La domanda che si pone l’uomo comune è il rovello che tormenta poi i parenti delle vittime della strada: se esiste il reato di omicidio stradale, perché allora coloro che hanno ucciso Mustafha Zriba, sua sorella Elvira, e Cristian, il bimbo di tre anni falciato nel giugno scorso a Cavalleggeri restano ancora liberi? Vite spezzate sull’asfalto. Tre casi, tre storie differenti, eppure accomunate dall’unico comune denominatore di tragedie che si sarebbe potuto evitare, se solo fosse stata usata prudenza e rispetto della velocità, quando si è alla guida di un’auto o di una moto.
Non si può non cominciare dalla morte di Mustafha Zribra, il 36enne investito e ucciso a Pianura la notte tra l’otto e il nove dicembre 2021 mentre percorreva, in sella ad una bici elettrica, via Montagna Spaccata. A falciarlo, un pregiudicato, dipendente di un garage della zona, che aveva preso di notte l’auto di un inconsapevole cliente. Nell’impatto venne ferita anche una terza persona, e per questo al pirata della strada (l’investitore fuggì, senza prestare soccorsi) identificato solo tempo dopo grazie alle indagini della Municipale, vengono contestati i reati di omicidio stradale e lesioni gravissime. A lui arrivarono gli agenti dell’Incidentistica stradale guidata da Antonio Muriano, dopo aver visionato anche alcune immagini dei sistemi di videosorveglianza stradale di via Cinthia. Ma c’è di più: l’investitore tentò di depistare le indagini, convincendo l’ignaro proprietario della Ford Fiesta bianca sulla quale viaggiava a forte velocità che quelle ammaccature sulla carrozzeria erano state causate da un’errata manovra all’interno del garage. L’autore del tragico incidente è ancora in stato di libertà.
Poi c’è la tragedia del piccolo Cristian. Centrato in pieno - era il 25 giugno scorso - da un’auto che procedeva lungo via Marco Polo, zona Cavalleggeri. Le indagini dell’Incidentistica appurarono che a determinare la tragedia fu una distrazione fatale da parte del guidatore (incensurato) della Suzuki: egli stesso ammise di essersi girato per qualche secondo a salutare un conoscente. Il papà del povero bambino ancora oggi non riesce a darsi pace e continua a chiedere agli inquirenti perché chi ha strappato la vita del figlio resti ancora in libertà. A questo punto va fatta una precisazione. La fattispecie dell’omicidio stradale rientra nell’alveo dei reati di natura colposa, per i quali l’arresto non è obbligatorio. Le manette possono scattare solo nei casi in cui si riscontrino pericolo di fuga dell’indagato, inquinamento delle prove o reiterazione del reato. Non solo: le aggravanti che possono determinare l’emissione di una misura cautelare sono, ancora una volta, tre: la guida senza patente, il superamento dei limiti di velocità la presenza di sostanze stupefacenti o di alcol (con un tasso che supera di 1,5 per grammi/litro nel sangue).
A complicare la tempistica, poi, c’è un altro dato. Mentre il tasso alcolemico di chi - alla guida di un veicolo - investe la vittima è immediato, grazie all’etilometro, diverso è il percorso utilizzato per scoprire eventuali tracce di droga nel sangue. Perché i livelli di analisi ematica fanno riferimento a due prelievi, con una successione di 24 ore l’uno dall’altro. E per il secondo livello bisogna attendere gli esiti del laboratorio medico-forense, i cui esiti difficilmente arrivano entro i primi giorni successivi all’incidente. Così è accaduto per l’investitore di Cristian, e così anche per il caso della povera Elvira (morta otto giorni fa in via Caracciolo): gli agenti della Municipale li attendevano per ieri, ma dovranno attendere ancora fino alla giornata di domani.
Sui primi due casi - quelli di Mustafha e di Cristian - indagano i sostituti della Procura della Repubblica di Napoli Claudio Orazio Onorati e Liana Esposito. Il fascicolo d’indagini sulla tragedia di Elvira Zriba è invece affidato al pm Antonella Lauri. Tutti e tre i casi vengono seguiti dal capitano Antonio Muriano, che coordina la sezione Incidentistica della Polizia municipale. Il quadro investigativo sull’incidente di via Caracciolo è comunque già abbastanza delineato. Prima certezza: la potente motocicletta guidata da un trentenne incensurato viaggiava a folle velocità impennando, questo emergerebbe dall’analisi dei fotogrammi di una telecamera di videosorveglianza stradale, sulla ruota posteriore. Seconda certezza: il centauro - un giovane residente in provincia, incensurato - non aveva mai sostenuto l’esame per ottenere la patente. Adesso anche la sua posizione è al vaglio della magistratura. E alla madre della povera ragazza che lavorava in uno chalet della zona, non resta che chiedere giustizia. E mentre si registra un’accelerazione da parte del Comune di Napoli, che sta rinnovando la manutenzione della segnaletica orizzontale (cioè le strisce pedonali), si deve registrare purtroppo l’ennesimo incidente sul lungomare. A Mergellina, in un tratto non lontano da quello in cui ha perso la vita Elvira, l’altra sera si è verificato un impatto frontale tra una macchina e una moto. Ferito e ricoverato in ospedale il motociclista, per fortuna senza conseguenze drammatiche. Per lui diagnosticati dieci giorni di prognosi.