Necessità (e soluzioni) del Ponte sullo Stretto

di Ennio Cascetta
Martedì 6 Dicembre 2022, 23:30 - Ultimo agg. 7 Dicembre, 07:40
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Il tema del collegamento stabile fra la Sicilia e la terraferma attraverso lo Stretto è al centro del dibattito pubblico a seguito della ribadita volontà del governo di realizzarlo nei tempi più brevi possibili.

Da italiano e da docente di pianificazione dei trasporti mi auguro che si concluda dopo oltre 50 anni una delle pagine più negative della storia delle infrastrutture nel nostro Paese. È infatti dal 1968 che si parla di questo progetto, fra diverse ipotesi realizzative, meccanismi di finanziamento, conflitti ambientali, fondi pubblici spesi, leggi di revoca, contenziosi. 

Un progetto che in questi decenni è diventato un “oggetto ideologico”, la ragione di scontri fra opposte tifoserie piuttosto che una grande opera di ingegneria dei trasporti che desterebbe l’attenzione di tutto il mondo. 

Per non ripetere gli errori del passato è a mio avviso necessario ripartire dalle motivazioni di questo collegamento, dalle soluzioni tecniche possibili e da un processo che porti alle decisioni più trasparenti e condivise possibile. Questo lavoro di ricostruzione ed analisi è stato svolto da una Commissione nominata dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, su mandato delle Commissioni parlamentari, che poco più di un anno fa ha presentato un rapporto che può essere consultato sul sito del Mit ( www.mit.gov.it ) 

Il gruppo di lavoro - composto dei vertici del ministero, della Struttura tecnica di missione, di Fs, Anas, Consiglio superiore dei Llpp, oltre che da diversi esperti universitari - ha innanzitutto risposto alla domanda: serve ancora un collegamento stabile fra la Sicilia ed il continente? La risposta a questo primo quesito è un sì convinto. Prima ancora che per completare la rete Ten dei corridoi europei, per estendere l’ Alta Velocità al Sud, per connettere la rete autostradale siciliana con quella del resto del Paese, per dare alla Sicilia una posizione di vantaggio economico al centro del mediterraneo, per consolidare un’ unica area metropolitana di Reggio e Messina, serve perché il trasporto terrestre è più efficiente ed economico del trasporto per via d’ acqua. La Sicilia dista poco più di 3 chilometri dalla Calabria, ma oggi il tempo ed il costo per attraversare il braccio di mare equivalgono a quelli di un viaggio stradale o ferroviario di 100 chilometri. Il collegamento fra le strade e le ferrovie esistenti fra Sicilia e Calabria costa di più perché c’è il mare in mezzo. Viene quindi smontata la tesi che l’utilità del collegamento stabile è subordinata al completamento della rete di Alta Velocità al sud, certamente una volta completata quella rete, peraltro già avviata almeno in Sicilia, il collegamento sarà ancora più utile, ma già oggi lo è. Ogni anno lo Stato sostiene i collegamenti marittimi con contributi pubblici per un valore che consentirebbe di ammortizzare l ‘investimento del collegamento “terrestre” in pochi decenni. Questo costo lo pagano anche gli 11 milioni di passeggeri e 7 milioni di tonnellate di merce che ogni anno attraversano lo Stretto sotto forma di tempo di viaggio e tariffe. Questa è la ragione per cui da millenni si costruiscono i ponti appena possibile. Chi si immaginerebbe di attraversare il Tevere con traghetti, o collegare Manhattan al Queens con “ferry-boat”? Lo studio dimostra inequivocabilmente che al mondo non c’è nessuna isola grande quanto la Sicilia, a soli 3 chilometri della terra ferma non collegata con ponti o tunnel. Siamo una eccezione assoluta ed incomprensibile a meno della impossibilità tecnica a realizzarlo.

Una volta ribadita la utilità del collegamento (ovviamente in modo molto più preciso e dettagliato) il documento prende in considerazione tutte le soluzioni tecniche proposte in questi decenni.

Per ragioni di sicurezza ed economicità esclude le soluzioni del tunnel scavato sotto il fondo del braccio di mare (tunnel subalveo). Esclude anche la interessante soluzione di un tunnel galleggiante fissato al fondo con dei tiranti perché ancora mai realizzata. Si propone invece di approfondire la soluzione di un ponte a tre campate, con due pile in mare, ritenendola fattibile per le moderne tecnologie di fondazione profonda utilizzate per altre strutture di questo tipo nel mondo.

Un ponte a tre campate si ritiene potenzialmente preferibile al progetto più maturo del ponte a campata unica per diverse ragioni tecniche, economiche ed ambientali. Minori costi, possibilità di localizzare il ponte più vicino a Reggio Calabria e Messina, dimensioni delle campate simili a quelle già realizzate nei ponti sospesi (campata centrale di 2 km) a fronte della campata unica di 3.3 km che sarebbe del 50% più lunga di quelle realizzate nel mondo , pile meno alte e meglio inserite nel paesaggio, possibilità di evitare aree di particolare pregio naturalistico come i laghi di Ganzirri. Insomma una soluzione interessante che la Commissione consiglia di approfondire con un progetto di fattibilità approfondito, data la delicatezza del contesto geo-marino dello Stretto. Si propone anche che i due progetti di ponte a campata unica e a tre campate siano sottoposti a dibattito pubblico, con tempi e forme ormai codificate, così come fatto per tante opere importanti come la Alta Velocità Napoli Bari, la Gronda di Genova e il passante di Bologna. 

Questo percorso consentirebbe di arrivare ad una decisione più consapevole e condivisa, evitando la contrapposizione ideologica fra interventisti e non interventisti, oltre alla trappola già sperimentata tante volte, di accelerare la decisione ma alla fine impiegare più tempo per realizzare l’opera, o non farla del tutto. Ovviamente non si possono dimenticare le risorse pubbliche spese per la progettazione (risorse che sarebbero in buona parte recuperate utilizzando l’avveniristico progetto dell’impalcato per entrambe le soluzioni), i contenziosi in corso fra la società Stretto di Messina (pubblica) e lo Stato, quello con il consorzio Eurolink aggiudicatario di una gara di Project Financing. In ogni caso i lavori del ponte non potrebbero partire subito: il progetto va aggiornato alle nuove norme tecniche intervenute in questi 20 anni, lo schema di affidamento con Project financing andrebbe rivisto perché, come sostiene la Commissione, contraddirebbe la ratio di ridurre i costi di trasporto per gli utenti e farebbe pagare allo Stato un surplus di costi finanziari di oltre un miliardo in un momento in cui i fondi pubblici sono disponibili a costi minori. L’apertura della Commissione europea al progetto di fattibilità dell’attraversamento è molto importante, si (ri)parta da lì, un serio progetto di fattibilità che aggiorni il progetto del ponte a campata unica, approfondisca quello a tre campate e confronti le due soluzioni senza pregiudizi. Sarebbe tempo guadagnato e non perso, anche nel caso si ritenesse che il ponte a campata unica sia la soluzione preferibile. Insomma il progetto dell’attraversamento stabile dello Stretto sconta decenni di incertezze ed errori, ma sarebbe un altro errore, forse ancora più grave, farsene condizionare riproponendo scelte superate dalla tecnologia e dalle sensibilità ambientali senza un percorso trasparente che riduca le contrapposizioni ideologiche. 
 

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