogato fino a dicembre 2022, che ci impone di sanificare gli ambienti mediamente una volta al giorno e di non abbandonare il controllo delle temperature. Ben vengano le regole sanitarie, ma devono essere valide per tutti: noi pubblici esercenti dobbiamo rispettare la distanza di un metro tra i tavoli, e invece ai concerti e alle partite sono tutti assembrati. Ed è anche per rispettare il distanziamento di un metro, ancora attivo, che tanti esercenti hanno sfruttato lo spazio pubblico in maniera illegittima».
 

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