Natale di guerre ma la speranza non si arrende

di Angelo Scelzo
Lunedì 25 Dicembre 2023, 00:00
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È Natale nonostante. Da quando non esiste un altro Natale al di fuori di questo, il richiamo alla festa e l’eco distorto che l’accompagna come a smorzarne i toni? Si può pensare che avesse trovato posto già duemila anni fa nella Grotta di Betlemme, per quante volte, da allora, ha allungato la sua ombra sulla speranza che sorgeva. E spesso non solo l’ombra, perché il verso contro, ha cercato addirittura di coprire e ammutolire il canto, di prendersi la scena, mostrando insofferenza per un ruolo di comprimario. Non è un caso che da semplice preposizione nella grammatica ordinaria, nonostante, sia diventato soggetto a pieno titolo nella grammatica e nel libro mastro della vita.

È una parola che ne evoca mille altre aprendo scenari, nel segno di un contrasto che, a sua volta, è capace di espandersi e di mettere radici.

Nonostante è l'incontrastata bandiera di questi tempi, il drappo che avvolge tutt'insieme i dubbi, le prudenze e le paure che un mondo sempre più scosso e disorientato rovescia sui sentieri che si aprono. Quanto più vasti si fanno questi orizzonti, tanto più implacabile si erge la barriera che cerca di oscurarli. Per chi non crede che la mangiatoia e la Grotta, quella notte, siano state solo un allestimento scenico che ha avuto fortuna nel tempo, si può pensare che proprio da lì, e da quella notte, sia partita la più grande scia di questo amaro addobbo di Natale e della vita: un nonostante appiccicato addosso, implacabile scudiero per conto di realtà sempre incombenti .

E figurarsi quanto è grande , e arcigno, il nonostante che viene subito dopo questo Natale della guerra mondiale a pezzi, non più temuta, ma ormai combattuta su due campi di battaglia, nel cuore della vecchia Europa e, da due mesi, in maniera più cruenta dove la pace non ha mai messo radici: paradossalmente, proprio nei luoghi in cui la natività si è fatta evento.

Non solo la guerra- anzi le guerre, perché, seppur dimenticate, nessun continente è al riparo- hanno macchiato di sangue e di violenza questo primo quarto di secolo. Non siamo ancora del tutto usciti dal dramma di una pandemia che ha tolto e sconvolto la vita a una moltitudine di persone, colpendo implacabilmente i più fragili. Il segno delle tragedie si è fatto, in realtà, presente in tutti i versanti in cui l'umanità si è trovata a doversi confrontare con la tormentata transizione di un vero e proprio cambio d'epoca. Un enorme tributo di vite umane è il prezzo pagato da flussi migratori che allungano la scia di prevaricazioni e soprusi ai danni dei più indifesi. Ma il nonostante di questo Natale 2023, porta l'insopportabile carico di flagelli che sembravano dimenticati o relegati nella storia buia di un'umanità lasciata alle spalle. Se fame e carestia, come una terribile deriva di guerra, tornano a popolare gli incubi di un tempo che, senza darsene conto, celebra invece come un delirio i suoi successi tecnocratici, non basta forse prenderne atto e mettere tutto sul conto delle inevitabili contraddizioni che ci portiamo dietro. Di fame e carestia, oltre che nei paesi africani- e particolarmente, ora In Sudan dopo otto anni di una guerra dimenticata- soffrono i bambini e tutta la popolazione di Gaza: come non pensare che proprio questa terra detta santa per quel che duemila anni fa è avvenuto in quella Grotta, viene ora indicata come il luogo dell'inferno. Un terribile contrappasso, non una semplice e umana contraddizione. Nessun Natale è uguale all'altro. Ma c'è, tra gli altri, un segno che rende unico questo, che è anche una sorta di antivigilia del Giubileo del 2025, l'uomo della carità del Papa inviato in un punto e l'altro tra i tanti dominati dalle macerie di guerra. È un cardinale, il polacco Krajewsky, e porta il titolo un po' arcaico ma forse adatto ai tempi di elemosiniere.

Non è stato quasi mai fermo negli ultimi tempi e quando è a casa si prende cura dei clochard che si affollano anche sotto le finestre del Papa. Porta viveri, aiuti alimentari, reca conforto a chi ha quasi dimenticato il sapore della vita. Non riguardano lui le missioni di pace per via diplomatica. Lui tratta di carità e solo per questa via cerca anche spiragli di riconciliazione. Ma sa bene che anche la diplomazia è stata messa bruscamente alle porte. Gli appelli di pace, anche quelli incessanti del Papa, si perdono nel fragore delle armi. E così, dispensando carità nei punti critici del mondo, l'elemosiniere è l'immagine più compiuta della chiesa ospedale da campo, attrezzata quindi per uno stato di emergenza che è condizione ordinaria per tempi come questi.

Siamo inesorabilmente sotto una cappa di violenza e di odio, di vendette e di rancori. Due guerre alimentano la tetra nuvolaglia che aleggia sulle nostre teste. Una vera e propria nube tossica, che sparge veleni dappertutto, e chissà che non c'entri finanche con le cronache più truci che scaricano altrove la follia di stragi o i segni di un malessere insondabile e cupo.

La guerra scuote e devasta anche a distanza.

È Natale nonostante. È così, a pensarci, da più di duemila anni. Da quella notte quando il mondo non ha conosciuto una favola in più, ma ha cominciato invece a vivere una storia vera, un punto e capo nel segno di una nuova e incancellabile speranza.

È Natale nonostante. La speranza che mai s'arrende. 

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