La rete dell’emergenza e urgenza a Napoli è oggi in grave affanno. Una filiera dei soccorsi rimaneggiata, spesso costretta a fare i conti con l’iperafflusso nei centri più attrezzati (come il Cardarelli e l’Ospedale del mare) e una carenza di personale cronica che limita anche altri presidi periferici della rete. Penuria di medici e specialisti del pronto soccorso diventata acuta durante l’emergenza pandemica. Basta pensare a al 118, sempre più demedicalizzato (pochi i medici a bordo delle autoambulanze, ne mancano 35 andati via solo nell’ultimo anno) costretto pertanto a trasportare tutti i pazienti in ospedale non potendo, il personale non medico, effettuare diagnosi e terapia. C’è poi la rete dei pronto soccorso: il Piano ospedaliero prevede a Napoli due hub di riferimento (Cardarelli e Ospedale del mare) coadiuvati dal Monaldi (che ha come porta di accesso il Cto) e i due Policlinici, questi ultimi privi di un accesso diretto dei pazienti e interconnessi ai soccorsi col 118.
C’è poi tutta la cintura dei presidi satelliti dove mancano all’appello il pronto soccorso del San Giovanni Bosco (lunedì scorso ha aperto solo l’Emergency ostetrico-ginecologica) e il Loreto, svuotato di pazienti Covid ma deputato a svolgere esclusivamente funzioni di assistenza per le discipline mediche, senza chirurgia e senza il pronto soccorso. Ma a soffrire sono tutti i presidi di pronto soccorso dell’area metropolitana. L’Ospedale del mare nell’ultimo anno ha visto andare via numerosi dirigenti vincitori di concorso e il pronto soccorso sconta oggi una carenza di una quindicina di unità. C’è da selezionare un nuovo primario e bisogna fare i conti con la fuga di dirigenti apicali di importanti unità (Rianimazione, Chirurgia). Tra gli ospedali attivi nella rete dei soccorsi della Asl Napoli 1 c’è il Pellegrini, a presidio dei quartieri spagnoli, l’unico a poter contare su un congruo numero di medici e chirurghi, poi il San Paolo di Fuorigrotta, un tempo vera e propria fucina dell’emergenza e oggi in attesa di un rilancio sul modello di quanto avvenuto all’ospedale di Pozzuoli, quest’ultimo troppo defilato rispetto al cuore della città.
Al grido di allarme del manager Giuseppe Longo ha risposto la Regione intervenuta una prima volta a giugno scorso e poi di recente predisponendo che Monaldi, Azienda dei colli, Pascale e policlinici (Federico II e Vanvitelli) garantissero il trasferimento di pazienti giunti al Cardarelli e stabilizzati e l’apertura di San Giovanni Bosco e Loreto che restano a metà. Del tutto disattesa la disposizione di garantire accessi diretti ai pazienti oncologici scompensati. In campo ci sono anche la Consulta popolare Salute e Sanità della città di Napoli e il Comitato per le Case nuove che, lo scorso sabato, hanno organizzato un sit in davanti al presidio della Doganella e calendarizzato una serie di iniziative di protesta).