Autobus green e funicolari gli altri fronti dell'emergenza

di Pietro Spirito
Venerdì 17 Febbraio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 06:03
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La Commissione europea torna a ribadire con forza la volontà che i nuovi autobus urbani siano a emissioni zero dal 2030, con cinque anni di anticipo rispetto all’auto elettrica. La prospettiva green e sostenibile per la mobilità del futuro comincia ad essere nella agenda delle decisioni istituzionali, forse più altrove che in Italia, e nel Mezzogiorno in particolare. Gli autobus elettrici rappresentano già una parte considerevole della nuova flotta in diversi Stati membri della Unione Europea. Molte città stanno pianificando di passare al trasporto pubblico completamente a zero emissioni prima del 2030, mentre alcuni paesi dell’Ue hanno già fissato un obiettivo precedente a livello nazionale. 

A Napoli viviamo per il momento su un pianeta diverso del trasporto pubblico locale; paghiamo i costi del passato, piuttosto che programmare il futuro di un sistema dei trasporti sostenibile ed efficiente. Non ne va una per il verso giusto, per ora. Intanto oggi è in corso l’ennesimo sciopero del venerdì. 

Questo appuntamento si aggiunge ad una settimana di ordinario calvario per gli utenti del servizio pubblico. Da settembre dello scorso anno è chiusa la funicolare di Chiaia: finalmente è stato pubblicato il bando di gara per i lavori di manutenzione straordinaria. Prima della Pasqua del prossimo anno non la vedremo tornare in servizio, incrociando le dita e salvo imprevisti. 

Approfittando del fermo, che durerà ancora a lungo, potrebbe essere utilizzato il personale della linea per potenziare gli orari delle altre funicolari in esercizio, magari per allungare il nastro di operatività, che oggi si ferma alle 22: chissà che non si possa provare a porre parziale rimedio in questo modo alla chiusura della funicolare di Chiaia. 

Sappiamo però che già nel 2024 scadranno i venti anni per la necessaria manutenzione straordinaria della Funicolare di Montesanto. Si spera che non vengano in sovrapposizione queste lavorazioni, per evitare di simulare l’effetto dei dieci piccoli indiani. E forse, per tempo, anche in questo caso si può ragionare per utilizzare il personale, che sarà sottoposto a questo fermo, per altri impieghi nei servizi di trasporto pubblico locale. 

Intanto, martedì scorso la linea 1 della metropolitana è rimasta chiusa dalle 9 alle 17,15, per le prove dei nuovi treni. Non è la prima volta che accade: da inizio febbraio - per un giorno alla settimana - l’esercizio è interdetto al pubblico. Si tratta di un caso unico nella storia delle prove di circolazione dei convogli, che si è sempre effettuata di notte. 

Stavolta a causare questo ulteriore disservizio è lo sciopero di 78 (settantotto) dipendenti dell’organismo di regolazione e controllo nazionale, l’Ansfisa: si tratta di personale che proviene da una precedente struttura ministeriale. l’Ustif: protestano per il trattamento economico e normativo derivante dalla confluenza, evidentemente meno soddisfacente rispetto al precedente ordinamento. Per il momento, in attesa della risoluzione della vertenza, i dipendenti dell’Ansfisa svolgono solo lavoro ordinario, e non notturno. 

Intanto, la linea 1 della metro di Napoli continuerà a fermarsi settimanalmente, per far svolgere le prove sul secondo treno nuovo.

Può forse sembrare uno strumento di pressione per il superamento del conflitto sindacale in corso da parte di poche decine di persone sulle spalle dei napoletani. Ma è solo una malevola sensazione, ovviamente.

Nel caso dell’Eav, poi, siamo in presenza di una situazione di crisi strutturale. Se è stata tamponata l’emergenza derivante dal debito finanziario accumulato nei passati decenni, resta un debito manutentivo che abbraccia tutte le componenti dell’organizzazione operativa. 

La Circumvesuviana è la tempesta perfetta del trasporto pubblico locale campano: le tre principali strutture che compongono l’offerta debbono essere registrate tutte: infrastruttura, linea aerea, treni presentano una condizione di grave degrado, cumulatosi nel corso del tempo. I disservizi che si determinano con frequenza ormai quasi quotidiana dipendono dall’incrocio a geometria variabile tra questi elementi, che non rispondono a requisiti adeguati di regolarità.

I nuovi treni sono stati ordinati, con ritardi che dipendono da un contenzioso risoltosi a vantaggio della Stadler, una azienda svizzera; tuttavia, questa impresa si è presa un tempo maggiore rispetto al programma di consegna previsto dalla gara, e così stanno maturando due anni di ulteriore ritardo dalla consegna prevista. Forse, l’urgenza della situazione consiglierebbe altro. 

Non basteranno solo i treni però. La infrastruttura ferroviaria dovrà essere dotata di quelle tecnologie oggi disponibili per la regolarità ed il controllo della circolazione, consentendo anche una maggiore disponibilità di tracce orarie per aumentare l’offerta ai cittadini. 

In quattro anni le Ferrovie dello Stato italiane hanno realizzato un programma di adeguamento tecnologico che ha riguardato diecimila chilometri di rete: forse in un tempo decisamente minore si potrebbe fare lo stesso per la Circumvesuviana. Anche la linea di contatto aerea, ed il sistema delle sottostazioni elettriche, dovranno essere sottoposti a revisione, per evitare quei cali di tensione che oggi sono tra gli elementi che determinano i disservizi.

Insomma, per il trasporto pubblico locale napoletano e campano c’è da mettere in campo una strategia di medio periodo, che sia capace di recuperare il debito manutentivo esistente, ed i deficit strutturali che esistono, guardando al tempo stesso alla costruzione degli investimenti che ancora servono per modernizzare l’offerta e renderla adeguata agli standard europei.

Serve però un senso dell’urgenza che ancora non si percepisce. Ci si dovrà preparare anche alle gare per l’affidamento dei servizi, secondo quanto prevede la normativa europea.

Occorrerà anche per questo tornare ad una situazione di ordinarietà nell’esercizio del trasporto pubblico locale. Ne va della qualità della vita e della efficienza economica dei nostri territori.

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