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Il Mattino

Il male oscuro di Napoli ​tra emergenza e cartolina

di Titti Marrone
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 21 Marzo 2023, 00:00 - Ultimo agg. : 06:03
4 Minuti di Lettura

Lunedì notte un colpo di pistola sul lungomare di via Caracciolo ha spento i diciotto anni e la vita di Francesco Pio strappando la nuova cartolina con cielo azzurro-forzaNapoli e chioma di Osimhen al posto di quella del pino. Ed è come se il fragore dello sparo ci avesse svegliato dal sogno della città redenta dalla squadra che finalmente le toglie i “paccheri” da faccia, o dalla visione dell’antica capitale riscattata dalla sua bellezza celebrata anche da Time che per lei tesse lodi e la incorona, unica in Italia con Pantelleria. Il risveglio poi è risultato particolarmente brusco e violento, come il precipizio in un incubo. Perché ha perso la vita un giovane del tutto innocente, senza precedenti penali, con gli occhi limpidi e lo sguardo tranquillo sotto la matassa di capelli issati sulla cima del capo secondo il taglio in uso tra i guaglioni di ora. 

Francesco Pio aveva finito di lavorare ed era andato agli chalet di Mergellina per bersi una cosa con due amici, per godersi un po’ del primo tepore della primavera in arrivo. Né aveva avuto alcun ruolo nel litigio esploso per motivi a quanto pare banali e divampato a pochi passi da lui nel gruppo di cui faceva parte lo sparatore.

Non possiamo quindi sovrapporre la sua immagine – la sua storia – a quelle dei ragazzi disgraziati eppure a loro modo perfino teneri portati nelle nostre case da Mare Fuori, la sorprendente fiction capace di descrivere la delinquenza giovanile come un male innato eppure suscettibile di sconfitta grazie alle armi di amicizia e amore. Sbaglieremmo a confondere la rappresentazione filmica di un Istituto Penale per Minorenni con la realtà. E guai se ci distraiamo con l’idea che la città diventata “brilliant” con la saga de L’amica geniale e turisticamente più attraente dopo le fiction ispirate ai libri di Maurizio De Giovanni sia la stessa nella quale viviamo. O se ci illudiamo che la ripresa del turismo e le raffigurazioni lusinghiere che la riguardano bastino a risollevarla per davvero.

Storie come quella di Francesco Pio ci raccontano un’altra verità pronta a riprendersi la scena quando un barlume di ottimismo sembrava appena essersi fatto strada nella sua rappresentazione, ma anche nella sua vita quotidiana. È una verità brutta che offusca anche la progettualità e l’impegno di chi la governa, facendo affiorare una specie di male oscuro di Napoli, impastato di una violenza che non si riesce a debellare. 

È particolarmente doloroso, poi, quando questo male oscuro viene dalla parte dei giovani, dove invece dovrebbe essere collocata la sua speranza, e quando fa male a qualche altro giovane in una morsa di doppia amputazione di futuro. Adesso, con le prime serate tiepide dopo tre anni di pandemia, la violenza che torna a dilagare ammazzando non solo simbolicamente la voglia di divertimento di chi è giovane e vuole legittimamente svagarsi sembra preparare il terreno alla “battaglia d’estate” della movida. Parola, questa, nata per evocare qualcosa di festoso, momenti di vitalità, allegria, socialità giovanile. Tutte le metropoli europee hanno sperimentato da tempo strategie per consentire lo svolgimento di quello che è diventato un aspetto complesso della vita metropolitana, e anche da noi si fanno ripetuti tentativi in questo senso. Ma l’escalation di atti giovanili violenti e criminali compiuti spesso proprio nelle notti napoletane ci dice che c’è una battaglia difficile e dura ancora da combattere. Dove il presidio del territorio e l’ordine pubblico – importantissimi – sono e saranno decisivi, ma non sufficienti. Perché qui si può morire per caso, per sbaglio, per un colpo sparato in aria. In modo gratuito e inutile, dal momento che gli atti violenti possono divampare per ragioni banalissime, per uno sguardo, per una parola pronunciata o un bicchiere di birra rovesciato da qualcun altro.

Non è, questa, un’emergenza, vista la periodicità con cui tali violenze si ripresentano. Non è qualcosa di somigliante al terrorismo, perché qui si colpisce senza essere al riparo di ideologie o fanatismi religiosi, e a volte senza che ci sia nemmeno l’intenzione di appropriarsi di denaro. Sono atti gratuiti, violenze gratuite che generano morti gratuite, e non c’è immagine “brilliant” capace di cancellarne dalla faccia della città la macchia che rischia di far apparire grottesco il suo statuto di “Città capitale dei giovani per il 2023”. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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