Le risposte da dare ​al coraggio del vescovo

di Francesco Barbagallo
Mercoledì 15 Settembre 2021, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
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Don Mimmo Battaglia si sta dimostrando un vescovo in prima linea nella lotta alla camorra. È un evento di grande rilievo in una regione dove le dominanti attività criminali sono disturbate soltanto dall’azione costante delle forze dell’ordine e della magistratura. Da tempo le forze politiche sembrano rassegnate ad evitare il confronto con un sistema criminale che è riuscito a controllare spazi sempre maggiori anche in molti settori delle più varie attività economiche. La distruzione del tessuto produttivo e della struttura sociale nella vasta area metropolitana ha tolto credibilità alle residue, evanescenti espressioni politiche, che non riescono più a competere con la camorra sul terreno decisivo dell’offerta di lavoro: non tanto criminale e illecito, quanto legale e diffuso.

Il vescovo di Napoli, che ha nelle parrocchie i terminali oggi più sensibili e finalmente partecipi e conflittuali con le dominanti attività criminali, si sta dimostrando da tempo il protagonista più attivo nell’aperta contrapposizione al potere più incisivo e diffuso sul territorio della Campania. Il libro rivolto a risvegliare la coscienza dei giovani, di cui si è parlato ieri su questo giornale, è un accorato appello a maturare una più attenta consapevolezza dei drammatici contrasti della società contemporanea, evitando di adagiarsi nei comportamenti correnti, che prevedono anche l’uso diffuso delle droghe leggere, primo contatto con il predominio criminale. È quindi ai giovani che si rivolge don Battaglia, spronandoli all’indignazione contro un deleterio stato delle cose, perché si riesca a superare l’attuale fase di una perniciosa assuefazione.

È drastico e giusto perciò l’appello a «divenire la coscienza di una terra assopita, in cui dominano prepotenza, menefreghismo, indifferenza e accordi di interesse, in cui dei delitti si cercano solo gli esecutori e mai i mandanti, in cui la commissione regionale antimafia reputa sufficiente riunirsi un paio d’ore all’anno, in cui i corrotti e i corruttori sbandierano senza dignità in tv la presunta, squallida normalità delle loro azioni. […] Questa città, cari giovani, è vostra e perciò è a voi che pongo le mie domande: perché li lasciate fare? I potenti di turno, li conoscete, quelli a cui raccomandarsi, che frequentano le vostre case e le vostre famiglie, che offrono benessere e sicurezza, ma rubano la dignità.

Perché state zitti?».

Non si era mai sentita una tale invettiva dalla Chiesa di Napoli. E una tale chiarezza di analisi della cosiddetta “società civile”, dei suoi affari, delle sue connivenze. I candidati a sindaco di Napoli farebbero bene ad ascoltare le taglienti parole del Vescovo, invece di badare a raccattare voti con l’apporto di squalificati mestieranti e cialtroni. Mancano meno di tre settimane al voto. Sarebbe bene che chi aspira a dirigere questa disgraziata “nobilissima” città ci facesse conoscere per tempo le sue risposte concrete, prive di chiacchiere e fumisterie, almeno sulle due questioni fondamentali che attanagliano questa grande area metropolitana.

Qual è il progetto concreto di grande area culturale per un vasto territorio deindustrializzato, come è accaduto del resto già in altre parti del mondo? E come si pensa di affrontare e avviare verso una qualche, prima soluzione il basilare, il drammatico problema della mancanza di lavoro, per giovani, donne e anziani? Si attendono risposte, non chiacchiere.

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