Turismo e movida, serve programmare

di Antonio Coppola
Venerdì 13 Gennaio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
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C’è un difetto che accomuna noi napoletani. Non siamo mai soddisfatti dei giudizi sulla nostra città: nel bene e nel male. Nella migliore delle ipotesi diamo ad essi un consenso parziale, un “sì, però”. Spesso ci sfugge la considerazione di trovarci di fronte a rappresentazioni della nostra città, cioè a visioni parziali, siano esse cinematografiche, teatrali, letterarie, pittoriche o musicali che mai potranno restituire una verità assoluta, la “vera” Napoli, la sua “vera” anima, la sua “vera” natura per il semplice motivo che non è possibile perché non esiste. 

Dobbiamo liberarci da questa ossessione per cui nessuno può parlare di noi perché non sono all’altezza, non possono capire, ed accettare, invece, un dato di fatto: la nostra città ha un quid che la rende misteriosamente attraente. E, paradossalmente, sono proprio le tante visioni, le mille rappresentazioni che di essa ne danno scrittori, registi, drammaturghi, cantanti, poeti, filosofi, storici, visitatori e via dicendo a renderla speciale, unica, a suscitare la voglia, la curiosità di vederla dal vivo almeno una volta. Napoli, infatti, ad eccezione ovviamente del periodo pandemico, da tempo sta vivendo una stagione felice sotto il profilo del turismo che è diventato un aspetto fondamentale, se non addirittura primario, della nostra economia.

Persino zone un tempo “inaccessibili”, pure, per gli stessi napoletani, come per esempio i Quartieri Spagnoli o la Sanità, oggi pullulano di turisti, non solo stranieri. Un successo spontaneo, non riconducibile cioè a particolari attività di pianificazione e promozione istituzionale del territorio. Ed è proprio questo successo la forza ed il limite, al tempo stesso, dell’offerta turistica della nostra città. Negli anni si è imposta una natura commerciale appiattita sulla proposta culinaria che sta letteralmente spopolando, trasformando anche il cuore della città, il suo centro storico dove si è imposta una massiccia presenza di locali enogastronomici, molti dei quali in formato street food.

Con la conseguenza che i prodotti vanno consumati all’esterno, cioè in strada aumentando confusione e rifiuti. 

Non va meglio nelle zone più “in”, quelle panoramiche come dimostra via Partenope dove la chiusura al traffico non si è tradotta in una sua pedonalizzazione, bensì in una gentile “concessione” ai ristoratori che hanno completamente invaso la carreggiata. Non c’è da meravigliarsi, in un momento storico in cui il food è diventato elemento trainante di format televisivi, tutorial on line, riviste e inserti di giornali, non si poteva pretendere che Napoli ne restasse immune, tanto più che la legge sulla liberalizzazione dei mercati non pone limiti all’apertura delle attività commerciali. Il guaio è che il movimento generato da turismo e movida sta sempre più riducendo gli spazi di vivibilità della nostra città, acuendo così anche il grave fenomeno della violenza urbana, soprattutto di stampo giovanile, che proprio nella confusione trae origine e forza. 

In questo contesto, il Regolamento di polizia e sicurezza urbana non può conseguire grandi risultati in quanto interviene, soprattutto, a cose fatte e non riesce a prevenire fenomeni che vanno regolati a monte con una efficace pianificazione del territorio. A ciò deve pensare l’Amministrazione comunale, organizzando i flussi, gli spazi e i servizi in modo da contemperare le esigenze del turismo e dell’industria del divertimento, con quelle dell’ordine pubblico e della quiete dei residenti. E’ uno sforzo di progettualità notevole e, purtroppo, nemmeno a breve termine, che richiede un profondo ripensamento della città ed il, conseguente, potenziamento dei trasporti, al fine di decongestionare il centro a favore di altre zone urbane di grande potenzialità, ma allo stato inanimate e poco sfruttate (si pensi a titolo d’esempio al Centro Direzionale). Il decentramento della movida è un atto ormai improcrastinabile, prima che la città scoppi in un caos ingovernabile.  

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